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Sofar: un modo completamente nuovo di fare e vivere la musica

6 minuti di lettura

Marzo 2009: Rafe Offer, Rocky Start e Dave J. Alexander si trovano ad un concerto dei Friendly Fires, band indie-rock inglese, dove le note e le parole del cantante si perdono tra i rumori di bottiglie sbattute e le voci dei presenti. Che se non hanno gli sguardi fissi sugli schermi dei loro smartphone, sono comunque impegnati a parlarsi tra di loro sopra la musica, noncuranti di quello che succede sul palco. I tre, infastiditi dall’impossibilità di godersi la performance della band senza distrazioni, decidono di organizzare un altro concerto pochi giorni dopo: otto amici vengono invitati nel salotto dell’appartamento di Dave, per ascoltare cinque canzoni suonate al pianoforte. La serata riesce talmente bene da decidere di organizzarne una seconda e poi una terza, durante le quali il salotto di Dave si riempie sempre di più di nuovi ascoltatori.

«Allora ho guardato il mio amico e gli ho detto “Dev’esserci per forza un modo migliore”». – Dave J Alexander, cofondatore di Sofar Sounds

Nasce così Sofar Sounds (acronimo inglese che sta per “Songs for a room”), più che una start up una comunità globale, che nel 2017 ha organizzato ogni mese più di 500 piccoli concerti in 300 diverse città del mondo. I tratti distintivi dei concerti Sofar sono riassumibili in fretta: pochi partecipanti, comodamente sistemati in salotti, tetti di palazzi, biblioteche. Piccoli ambienti insomma, messi a disposizione dai volontari e preparati ad hoc per vivere un’esperienza intima insieme agli artisti. Musicisti di ogni tipo e fama (si va dai giovani talenti ancora da scoprire a grandi della musica del calibro di Bastille, Tom Odell, Ed Sheeran e Hozier) si esibiscono davanti ad un pubblico aperto e rispettoso in quello che è un contesto musicale mai visto.

Per partecipare ad un evento Sofar basta davvero poco: ognuno può scorrere sul sito internet dell’organizzazione la lista di città che ospitano eventi ed iscriversi a quello più vicino. Non sempre si ottengono i biglietti, dal momento che le richieste sono tante e per ragioni di spazio l’ingresso è consentito a sessanta/settanta persone a concerto. Ma per vivere una serata così particolare vale la pena di fare un paio di tentativi in più, anche perché la perseveranza verrà sicuramente premiata.

Una volta ottenuti i biglietti, e preso posto ad un evento, si assiste all’esibizione di tre artisti (che siano cantanti, musicisti o attori poco importa), senza alcun tipo di headline o di ordine preciso. A differenza dei concerti classici, infatti, l’accento non è posto su un particolare performer: tutti i presenti sono equamente importanti e partecipi, chi con l’anima e voce, chi con le mani e la chitarra, chi con le orecchie e il cuore.

Durante quello che possiamo a tutti gli effetti definire il primo Sofar della storia, a casa di Dave Alexander, il silenzio era tale da lasciar sentire, tra un brano e l’altro, il ticchettare degli orologi in salotto. A distanza di otto anni ogni live, da New York a Bombay, si svolge nell’eco di questa regola non scritta, accompagnato dalla richiesta di spegnere almeno per una sera il proprio smarphone e reimparare ad ascoltare davvero.

La musica può essere ascoltata in tanti modi. Si può tenere in sottofondo mentre si vive la propria vita, cucinando, studiando, lavorando. Può riempirci la gola quando cantiamo in macchina, sotto la doccia, oppure possiamo ballarla fino al mattino. E poi, da una decina di anni a questa parte, esiste Sofar: un modo completamente nuovo di fare e vivere la musica. Un mondo piccolo che lascia spazio alla capacità umana di meravigliarsi e meravigliare, di aprirsi e lasciarsi andare alla sorpresa. Gli invitati non sanno fino alla fine né dove si terrà l’evento né a cosa assisteranno, dal momento che i dettagli precisi arrivano solo poche ore prima dell’evento e il volto degli artisti si svela soltanto all’inizio della performance. E ad un tratto ci si ritrova in un ufficio, o davanti al camino di uno sconosciuto, ad ascoltare un cantante mai visto che però, più di tanti altri, ci lascia qualcosa dentro.

«Cerchiamo di mantenere un clima intimo. La persona seduta accanto a te sul pavimento potrebbe essere l’ospite della serata. Cerchiamo di dare a tutti la possibilità di partecipare, anche se l’idea è quella di mantenere un pubblico creativo» – Rafe Offer, cofondatore di Sofar Sounds

Marta Mantero

 

Marta Mantero

Sulla carta c'è una ventitreenne laureata in scienze delle relazioni internazionali.
Sulla pelle ci sono i libri, la musica, il buon cinema e il mare mosso.
Nella pancia c'è il teatro.

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