La storia di Davide e Francesca la racconta la Repubblica. Stanchi di pagare affitto e bollette, i due giovani hanno deciso di dar vita a un progetto unico, nuovo nella sua essenza: portare il cinema dove questo non c’è. Davide ha comprato un camion che, con l’aiuto di Francesca, è diventato camper e insieme lo hanno eletto a propria abitazione. Da allora, spostandosi, vivono on the road e portano la bellezza della Settima arte nei villaggi più remoti.
Stanno lontani dall’Italia nove mesi l’anno e poi, quando tornano, fanno piccoli lavori e organizzano eventi di finanziamento e campagne online. In tal modo possono raccogliere il denaro necessario per continuare il viaggio. «Abbiamo provato a fare i conti: Cinema del Deserto, il nostro progetto, ci ha fatto percorrere novantamila kilometri in tre continenti (Africa, Europa e Asia). Abbiamo raccolto oltre ventisettemila spettatori con una media di 40-50 film proiettati all’anno».
Il loro è un progetto attento alla tutela dell’ambiente, come dimostrano i documentari proiettati e lo stesso tetto del camion, con pannelli, un mini impianto fotovoltaico, e dentro una coppia di batterie in grado di garantire almeno sei ore di proiezione. I film proposti hanno inoltre come tema il rapporto uomo-natura o lo sfruttamento delle risorse. E poi, ovviamente, c’è spazio per i cartoni animati per i bambini.
Facenti parte della Ong Bambini nel deserto, Davide e Francesca regalano agli abitanti del villaggi una vera e propria novità. Per molti di loro, infatti, questo è il primo approccio con il cinema: «Un ragazzo una volta ci ha detto: “Grazie a voi ho potuto vedere cose che non conoscevo: il mare, le grandi città”. Un’altra volta invece un gruppetto di spettatori si è improvvisamente alzato e ha iniziato a correre e scappare via: “La scena era quella di un camion che passava sopra la telecamera. Credevano li avrebbe investiti”». Per non parlare poi dei bambini. «A quelli africani abbiamo fatto vedere Kirikù. Erano così felici che la sera successiva hanno voluto rivederlo a tutti i costi. Noi viviamo in una società fatta di immagini, ma in molti dei posti in cui siamo stati quando parlavamo di cinema nessuno capiva cosa stessimo dicendo».
I due ragazzi hanno poi grandi progetti per il futuro. Qualche esempio? Portare il loro cinema solare in giro per l’Italia, per farsi conoscere anche a casa e «poi, magari, andare tra i bambini dei campi profughi di Calais. E l’Africa… il suo richiamo è sempre fortissimo».
G.A.
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