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Baz Luhrmann

Baz Luhrmann e la rivoluzione bohémienne

La sua fotografia rimanda ad una dimensione onirica dove le immagini si sovrappongono mentre le inquadrature si avvicinano e allontanano ad una velocità da togliere il fiato. Chi è il regista australiano e quali sono i suoi capolavori più famosi?

6 minuti di lettura

di Susanna Causarano

Baz Luhrmann è noto per essere un regista visionario, che trasforma i suoi film in palcoscenici tripudianti di luci, colori, musiche coinvolgenti e coreografie pazzesche. La sua fotografia rimanda ad una dimensione onirica, dove le immagini si sovrappongono, le inquadrature si avvicinano e allontanano ad una velocità da togliere il fiato, facendosi a poco a poco più nebulose fino al risveglio a cui il THE END ci obbliga. Classe ’62, nasce e cresce ad Herron’s Creek in Australia; il padre gestisce una pompa di benzina, un allevamento di maiali e il cinema del paese. Studia al National Institute of Dramatic Art dove scopre un grande amore per il teatro e la lirica. Nel 1987 mette in scena e gira l’Australia con la compagnia Six Year Old Company la sua prima opera teatrale Stricly Ballroom, che ha grande successo sia tra il pubblico che tra i critici. La sua grande passione per la lirica lo porta a dirigere adattamenti di opere come La bohème di Giacomo Puccini, riadattata e ambientata negli anni cinquanta. Nel 1992 avviene la sua consacrazione a regista del grande schermo con la trasformazione di Stricly Ballroom in un film, Ballroom, gara di balloInutile dire che ottiene un grande successo, riconfermato quattro anni dopo con l’uscita del capolavoro Romeo+Juliet con Leonardo DiCaprio Claire Danes che ottiene una nomination all’Oscar come miglior scenografia. Nel 2001 esce Moulin Rouge con protagonisti Nicole Kidman e Ewan McGregor l’ultimo capitolo della cosiddetta Red Courtain Trilogy, ovvero la Trilogia del sipario, espressione che ben esprime la forte contaminazione teatrale presente nei tre film.

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Il primo, nato come musical, è teatro puro intriso com’è di coreografie magiche e trascinanti; in Romeo+Juliet gli scenari sono quasi irreali nella loro originalità e c’è un’evidente lavoro di immaginazione del regista e autore per traslare la storia dei due sfortunati amanti ai giorni nostri, scegliendo però costumi che rimandano ad epoche passate di dame e cavalieri. Luhrmann è così, crea film che sono cocktail al cui interno si miscelano epoche, costumi, musiche e parole per creare un elisir frizzante e conturbante. Il regista dà voce ai nostri più reconditi sogni e guardare un suo film ti fa credere di essere sotto l’effetto di qualche sostanza particolare. Moulin rouge ne è l’esempio perfetto; quando lo guardi hai l’impressione di trovarti seduto in un vagone che ti porta in giro per un tunnel le cui pareti sono i fotogrammi del film e i personaggi paiono invitarti a danzare con loro. Un antesignano del 3D. Si definisce un regista bohémien perché i temi ricorrenti nei suoi film sono amore, bellezza e verità, di cui abbiamo anche un riferimento in Moulin Rouge, dove la compagnia capitanata da Toulouse Lautrec vuole scrivere una commedia che abbia per cardini questi tre concetti. Ma Luhrmann è capace anche di altro: nel 2008 esce Australia film che strizza l’occhio ai grandi kolossal come Il gigante e Via col vento. La classica storia tra la bella (Nicole Kidman) e il mandriano (Hugh Jackman) si dipana su uno sfondo che presenta uno dopo l’altro fatti storici importantissimi (dal colonialismo alla seconda guerra mondiale) toccandoli solo superficialmente, senza sviscerarli come meriterebbero. Il risultato è modesto: un’accozzaglia di fatti storici mal presentati e una tiepida storia d’amore che sembra lontana dagli amori struggenti e coinvolgenti di Moulin Rouge e Romeo+Juliet che tenevano gli spettatori incollati allo schermo come ipnotizzati. Forse, ci dice Luhrmann, è sempre più difficile sognare anche per chi, come lui, ne ha fatto un mestiere. Certo è che non è un autore «sociale», non gli interessano i temi politici, preferisce raccontare l’universalità è la forza dell’amore che è in grado di cambiare il mondo e addirittura di redimere i «cattivi».

 

Film della settimana

Moulin Rouge

Uscito nelle sale nel 2001, terzo capitolo della «Trilogia del sipario» di cui fa parte assieme a Gara di ballo e Romeo+Juliet, Moulin Rouge riesce a contenere in sé tutta la frivolezza della nascente Belle Époque e tutto lo struggimento dei due amanti che si rincorrono nella loro storia resa impossibile dai soprusi e le angherie di chi è più potente di loro. Satin e Christian sono l’incarnazione della rivoluzione bohémienne che si ribella al potere, alla menzogna, alla miseria umana e all’odio di cui è intriso il mondo e che combatte per ideali quali amore, bellezza e verità. Alla fine sarà il fato a dividere i due, ma il film resta un frizzante capolavoro da gustarsi, non fosse altro che per le coreografie create su musiche splendide di OffenbachBeatles, Police, Elton John e tanti altri.

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Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.

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