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Premio Campiello 2018
Ermanno Cavazzoni, La galassia dei dementi (La nave di Teseo); Davide Orecchio, Mio padre la rivoluzione (Minimum Fax); Francesco Targhetta, Le vite potenziali (Mondadori); Rosella Postorino, Le assaggiatrici (Feltrinelli).

I finalisti del Premio Campiello 2018: «Abbiamo notato una mancanza di stile»

2 minuti di lettura

Sono stati resi noti i cinque finalisti del Premio Campiello 2018, quest’anno alla sua 56ª edizione. Dopo una prima votazione, la Giuria dei Letterati ha selezionato:

La ragazza con la Leika di Helena Janeczeck – Guanda;

La galassia dei dementi di Ermanno Cavazzoni – La nave di Teseo;

Mio padre la rivoluzione di Davide Orecchio – Minimum Fax;

Alla seconda votazione la giuria ha selezionato Le vite potenziali di Francesco Targhetta – Mondadori;

La terza votazione è andata a vuoto, per poi risolversi con la scelta de Le assaggiatrici di Rossella Postorino – Feltrinelli.

Ora la parola passa alla Giuria dei Trecento. Trecento lettori  che decreteranno il vincitore, il quale sarà proclamato il 15 settembre al Teatro La Fenice a Venezia. I giurati vengono selezionati su tutto il territorio nazionale in base alle categorie sociali e professionali, cambiano ogni anno e i loro nomi rimangono segreti fino alla serata finale.

In occasione della proclamazione dei finalisti è stato assegnato anche il Premio Campiello Opera prima, riconoscimento attribuito a un autore al suo esordio letterario. Il vincitore è Valerio Valentini, con Gli 80 di Campo-Rammaglia, edito da Laterza.

Una carenza di stile, di capolavori

A sferzare quest’edizione del premio è il commento del linguista Lorenzo Tomasin, professore di Filologia romanza all’Università di Losanna, nonché membro della Giuria dei Letterati. L’agenzia ANSA riporta in questi termini le parole del professore: «L’accesso universale all’alfabetizzazione è stato inteso come lasciapassare alla produzione scritta. Abbiamo notato un’assenza quasi generale dello stile. Le opere sono scritte in un italiano non letterario, ma editoriale, con un dilagare di stile inodore, insapore, incolore. Spiccano pregiate esecuzioni di pochi che si sono sforzati di non cercare la semplice trama, come se fosse un corrispettivo letterario del selfie».

Una mancanza di capolavori, secondo alcuni giurati. Al che risponde il critico d’arte Philippe Daverio, anch’egli facente parte della giuria: «La letteratura non vive di soli capolavori, ma questi libri hanno una caratteristica, sono frutto di un ambiente sociale e se non interessano al letterato, interessano allo storico».

Redazione

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