fbpx
Lutto
Friedrich, Frate in riva al mare

Le cinque fasi del lutto ossia come superare la fine di un amore

18 minuti di lettura

Camere separate di Pier Vittorio Tondelli è quello che si può definire, a tutti gli effetti, un must-read. È un classico. E, per gli amanti della lettura, i classici, anche quando sono contemporanei, sono fasi transitorie obbligatorie da attraversare, al fine di apprezzare la letteratura da ogni sua angolazione.

Ciò che rende Camere separate un romanzo di crescita, classico, necessario e profondamente rilevante per la letteratura italiana della fine del Novecento, è l’essere tanto semplice e modesto, inglobando in sé alcuni tra i temi principali della letteratura: l’amore e, in particolare, il superamento di un amore.

Lutto
Pier Vittorio Tondelli

Il sentimento melanconico e il lutto

Sigmund Freud parla della melanconia come di quel sentimento che attanaglia l’animo più debole, in quella fase necessaria fra la fine di un rapporto e il superamento dello stesso. Si tratta di una trasformazione indispensabile. Il sentimento melanconico è ammorbante, ottenebrante, e incide sulla natura dell’Io.

«La melanconia – dice Freud – è psichicamente caratterizzata da un profondo e doloroso sentimento, da un venir meno dell’interesse per il mondo esterno, dalla perdita della capacità di amare, dall’inibizione di fronte a qualsiasi attività e da un avvilimento di sé che si esprime in auto-rimproveri e autoinganni e culmina nell’attesa delirante di una punizione.»

Leo, il protagonista ed io narrante di Camere separate, si trova ad affrontare quel sentimento melanconico a seguito di un lutto, della perdita – concreta ed astratta – di Thomas. Thomas è morto non solo per lui, come amante e compagno di vita, ma è morto anche per il mondo reale, fatto di impegni, costruzioni, urbanizzazione e progresso. Non è una morte ideale, frutto di una fine dolorosa e necessaria di un rapporto, ma è una morte reale, di carne e sangue.

Freud stigmatizza il sentimento della malinconia come di quel sentimento che si perdura, rinnegando al malato il superamento del lutto, la separazione concreta fra la vita e la morte, rendendo perpetuo il rapporto con il defunto. Il confine fra aldiqua e aldilà diventa labile, inscindibile. Muore anche chi vive e la perdita si rigenera nella vita reale.

Lutto
Courbet, The desperate man (self-portrait)

Le cinque fasi del lutto

Elizabeth Kübler-Ross, psichiatra svizzera, è divenuta celebre per la sua definizione dei cinque stadi dell’elaborazione del lutto: diniego, rabbia, negoziazione, depressione, accettazione.
La melanconia freudiana si instaura nel passaggio dalla quarta alla quinta fase, quando la depressione non si tramuta in accettazione. Quando, cioè, l’io vivente non accetta la morte come accadimento reale, ma lo mantiene su un livello astratto, idealizzato, fuori dal mondo.

Il percorso di Leo nella riconciliazione con l’idea di morte reale, con l’accettazione della morte di Thomas equivale al valico teorico della fine di un amore. Il superamento di un lutto, di una perdita reale, si equivale sistematicamente ad una perdita ideale, astratta.

Il diniego

Quando una relazione finisce si fronteggia il sentimento di diniego: tutta una serie di rimpianti e rimorsi, di colpe espresse ed inespresse, un’intera rivalutazione di tutti i gesti compiuti al fine di trovare la causa scatenante, l’errore. Il fantomatico, reiterato: perché?

Quando Leo vede Thomas sul letto d’ospedale non pensa che sarà l’ultima volta che lo sfiorerà, che i loro occhi si incontreranno. Sa che morirà, eppure il suo pensiero inconscio lo obbliga a rinnegare la terrificante evidenza davanti ai suoi occhi. La morte è un’idea astratta fuori dal mondo concreto, dai treni ad alta velocità, dagli aerei e dall’industria post-moderna, dagli impegni e dalle scadenze. Nell’ideale moderno, la morte non esiste. I cimiteri si trovano situati fuori dalle città, oltre il limite dell’attualità, in un limbo nascosto fra i fiori e l’erba, in un posto puro ed estraneo al mondo reale.

Come nella separazione dall’amore, si rinnega l’idea che la fine sia sopraggiunta; si respinge l’idea di un lutto. Il diniego è necessario per ripercorre i passi, le storie, gli avvenimenti.

La domanda è sempre la stessa: perché? E, consequenziale, la morte altrui diventa inevitabilmente morte di sé: perché proprio a me?

La rabbia

La rabbia si può palesare in due modi: la rabbia contro gli altri, o la rabbia contro sé stessi. Leo è il primo ed unico carnefice di sé stesso. La morte non necessita di una spiegazione, è un accadimento naturale, è partecipe della vita tanto quanto la nascita.

