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Teatro Carcano di Milano

«Qualcuno volò sul nido del cuculo»: libertà, malattia e coercizione in scena al teatro Carcano di Milano

Dal 4 al 15 novembre la drammaturgia di Wasserman ritorna in scena al Teatro Carcano di Milano con un'edizione partenopea rielaborata dallo scrittore Maurizio de Giovanni e diretta da Alessandro Gassman. In che cosa consiste l'adattamento scenico?

6 minuti di lettura

Dal 4 al 15 Novembre 2015 al Teatro Carcano di Milano Alessandro Gassman porta in scena Qualcuno volò sul nido del cuculo, tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey, il quale lo pubblicò nel 1962 dopo aver lavorato come volontario in un ospedale psichiatrico californiano.

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Nel 1971 il regista Dale Wasserman ne realizzò per Broadway un adattamento scenico, che costituì la base della sceneggiatura dell’omonimo film di Milos Forman quattro anni più tardi, con Jack Nicholson nei panni del protagonista. Il testo di Wasserman è stato, dunque, tradotto da Giovanni Lombardo Radice e riadattato da Maurizio de Giovanni in un contesto «campano» che concernesse le sorti dell’ospedale di Aversa nel 1982.

I pazienti di questo ospedale psichiatrico vivono sotto i ferrei dettami di Suor Lucia (Elisabetta Valgoi), un’intransigente suora laica che ha instaurato nel suo reparto un regime di governo dittatoriale, basato sulla paura e sulla coercizione. In una realistica scenografia a due piani – composta nella parte bassa di un padiglione luminoso, con alte vetrate e un gabbiotto, nella parte alta di un padiglione più scuro con le celle per i pazienti cronici – i malati, creature vulnerabili, passive e inerti, subiscono quotidianamente umiliazione da parte del personale del reparto e, persa ogni speranza, vivono la loro malattia all’insegna della rassegnazione. Tra questi vi è anche Ramon (Gilberto Gliozzi), un catatonico omone sudamericano sordomuto, in cura da più tempo di tutti, che lotta contro il rapporto conflittuale e nostalgico con la madre e con la sua terra d’origine, i quali gli appaiono simbolicamente, come in sogno, proiettati sullo schermo. Soprattutto per queste scene, il regista Alessandro Gassman si avvale dell’espediente dell’effetto cinematografico tramite le videografie, diventate una sua componente costituente dei suoi ultimi allestimenti. A giustificare questa scelta, egli ha affermato:

Spesso utilizzo proiezioni, per enfatizzare la realtà mista a sogno nelle visioni dei “matti” e le tecniche sono un misto di video, musiche e luci. Ho manipolato qua e là il testo sulla base delle improvvisazioni degli attori, una mezza dozzina di pazienti di cui mi sono innamorato.

 Teatro Carcano di Milano
Foto tratta da www.carcanoteatro.com

A generare scompiglio nel reparto arriverà Dario Danise (Daniele Russo), un ladro delinquente e ribelle, spavaldo e irriverente, che si finge matto per evitare il carcere. Egli comprenderà fin da subito le condizioni di vita riprovevoli e umilianti cui i suoi compagni sono sottoposti e si ergerà a paladino della giustizia intraprendendo una battaglia contro un sistema ingiusto, dannoso e crudele. Il suo carattere indomito e sdegnoso della disciplina che vige nel regno di Suor Lucia e la sua carica di umanità spingeranno i sette pazzerelli – che si erano fatti ricoverare volontariamente per la paura di affrontare il mondo esterno – a riscoprire di essere delle persone, risvegliando in loro il desiderio di potersi esprimere liberamente, di assumere il controllo della propria vita e, infine, la speranza di essere liberi. Purtroppo il disordine generatosi porterà gravi ripercussioni sul più giovane degli indigenti, Fulvietto (Daniele Marino), e su Dario, che sconterà prima con l’elettroschock e poi con la lobotomia la sua irrequietezza. I suoi compagni, però, trarranno da questa triste vicenda la speranza di poter essere compresi e la possibilità di una futura libertà.

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Foto tratta da www.teatrocarcano.com

Oggi, dunque, la drammaturgia di Wasserman ritorna in scena in questa edizione partenopea rielaborata dallo scrittore Maurizio de Giovanni, che l’ha avvicinata a noi cronologicamente e geograficamente senza tradire la forza e la sostanza visionaria: Randle McMurphy diventa, così, Dario Danise e la sua storia viene spostata nel 1982, nell’Ospedale Psichiatrico di Aversa. Se nel 1962 la vicenda rifletteva sul tema delle condizioni dei pazienti psichiatrici, che all’epoca si affacciava con sempre maggior urgenza sul piano sociale, oggi, data la recente chiusura dei famigerati Ospedali Psichiatrici Giudiziari, la questione è rimessa in discussione. Il regista non è di certo un neofita nel portare sul palcoscenico tematiche di denuncia sociale: «La malattia, la diversità, la coercizione, la privazione della libertà sono temi che da sempre mi coinvolgono e che amo portare in scena con i miei spettacoli», spiega Gassman a proposito di un testo che si rivela una lezione d’impegno civile, uno spietato capo d’accusa contro i metodi di costrizione e imposizione adottati all’interno dei manicomi ma anche, e soprattutto, una metafora straordinaria sul rapporto tra individuo e potere costituito, sui meccanismi repressivi della società, sul condizionamento dell’uomo da parte degli altri. Un grido, dunque, di denuncia che scuote le coscienze e fa riflettere.

 Teatro Carcano di Milano
foto tratta da www.carcanoteatro.com

Nicole Erbetti

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