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«Bambina che corre sul balcone» di Balla, cronofotografia del colore

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Pur trattandosi di un’opera d’arte, Bambina che corre sul balcone (detta anche Bambina x balcone), realizzata nel 1912 da Giacomo Balla, è il chiaro risultato di un esperimento che tocca il campo dell’ottica e della cronofotografia. Di formato perfettamente quadrato, l’opera è oggi conservata presso il Museo del Novecento, a Milano.

«Bambina che corre su balcone» di Giacomo Balla: analisi dell’opera

Lo studio del movimento e la sua fedele restituzione attraverso la composizione pittorica sono sempre stati un importante campo di ricerca per Balla e gli artisti futuristi. Come dichiara lo stesso Manifesto tecnico della Pittura Futurista (1910):

«Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza dell’immagine nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono».

La Pittura Futurista. Manifesto tecnico (11 aprile 1910)
Bambina che corre sul balcone
Giacomo Balla, Bambina che corre su balcone, 1912, olio su tela, 125×125 cm, Museo del Novecento, Milano

Ispirandosi alla prassi dell’osservazione en plein air degli impressionisti, durante i suoi soggiorni a Roma, Balla osserva con curiosità le scene del quotidiano, trasponendole su tela attraverso un’operazione che potremmo definire “fotografica”. Il movimento di un corpo viene scomposto in una ripetizione ritmica dello spazio, dettata, in questo caso, dalla velocità del passo della figlia Elica. Nonostante si tratti di un’opera astratta, è comunque possibile individuare e riconoscere alcuni tratti realistici della composizione. La bambina sta correndo verso il lato destro del dipinto, indossa un abito azzurro e la ringhiera del balcone traspare in secondo piano.

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La ripetizione cinematica del movimento della bambina dimostra che Balla era aggiornato su gli ultimi studi sulla cronofotografia condotti dal fisiologo Étienne Jules Marey e dal fotografo Eadweard Muybridge.

Il risultato dell’analisi di Balla è dunque una linea sinusoidale, disegnata dagli stivaletti neri della giovane che Marey definisce “traiettoria stereoscopica”. La segmentazione del movimento genera infatti una cosiddetta “linea andamentale” che si riproduce la sensazione che genera uno spostamento trascritto in uno spazio.

Interessato allo studio del movimento e alla sua resa in termini pittorici, potremmo definire l’analisi di Balla quasi cinematografica, come lui stesso dichiara: «Io dico che la fotografia è stata superata. Infatti la cinematografia con la perfezione dei suoi mezzi è arrivata a darci una realtà in movimento anche qualche volta colorata».

Per Balla, le nuove frontiere della tecnologia si coniugano a interessanti esperimenti coloristici.

Grandi tasselli colorati confondono i contorni delle forme. L’energia cinetica di una corsa sul balcone viene resa attraverso la scelta di colori vibranti che rimandano alla formazione divisionista di Balla.

A proposito di Giacomo Balla

Nato a Torino il 18 luglio 1871, Giacomo Balla fin da bambino sviluppa numerosi interessi che vanno dall’arte e la fotografia alla psichiatria. Dopo aver mosso i primi passi come pittore presso la Società promotrice di Belle Arti di Torino, nel 1895 si trasferisce a Roma, dove si avvicina alla pittura divisionista. Ben presto diventa maestro di numerosi artisti che marcheranno il panorama culturale del Novecento in Italia, come Gino Severini e Umberto Boccioni.

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Nel 1900 si trasferisce per un breve periodo a Parigi dove assiste alla Esposizione Universale al Grand Palais. Nel 1912 Balla è tra i firmatari del Manifesto dei pittori futuristi e il Manifesto tecnico della pittura futurista, diventando uno dei maggiori esponenti della pittura futurista.

Interessato all’arte e alle sue applicazioni più pratiche, Balla nel corso della sua vita si dedica alla realizzazione di scenografie per il teatro e la danza, all’arredamento e anche alla moda.  

Muore a Roma il 1º marzo 1958 all’età di 86 anni.

 


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Valentina Cognini

Nata a Verona 24 anni fa, nostalgica e ancorata alle sue radici marchigiane, si è laureata in Conservazione dei beni culturali a Venezia. Tornata a Parigi per studiare Museologia all'Ecole du Louvre, si specializza in storia e conservazione del costume a New York. Fa la pace con il mondo quando va a cavallo e quando disquisisce con il suo cane.