Leo decide così di partire, di inseguire, nella solitudine, le traiettorie seguite in vita da lui e Thomas, per trovare uno spazio in cui vivere senza Thomas. Ripercorre le linee rivolgendo la rabbia contro sé stesso, trovando le colpe nella sua natura umana, lasciva, superficiale, inadatta all’amore di Thomas. Incapace di amare in vita, è mosso dalla necessità di trovare un posto nel mondo, una ragione d’essere nella morte, una risposta a quel Perché? che è causa-effetto di qualsiasi tipologia di fine.

Il sentimento melanconico si ciba di lui, trattenendolo nel mondo degli inferi, nel tratto separatorio fra la fine e un nuovo inizio. Incatenato all’idea di morte, Leo è sonnambulo nei mondi di vivi. Ogni esperienza gli è estranea, ogni accadimento non lo tocca, la vita che continua attorno a lui non gli appartiene. E’ un morto tra i vivi, mentre l’idea di Thomas rimane viva tra i morti.

Lutto
Degas, L’assenzio

La negoziazione

Il cammino che compie Leo è un cammino metafisico – era solo prima di Thomas, sarà solo dopo Thomas – e deve perciò discernere da quella situazione tragica il modo adeguato alla sua persona per sopravvivere senza Thomas; sopravviverne il lutto. Che differenza avrebbe fatto, se la morte di Thomas fosse stata astratta? Se il suo corpo fosse stato ancora di carne e ossa e sangue, ma se quella carne non fosse stata più al fianco di Leo? Il dolore sarebbe stato minore solo in maniera puramente ideologica.

La conseguenza del termine di un amore è il superamento travagliato della fine, che sia una fine reale, sancita dalla cessazione della vita, o una fine metafisica, soggiogata dalla separazione della coppia. A tutti gli effetti, la fine di un amore è la morte dell’amore. E, come tale, segna un momento di mutamento. La melanconia intercede quando questa transizione non avviene, e la vita oscilla imperturbabile fra il mondo dei vivi e dei morti. O fra il mondo dell’amore e del non-amore.

La ricerca della solitudine è, per Leo, l’atto di negoziazione con sé stesso. Thomas è morto, non tornerà, lui sarà solo, privo dell’amore, del corpo, della carne. Nel percorrere, volto al futuro, questo viaggio reale e metafisico al contempo, Leo ripercorre, volto al passato, i momenti trascorsi con Thomas negli stessi luoghi.

La depressione

L’accettazione del lutto deve diventare accettazione di sé. Dei propri limiti, dei propri errori, dei propri fallimenti. Thomas era un ragazzo giovane, un bohémien, le differenze fra lui e Leo si palesavano nelle scelte di vita compiute. La differenza di età, di aspettative di vita, di percorsi compiuti, del passato provinciale contrapposto a quello mondano.

«Non sono stati soltanto tre anni», risponde calmo Leo. «Ho passato più di metà della mia vita sessuale adulta con lui. E quindi posso dire che gli anni in questo caso non contano. Thomas era tutto per me. Era ideale.»
Rodolfo lo fissa scuotendo la testa: «Lui non era l’uomo giusto per te. E ti stai dannando proprio su questo errore.»
Leo ha la voce leggermente incrinata: «Quale errore?»
Rodolfo si lascia cadere sulla poltrona. Emette un lungo sospiro: «Che lui è morto, Leo. E tu no. Per questo lui non era il ragazzo giusto per te.»

Ma la morte è una fine senza ritorno, e da questo si discosta irreparabilmente dalla fine di una relazione, in cui due parti prima unite in unico nucleo, decidono (quasi mai di comune accordo), di scindersi, per proseguire lungo il percorso della vita su due linee contrapposte. Il non ritorno è la causa prima della depressione. Sulla morte non si può ritentare, ricalcolare, pentirsi e perdonare. La morte è la fine ultima, che non lascia spazio ai se e ai ma.

La morte dell’amante – concreta ed astratta – è anche la trasformazione nell’idealizzazione per eccellenza. Il tempo trascorso insieme si tramuta in momenti perfetti, idilliaci, privi di qualsivoglia incrinatura. Il passato è roseo, intriso di sentimento e felicità, il futuro è glabro, empio, oscuro.

Ed è allora, che sopraggiunge la melanconia. L’impossibilità di discostarsi dal passato, dai ricordi, per ricominciare a vivere la propria vita autonomamente.

