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Il caso Walter Biot: l’America è tornata in scena?

5 minuti di lettura

Walter Biot, capitano di fregata 56enne componente dello stato maggiore della Difesa, è stato arrestato per aver venduto a degli agenti russi delle informazioni segrete NATO, fotografandole e caricandole su una chiavetta USB. Le spie, a vedere James Bond, ce le immaginavamo diverse.

Walter Biot è solo la punta dell’iceberg?

E invece, a quanto pare, sono come Walter Biot: insospettabili ufficiali di marina che, per sbarcare il lunario, vendono segreti militari un tanto al chilo (si dice addirittura per 5mila euro: bisogna ammetterlo, l’MI6 ha molta più classe, noi siamo sempre i soliti provinciali). Ma, se è vero com’è vero che Biot è la più “peracottara” delle spie, è anche vero che questo caso rischia di essere la punta di un iceberg molto più complesso (ricordiamoci che anche Tangentopoli iniziò con l’arresto del “mariuolo” Mario Chiesa). È un momento complesso per la politica internazionale e il caso Biot casca a fagiolo come “avvertimento”: basta compromessi con l’Oriente, l’Ovest è tornato. 

La geopolitica su twitter

America is back

«America is back.», aveva appunto twittato Joe Biden il giorno dopo l’insediamento (con tanto di punto finale, che sui social significa fermezza). Basta scherzi, basta pazzie, cari alleati (anzi, cara Europa), America is back, e così è stato. Sono finiti gli anni della confusa geopolitica trumpiana (contro Cina, pro Cina, contro Corea, pro Corea, dagli a destra dagli a sinistra che qualcosa si piglia), il gatto è tornato e i topi non ballano più. Approfittando della confusione oltreoceano, l’Europa ha infatti stretto in questi anni rapporti “pericolosi” con la Russia di Putin e con la Cina: il Nord Stream 2 (un gasdotto copia del Nord Stream 1 che va dalla Russia alla Germania, molto discusso dopo il caso Navalny), le trattative per lo Sputnik (Angela Merkel ha detto che la Germania è pronta a fare da sola, se necessario) e il progetto della Nuova Via della Seta. Tutte compromissioni pericolose, e l’Italia non è da meno.

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E l’Italia?

L’Italia, dal canto suo, ha infatti approfittato della posizione centrale, della confusione a stelle e strisce e del suo essere “piaciona”, per intessere, qualche relazione con la Russia e la Cina (soprattutto sotto il Conte I). E come glielo spieghi, a un americano, che lo stesso Giuseppe Conte, nel giro di neanche tre anni, ha prima osannato la via della seta, fatto l’amicone di Trump e lavorato fianco a fianco con Putin per togliere le sanzioni alla Russia, e si è poi allineato all’asse franco-tedesco, arrivando a dire (e sembrava davvero Renzi ai tempi di Obama) che «l’agenda Biden è la nostra agenda»? E come spiegare che, a prescindere dal governo centrale, alcune regioni si prendono la libertà di acquistare il vaccino che preferiscono? Difficile, sì, perché gli americani non sono abituati a certi spettacoli. Infatti, poco dopo è arrivato Mario Draghi, l’uomo perfetto per mantenere la linea atlantista-democristiana, e la musica è cambiata: basta compromessi, nessuna pietà, neppure per l’ultimo dei delatori, pronto a dire a Biden (anche a costo di sacrificare un Biot e un po’ di reputazione) che, in un fronte compatto occidentale, l’Italia c’è.

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L’America tornerà davvero?

L’«America is back» è insomma una chiamata alle armi per l’Occidente, mai così diviso (soprattutto in Europa), complice anche la diversa gestione delle vaccinazioni. Per ora, però, di fronte a questa chiamata Merkel e Macron fanno orecchie da mercante e non hanno intenzione di rifiutare lo Sputnik V (la Merkel sa di fare paura, nella sua inarrestabile ascesa economico-politica, a Washington). E adesso? La strategia Biden funzionerà? Il caso Biot rimarrà isolato? Due cose sono certe: la prima è che è tornata la dicotomia occidente-oriente (l’America non si rassegna alla fine del suo secolo, è naturale, ma noi europei? Cosa dovremmo fare? Francia e Germania ci pensano). La seconda è che, a leggere quello che si è scritto in questi giorni su Walter Biot, aveva ragione Longanesi: 

La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: Ho famiglia

Leo Longanesi, “Parliamo dell’Elefante”, Longanesi, 1947

 


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