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Battaglia di Cialdiran: il filo rosso della contesa medio-orientale

Alle radici della Siria: lo scontro tra Ottomani e Safavidi per l'egemonia dell'eredità araba nel XVI secolo.

5 minuti di lettura

Quando nel dicembre scorso è caduto il regime di Bashar al-Assad in Siria si è fatto un gran parlare degli interessi dei paesi circostanti. Su tutti, tra i più discussi erano l’Iran e la Turchia, il primo rimasto senza il suo stretto alleato Assad e la seconda salita alla ribalta come protettrice della coalizione ribelle che ha preso Aleppo e Damasco, rovesciando il regime. Nella narrazione della vicenda sarebbe grossolano ridurre tutto a una contesa fra potenze esterne, quando gli equilibri interni alla Siria sono caotici e ben lungi dall’essere manovrati da chi vorrebbe farne una guerra per procura a proprio vantaggio. Sarebbe ancor più grossolano ridurre lo scontro tra fazioni interne siriane e tra potenze esterne, come Turchia e Iran, sulla soglia delle differenze religiose: è vero che i ribelli conquistatori sono fedelmente sunniti e la “dinastia” degli Assad si fondava sulla supremazia degli sciiti alawiti delle coste, ma ciò come in tanti casi della storia non rappresenta la totalità dell’immagine. Pur tuttavia, gli attori degli eventi contemporanei, i nomi, i luoghi e le speranze delle potenze, le loro prospettive ideali, ricordano quelli di fatti passati che affondano radici in fenomeni e cause piuttosto lontane e persistenti nel tempo. Se, come dice Mark Twain, la storia non si ripete ma fa rima, allora gli eventi contemporanei fanno rima con Cialdiran, Ottomani e Safavidi.

Declino della civiltà araba: Ottomani e Persiani si contendono il vuoto di potere

Nella prima epoca islamica gli arabi, da popolazione desertica e periferica rispetto ai secolari vicini romani e persiani, divennero egemoni di un’area che andava dall’Atlantico all’Asia centrale. La loro età dell’oro durò per qualche secolo, cacciando i romani d’oriente dai centri cristiani “primordiali” e sottomettendo la Persia zoroastriana, convertendola all’Islam. La frammentazione politica del califfato islamico, ad ogni modo, verso l’anno mille vide il ritirarsi dell’egemonia araba a favore delle popolazioni turciche, giunte in modo preponderante in Medio Oriente sotto la forma dell’impero selgiuchide. Di lì in poi gli arabi soffrirono una serie di invasioni, tra cui quella mongola, che crearono nella regione un vasto vuoto di potere. A colmare tale vuoto erano giunti preparati i popoli turchi e la rinascita di nuove dinastie regnanti nell’altopiano iranico. Queste nuove entità politiche, che di lì a poco si sarebbero contese il vuoto lasciato dall’egemonia araba, erano già da tempo musulmane e, seppur essendovi state convertite per influsso da popoli stranieri in tempi non troppo distanti, esse riuscirono a usare l’islam come strumento di influenza ed espansione, facendosi primi promotori di tale fede.

Il turcomanno Ismail converte la Persia

Nell’Azerbaijan iraniano, presso la città di Ardabil, operava un ordine musulmano detto Safavyya, dal nome del suo fondatore: Safi al-Din. Quest’ordine non era una normale confraternita sciita e aveva forti legami con il misticismo musulmano, detto sufismo. Tale vocazione mistica – che, ad ogni modo, non era certamente l’unica nell’islam – aveva a che fare con l’eredità culturale e storica della regione, incuneata tra Persia, Anatolia e Siria, dominata da turchi e abitata da un crocevia di popoli: lo sciismo dell’ordine Safavyya manteneva in sé tratti e influenze di religioni e culture nazionali passate e mescolatesi col tempo alla fede islamica, come i lasciti persiani e quelli dello zoroastrismo. L’ordine si organizzò anche militarmente e seguì i suoi capi in battaglia e in campagne di conquista per l’espansione dell’influenza sciita: nacquero i cosiddetti Kizilbash, le “teste rosse”, per via dei turbanti che portavano sul capo. All’inizio del XVI secolo a guida dell’ordine Safavyya e dei Kizilbash c’era il giovane Ismail che, col favore di altre tribù turche e azere, unificò la Persia e fondò la dinastia Safavide. Ismail impose lo sciismo sul sunnismo e, nonostante egli avesse origini turcomanne a capo di popolazioni turcomanne, volle legare la propria figura all’antichità persiana e la sua nuova dinastia a quella sasanide, l’ultima prima della conquista musulmana.

