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Alessandro Brusa in «L’amore dei lupi»: poesia disperata omoerotica

6 minuti di lettura

L’amore dei Lupi, scritto da Alessandro Brusa e edito da Giulio Perrone Editore, è uscito a gennaio per la collana Poiesis.

Alessandro Brusa, classe 1972, nato a Imola e cresciuto a Bologna, attraverso la sua poesia racconta una vita fuori dal tempo. In un mondo in continuo cambiamento, frenetico e selvaggio, Alessandro Brusa si ferma, osserva, e fa del poetare il moto che ogni cosa prende, ogni cosa accarezza, ogni cosa comprende.

Alessandro Brusa

Caffè s’impunta in su per le narici

mentre disteso e nudo
appoggio il capo sulla maglia che mi hai sollevato oltre la testa
e che resta così attorno alle spalle e dietro il collo

poi sottile sudore s’abbassa
dai capezzoli al ventre e più giù dove meno mi interessa
essere uomo

A. Brusa, L’amore dei lupi, p. 15.

In apertura, in un profondo respiro, Brusa raccoglie il senso del dilemma, della violenza, del disagio che intercorre tra il sé e l’altro nel rapporto amoroso. Una continua tensione che si esplica nell’entropia: la misura del caos.

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Certo è che la poesia è uno dei tanti mezzi per trovare quel senso logico all’illogico: la parola si fa Verbo onnicomprensivo e, in quanto tale, veste le sorti di tutti. La violenza e l’ardore, ma anche l’amore e l’intimità: tutto raccolto in un breve canzoniere, che ha l’obiettivo di chiarire che:

resta sempre tra gli uomini
la questione del dirsi
i termini da usare per poterci nominare

e così ci viviamo di fianco d’amore non detto

A. Brusa, L’amore dei lupi, p. 59.

Alessandro Brusa e l’omoerotismo

Non vive una vita felice nell’editoria italiana la letteratura LGBTQ+. È una letteratura di pochi per pochi. La poesia omoerotica ha vissuto un passato travagliato, alcune voci sono spiccate sopra le altre, basti pensare a Pasolini e Penna. Ciò nonostante, facilmente sono state spesso etichettate – e ghettizzate – come pornografiche, non come erotiche.

Pasolini fu l’esempio primo e assoluto: poesia omoerotica non significa sesso, ma contrasto e riflesso della società e della politica. Negli anni Sessanta ci fu la rivoluzione: sì, ma poesia omoerotica non doveva nemmeno necessariamente essere solo sinonimo di lotta civile.

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La maggior parte delle volte, era scrivere solo di amore, solo di sesso, solo di sé. La critica ci giovava, a renderla specchio della società, ma talvolta il messaggio della scrittura era molto più semplice. A volte era solo sinonimo di amore.

E comunque questa poesia omoerotica inevitabilmente era innalzata a simbolo di scrittura militante: una presa di posizione incisiva, un chiaro segnale di lotta. Invece deve essere sinonimo di uguaglianza e legittimità. Alessandro Brusi questo lo chiarisce con semplicità: scrive solo di sé. E lo fa con una tale naturalezza che risulta semplice immedesimarsi. E lo si fa a occhi chiusi, a mani aperte.

Alessandro Brusa: tra l’amore e il dolore

Ho pianto per uno strappo
ho pianto per aver preso dentro di me la violenza di una mano
e una coda
che mi fa cane e femmina

ho pianto per aver guardato il vuoto
per averlo sentito
e averlo riempito col dolore
dell’attesa che apre
e divora

ho pianto per aver sentito dentro di me
il mio destino
per averlo riconosciuto negli occhi di uno straniero
che si chiama come mio padre

A. Brusa, L’amore dei lupi, p. 50.

Disperato omoerotico stomp, avrebbe cantato Lucio Dalla. Perché nella poesia omoerotica si parla sempre di lotta interiore tra puro e impuro. Dove l’amore è simbolo e baluardo della purezza, ce lo ha insegnato Dante. Ma erotismo e passione carnale è analogo all’impuro, alla via della perdizione.

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Non è l’intenzione di normalizzare la carnalità e l’erotismo, ma la voglia di scrivere di una quotidianità che è fatta di carnalità ed erotismo. Il dolore è propagato dal troppo amore, dal troppo desiderio, dal troppo vivere.

L’amore omoerotico è centro propulso della vita del poeta: non è estetizzante, non è sublimante, è il senso della vita.

«L’amore dei lupi»: un atto poetico e politico

L’amore dei lupi è l’amore del branco, ma è anche il desiderio di selvaggio. Il lupo è «l’ululato straziante di dolore».

resto qui sospeso con due lupi nel cuore
ed un altro segno sul corpo
altro inchiostro a dire un ululato che scrivo
per rinchiuderlo nell’oceano che ci separerà
ancora.

A. Brusa, L’amore dei lupi, p. 47.

Ma è anche animale selvaggio, girovago, che cerca «rifugio un po’ di protezione e calore d’animale»; altro animale diverso dal sé.

E in ultimo è ingordigia, esplosione di rabbia e, infine, calma.

Sbranarsi
come bestie nel tempio
e pensare ogni volta che la caccia sia infinita

perdere la gola non cercarne per la vena
deporre l’arco e le frecce allontanare i nodi

e alla fine disperdere la preda e lo specchio
che le dà il nome

:annusarti poi
e capire che la guerra è finita.

A. Brusa, L’amore dei lupi, p. 95.

 


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Giulia Lamponi

Giulia, Bologna, studentessa di Lettere Moderne, amante della letteratura, aspirante giornalista. Ogni tanto scrivo, ma più che altro penso.

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