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POESIA, LA VITA.

La co(i)ntesa della parola al Teatro Leonardo: «Poesia, la vita»

6 minuti di lettura

Paura e fraintendimento

La paura spesso è fraintesa, si dice di aver paura di tante cose, quando in realtà la paura è paura incondizionata, come se la paura annullasse qualsiasi circostanza, trasportandoci nel vuoto. La paura è lo spazio vuoto, la paura è il vuoto dello spazio, al cui culmine si arriva ad urlare, o si è completamente ammutoliti. La paura circoscrive uno spazio, sottovuoto, privo di suono e articolazione, tanto da implodere in uno strepito. La paura resta spesso disarticolata, informe, amorfa e si accresce sempre di più.

La parola contro la paura

Il fraintendimento della paura, non è che la contesa tra i due estremi della parola, muta o rumore, mai pronunciata. Tensione incontinente perché tra limite e illimitato, tra vuoto e misura. La paura non è parola, infatti non parla, resta muta o urla. La paura è il grido dell’animale, è lo sguardo sbarrato, la parola è l’articolazione umana che incede e si concede spazio. Dunque parlare per opporsi alla paura: parlare che diventa paura di essere fraintesi, di ricadere nel vuoto muto, che non ascolta.

Tempo e spazio della creazione artistica

La parola è tempo che si riempie di suono, pronunciato e ascoltato. Il fraintendimento della parola è pauroso: chi non sa ascoltare, chi non ascolta fa paura, crea il vuoto. La parola lotta contro il vuoto, la parola crea, la parola è poesia in quanto arte, creazione (dal greco pòiesis): è il tentativo di modificare il vuoto, il nulla. Il tempo incontra lo spazio, vi entra per indicare, indicendo il vuoto, diventando ritmo.

La poesia si dà allo spazio, dà un tempo, una pausa, un respiro al vuoto: è la vita. Incedendo nel vuoto, la parola poetica, la creazione coincide con la vita: «Poesia, la vita». Così in scena al Teatro Leonardo dal 3 al 13 maggio Corrado d’Elia racconta, attraverso una raccolta poetica accurata e preziosa, la simultaneità di poesia e vita.

Il dialogo della poesia

Con fluida eleganza, la parola passa attraverso sé stessa, in un dialogo molteplice tra l’io narrante, poesia e pubblico, nel paradosso di un’atmosfera intima, privata. La quarta parete diventa lo sfondo riflettente della scena, il rispecchiamento della parola, nella sua totale trasparenza, suggerita dell’intelligente scelta registica dello stesso Corrado d’Elia che si rivolge agli spettatori con fresca immediatezza.

L’attore è la parola stessa che si crea, la poesia si fa e si disfa come una matassa avvolgente di un continuum in cui l’autore si perde per ritrovarsi in ogni uditore. Il gioco delle parti diviene un’immedesimazione travolgente totalizzante, perché la parola non è di parte, ma appartiene a tutti.

La con-dizione del poeta

Il poeta è colui che dà voce alla poesia, il poeta si dona, si concede alla creazione, inoltrandosi per accedere alla vita, tramata di solitudine, necessaria convivenza per la creazione poetica: la dizione del poeta è con-dizionatezza, finitudine di chi aspira all’infinito e vive il proprio dramma dell’io.

L’abile rappresentazione scenica si dipana in spazi immensi, tra memorie rilkiane e suggestioni leopardiane, spingendosi nell’abisso del sentire umano, pulsante del battito vitale, fino a toccare corde dimenticate, nella tensione sul bilico del vuoto. La musica accompagna questo dialogo appassionato per ricordare l’alternanza di voce e suono, come nell’articolarsi della parola stessa, tra vocali e consonanti, come l’attesa di chi sa aspettare, nell’intonazione reciproca del dialogo.

Affidarsi alla parola

Poesia è l’atteggiamento confidente, è l’affidamento alla parola: la parola ci confessa. Ci libera dalla paura perché non esaurisce il vuoto, ma lo crea nel silenzio come ascolto. La poesia sfida la paura, nella creazione dell’affidarsi all’altro, al suo silenzio, al suo respiro.  

Capita che la poesia faccia paura, perchè la produce, la trae fuori esprimendola, trasformandola, dandole un tono, producendo una sintonia, accordando i cuori di chi parola e chi ascolta la parola letta o recitata. Poesia è vivere la corrispondenza, il richiamo poetico continuo, come il percorso fatto di camminate faticose, accelerazioni, soste di ogni discorso ora concitato, ora lento e pacato.

La poesia, la vita, non si succedono ma accadono nell’attimo, facendosi spazio proprio nel nulla, dipanando i pensieri, che si coinvolgono a vicenda per arrivare a comunicarsi, aspettando fiduciosi di essere compresi, afferrati insieme, come mani che si stringono.

 

Anastasia Ciocca

Instancabile sognatrice dal 1995, dopo il soggiorno universitario triennale nella Capitale, termina gli studi filosofici a Milano, dove vive la passione per il teatro, sperimentandone le infinite possibilità: spettatrice per diletto, critica all’occasione, autrice come aspirazione presente e futura.

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