Per Leo, l’accettazione della morte di Thomas è l’accettazione della fine dell’amore stesso. Per lui non c’è futuro. L’amore per Thomas sopravvive in lui, esiste in lui, in quanto entità astratta e concreta al contempo – quello che c’era prima e quello che ci sarà dopo. Cioè la sua vita con Thomas e la sua vita senza Thomas. Il futuro ha ragione d’essere in funzione dell’esistenza, in un tempo fuori della realtà, di Thomas. Eppure per Leo non c’è più amore, e poco importa che la loro relazione fosse in collisione, che si stesse autodistruggendo, per il semplice fatto che sia morto, si conclude per Leo l’esperienza amorosa. Per Leo, Thomas era l’incarnazione stessa dell’amore.

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!

Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!

L’accettazione

Leo si ritrova nella sua solitudine, molti anni dopo la morte di Thomas. E, nell’accettazione della morte di Thomas, accetta sé stesso. Leo è sempre stato un diverso, sulla scia degli autori statunitensi della Beat Generation, poveri e scapestrati, che vivevano di scrittura e sprazzi di vita, fra l’alcol e un desiderio di spinta senza uguali. Leo è uno scrittore e, come tale, incarna l’ideale poetico nella sua persona. Si è sempre sentito fuori posto, non solo per la sua solitudine o per la natura della sua sessualità, ma per il fatto di aver reso un lavoro la sua passione più grande.

Nell’accettazione del sé come individuo a sé stante, particolare e, per questo, meravigliosamente diverso, Leo riscopre la passione e l’eccitazione, la possibilità di provare nuovamente un desiderio, che sia nei confronti della vita o di un uomo.

Si accetta in ogni sua fisionomia, in ogni sua particolarità. Si accetta come Thomas lo aveva accettato per anni.

Comprende, attraverso il dolore e la solitudine, che l’addio è necessario, nonostante Thomas sopravvivrà per sempre dentro di lui. La separazione fra il mondo dei vivi e il mondo dei morti è sopraggiunta.

Leo incarna il melanconico per eccellenza. La ricerca della solitudine, della transizione, ha per effetto il conoscimento di sé in funzione dell’amore per Thomas. Non scinde dalle due realtà – la sua, onnicomprensiva, e quella di Thomas, che riguarda un lasso di tempo breve contrapposto a tutta la sua vita. La morte di Thomas equivale, per Leo, alla morte dell’amore. Il suo è un fallimento in piena regola, ma necessario, per dare valenza alla vita, per ricordarla e fortificarla, senza lasciare nulla allo scorrere del tempo.

In Thomas la morte non ha vinto, perché sopravvive nell’amore di Leo. La morte, così come l’amore e il superamento di entrambe le rotture, è un fatto personale, estraniante, incompatibile con la realtà altrui. Ogni dolore è soggettivo, fortificato dal proprio ideale. Non ci sono risposte, solo domande. Ma sono domande necessarie.

Thomas è morto, ma il tempo continua a scorrere, inesorabile. Leo trova il suo posto nel mondo come spettatore della vita – il senso della sua vita è la scrittura, lo scrivere di storie altrui. Per quanto possa essere emarginante, è il senso stesso della sua esistenza.

Il memorandum

Camere separate merita un posto d’onore fra la letteratura della fine degli anni Novanta. Non solo per la purezza con cui tratta il tema della morte, il processo inibitorio del lutto e l’accettazione del sé, ma per la tranquillità e placidità disarmante con cui pone l’amore omosessuale sullo stesso piano dell’amore eterosessuale senza scivolare nel plateale. L’amore è amore. La morte è morte. Non necessita di spiegazioni superflue, di gergalità pretenziose, di espedienti letterari artificiosi.

In una realtà post-moderna che non lascia spazio ai sentimenti, all’amore e neppure al dolore, Camere separate si staglia come un memorandum, che ricorda a tutti che vi sono delle priorità fuori dall’industrializzazione, dalla modernizzazione e dallo spazio tempo edulcorato dai suoi valori più insiti. Leo ci ricorda dell’amore, del dolore, della nostalgia, dell’individualità e dell’importanza di ognuno di questi sentimenti. Leo ci sta dicendo di fermarci a pensare.

 


Segui Frammenti Rivista anche su Facebook, Instagram e Spotify, e iscriviti alla nostra Newsletter

Sì, lo sappiamo. Te lo chiedono già tutti. Però è vero: anche se tu lo leggi gratis, fare un giornale online ha dei costi. Frammenti Rivista è edita da una piccola associazione culturale no profit, Il fascino degli intellettuali. Non abbiamo grandi editori alle spalle. Non abbiamo pubblicità. Per questo te lo chiediamo: se ti piace quello che facciamo, puoi iscriverti al FR Club o sostenerci con una donazione. Libera, a tua scelta. Anche solo 1 euro per noi è molto importante, per poter continuare a essere indipendenti, con la sola forza dei nostri lettori alle spalle.

Giulia Lamponi

Giulia, Bologna, studentessa di Lettere Moderne, amante della letteratura, aspirante giornalista. Ogni tanto scrivo, ma più che altro penso.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.