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“La filosofia non serve a niente” (?)

10 minuti di lettura
fonte: http://hesperado.blogspot.it/2016/01/the-owl-of-minerva.html

Luoghi comuni.

Quanto fanno innervosire chi se ne è svincolato, chi ha capito, chi ha appunto la lucidità di definirli tali. Proprio perché fanno tanto innervosire, accade che chi non li condivide vi si opponga con forza, cerchi di dimostrarne rigorosamente l’infondatezza.

Ma con i luoghi comuni bisogna stare attenti. Non sono affatto facili da debellare. Anzi, opporvisi con forza può soltanto rafforzare il fraintendimento imperante. Per debellare un luogo comune bisogna riuscire ad essere onesti con se stessi ed accettare la parziale fondatezza che un luogo comune può vantare. Facciamo un esempio.

Il luogo comune cui sono più sensibile è senz’altro quello che investe l’ambito a cui ho deciso di dedicare i miei studi universitari.

Le solite domande, le solite risposte

«La filosofia è aria fritta. La filosofia non conclude nulla. La filosofia non serve a niente.»

Dopo aver respirato profondamente, cosa rispondere a chi con aria compassionevole o incredula ti chiede perché hai scelto una strada tanto incerta e pericolante? A chi ti chiede a cosa ti servirà studiare o fare filosofia?

Tralasciando il fatto che spesso non sia utilizzato un simile tatto – ho impressi interventi quali «Hai deciso di andare a fare la morta di fame?» piuttosto che «Beh certo, filosofia non è una laurea vincente, ma se ti piace…» o ancora «Vuoi andare a lavorare dal Mac Donald?» – mantenere i nervi saldi è assolutamente fondamentale. Ripetersi in testa: luoghi comuni. I motivi per cui le persone scelgono di studiare o fare filosofia sono i più svariati, e dalla filosofia non tutti abbiamo analoghi ricavi.

Ergo, se nella fatidica risposta all’individuo dallo sguardo compassionevole noi rispondiamo che la filosofia invece a qualcosa serve, e dicendo che a qualcosa serve lasciamo intendere che possa davvero essere utile a qualche scopo pratico, rischiamo (anzi, possiamo essere certi) che nell’altro si rafforzi ulteriormente la convinzione che riteniamo erronea.

La filosofia non serve: cosa significa?

Quante volte ho provato a dare motivazioni dell’utilità della filosofia, e quante volte ho guadagnato per me stessa nervosismi ulcerativi.

Innanzitutto perché tale luogo comune attecchisce spesso proprio nell’ambito dell’insegnamento e della ricerca scientifica, e questo per due motivi: uno acquisito e uno intrinseco. Quello acquisito è purtroppo il fatto che spesso la filosofia non sia trasmessa per quello che effettivamente dovrebbe essere, specialmente nei licei ma in certi casi anche nell’ambiente universitario. Questa si riduce ad uno studio delle filosofie di filosofi precedenti. Ma allora dov’è la vera ricerca filosofica? E quindi dov’è la vera filosofia? In primis il fraintendimento deriverebbe quindi dallo studio di questa come mero studio didattico.

Il motivo intrinseco è invece che evidentemente è giusto anche dire che «la filosofia non serve a niente», a patto che ci accordiamo su cosa significhi. Il fatto è che si nutrono nei confronti della filosofia pretese che non possono essere soddisfatte e che allo stesso tempo consistono in un travisamento dei suoi veri scopi.

Si pensa che la filosofia sia responsabile di condizioni storiche, e che pertanto possa essere strumentalizzata per essere atta a produrre una qualche condizione storica nell’immediato. Questo però non è possibile. La filosofia che parla alle masse? Impossibile. La filosofia è da sempre propria di una minoranza, e le uniche influenze che può avere su un contesto storico si producono a scoppio ritardato e con forza limitata. Lo diceva anche Georg Friedrich Hegel: «la filosofia ha il tempismo della nottola di Minerva che si leva in volo soltanto al crepuscolo.»  In questo senso allora è vero che la filosofia non serve a niente.

L’utilità della filosofia?

Si pretenderà allora che la filosofia quantomeno possa servire in ambito culturale. Che possa fornirci le risposte alle domande esistenziali dell’uomo e rasserenargli finalmente l’animo. Che possa insomma alleggerirci l’esistenza. Niente da fare. Anche in questo caso la filosofia non serve a nulla. Da che esiste al mondo, la filosofia non si è mai mostrata diversamente da qualcosa che appesantisce le coscienze esistenziali invece che alleggerirle. Non è in grado di dare risposte definitive. È assolutamente in grado di produrre infinite domande a cui nessuno sa dare una risposta che metta a tacere tutte le altre. Questo si. E allora dobbiamo rispondere in realtà che la filosofia sia nata per complicarci la vita. È il suo stesso linguaggio incomprensibile a dimostrarlo. La prima volta che ci si trova di fronte ad un testo di filosofia si prova una sensazione straniante. Sembra scritto nella propria lingua ma quella che è stampata sopra a quel foglio non può essere la propria lingua. Non ci si capisce niente. Questa è la filosofia. Lo sforzo di domandare senza pretendere una vera risposta. Ma se si domanda senza pretendere risposte a cosa servirà mai domandare?

Insomma, di questa inutile filosofia cosa ce ne facciamo da più di due millenni?

Risponderò con un Martin Heidegger dellIntroduzione alla metafisica, perché in questo modo da ora in poi ho deciso che risponderò, se avrò voglia, ai compassionevoli e increduli che tanto mi stressano.

Scrivo un simile articolo proprio per godere con voi della semplicità con cui Heidegger ha risolto tutti i nostri problemi.

Compassionevole disturbatore: «La filosofia non serve a niente. Perché te ne occupi?»

– Heidegger (e da oggi noi): «È quantomai esatto e perfettamente giusto dire che la filosofia non serve a niente. L’errore è soltanto credere che, con questo, ogni giudizio sulla filosofia sia concluso. Resta tuttavia da fare ancora una piccola aggiunta, sotto forma di domanda: se, cioè, posto che noi non possiamo farcene nulla, non sia piuttosto la filosofia che, in ultima analisi, è in grado di fare qualcosa di noi, supposto che c’impegnamo in essa. […] Filosofare significa interrogarsi su ciò che è fuori dell’ordinario. Tale domandare non è qualcosa a portata di mano, e nemmeno è da credere che rientri nel consueto ordine della vita quotidiana. È lo stesso domandare che è al di fuori dall’ordine. Esso è interamente libero e volontario, pienamente ed espressamente fondato su di una segreta base di libertà, su ciò che abbiamo denominato il salto».

Se riusciremo a dire le stesse cose in un modo che possa non lasciare inebetito l’ascoltatore, ma gli faccia capire almeno lontanamente qualcosa del fatto che l’utilità della filosofia non si tocca con mano né si vede con l’occhio, allora avremo ottenuto qualcosa. Se avremo ottenuto di aver fatto riflettere l’ascoltatore almeno un attimo, allora avremo smussato anche solo un angolo di un luogo comune gigantesco. E avremo fatto qualcosa di buono.

In alternativa, si può sempre optare per un enfatico e nietzschiano «La filosofia è la scelta di vivere fra i ghiacci e le alte cime

Così si rischia di ottenere soltanto silenzio e una bocca aperta.

A ciascuno la libertà di scegliere la risposta che lo fa sentire più pieno di sé.

 

Silvia Lazzaris

 
 

 

Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.

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