Gli Ottomani e gli sciiti filo-persiani

A ovest, un’altra dinastia turcica stava acquisendo una posizione dominante. Gli Ottomani erano stati, fino alla fine del Quattrocento, prevalentemente interessati alla regione europea, combattendo numerose guerre contro i popoli balcanici e i regni cristiani. Sul finire del secolo, ad ogni modo, essi si ritrovarono egemoni della penisola anatolica e arrivarono in quelle stesse regioni da cui, nel frattempo, i Kizilbash e Ismail s’erano mossi per fondare il loro impero sciita. Gli Ottomani, che dal canto loro erano fedeli alla sunna (dunque sunniti), avevano percepito come nella regione l’ardore mistico del sufismo e di confraternite sciite a esse connesso potessero rappresentare un pericolo per la propria egemonia. I movimenti degli aleviti (o alawiti – da non confondere con quelli siriani – da ali) e dei bektashi ne erano un esempio. Essi divennero ancor più problematici alla luce del fatto che l’ordine militare dei Giannizzeri, eminenza grigia e specie di “dinastia” parallela all’interno del sultanato ottomano, si erano legati in modo piuttosto stretto alla corrente dei Bektashi. E dovrebbe gettare ancor più luce sul timore turco il fatto che gli aleviti di Turchia venivano e vengono chiamati Kizilbash, proprio come le forze dei Safavidi. I turchi ottomani, dunque, avevano ritenuto che tali “infiltrazioni” sciite sarebbero potute diventare l’inizio per un indebolimento dal di dentro e un punto d’appoggio propizio per una potenza esterna vogliosa di espandersi a spese degli ottomani. Quella potenza esterna era proprio la Persia safavide di Ismail, pronto a marciare verso ovest per prendere la Mesopotamia, penetrare nel cuore della civiltà islamica e prenderne definitivamente la guida.

Battaglia di Cialdiran: corsa al Medio Oriente

Nel 1512 saliva sul trono imperiale ottomano Selim I. Già durante il regno del padre, i turchi di Costantinopoli ebbero a che fare con le rivolte sciite, come quelle alevite, in Anatolia orientale aizzate dai Safavidi di Ismail. Viste anche le recenti vittorie della Persia sciita e il suo avanzamento in Mesopotamia, Selim decise di risolvere la questione una volta per tutte. Mosse verso est, inoltrandosi negli estremi orientali dell’Anatolia, arrivando sino alle propaggini dell’Azerbaijan iraniano, il cuore dell’ascesa dei Kizilbash e dei Safavidi, da cui Ismail aveva condotto la sua rapida conquista. Presso Cialdiran, il 23 agosto del 1514, l’esercito ottomano affrontò quello persiano. Selim poteva contare su una buona superiorità numerica e sul possesso di armi da fuoco che gli ottomani avevano affinato nel Quattrocento contro i regni cristiani. Ismail, sin lì imbattuto, venne sconfitto. Lì, Selim avrebbe potuto muovere ancora più a est e prendere la Persia, ma probabilmente agli ottomani era già chiaro che il destino del loro impero dovesse abbracciare il Mediterraneo e non spingersi a oriente. Così, Selim volse verso sud e sconfisse l’Egitto Mamelucco, prese i siti sacri della Mecca e Medina e ottenne il titolo ufficiale di califfo. Gli ottomani erano diventati nel giro d’un paio d’anni la potenza egemone dell’Islam, impadronendosi del Medio Oriente. Un fatto notevole constatando che essi, fino a pochi anni prima, si erano generalmente interessati quasi esclusivamente della loro rivalità contro gli europei e del loro titolo, che custodivano gelosamente, di cesari di Roma (Qaisar-e-Rum), in quanto conquistatori di Costantinopoli. L’espansione verso sud nelle terre arabe aveva privato Ismail e i Safavidi del loro nuovo grande impero persiano che corresse dall’Iran al Mediterraneo, ma ciò che non riuscì a evitare fu lo stillicidio, il logorante scontro di frontiera della battaglia di Cialdiran che si consumò tra gli ottomani e i safavidi per tre secoli, fino a quando questi non vennero definitivamente rovesciati tra gli anni Venti e Trenta del Settecento da altri conquistatori provenienti dall’Asia centrale.

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Alessandro Maria Radice

"Il mio nome è Legione, poiché siamo in molti": classe 2002 e vago storico, ma anche osservatore di tutte quelle arti che cerco, indebitamente, di fare mie.

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