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Catilina | Uomini in rivolta

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9 minuti di lettura

Roma, anno 62 a.C. In una repubblica marcia, tra il proletariato urbano e i grandi nomi della storia si erge una figura: Lucio Sergio Catilina. Un hostis publicus o il canto del cigno della res publica?

La repubblica del 62

Nel 62 la repubblica romana, che durava dal 508 a.C. ed era destinata a resistere per ancora 35 anni, aveva appena affrontato un periodo tumultuoso. Tra il III e il II secolo Roma, infatti, si era espansa notevolmente e i contadini piccoli proprietari terrieri erano stati arruolati e mandati a combattere in Sicilia, Spagna e Africa. Ciò causò una crisi culturale (uno scontro valoriale tra il pragmatico mos maiorum di Catone e i valori della “corrotta” Grecia che porterà alla nascita dell’humanitas ciceroniana) e soprattutto economico-sociale. Nel frattempo infatti le famiglie dei soldati erano costrette a vendere a grandi latifondisti la loro proprietà, che veniva poi spesso data da lavorare agli schiavi ottenuti con la sottomissione dei popoli vinti. Le opzioni per la famiglia a quel punto erano due: lavorare al pari degli schiavi o spostarsi in città. La scelta più frequente, si capisce, era la seconda. Così, ai bordi delle città, si formavano grandi periferie popolate dal cosiddetto proletariato urbano, che viveva alla giornata e votava a favore delle grandi famiglie patrizie in cambio di protezione e denaro. Il malcontento cresceva e si preparava il terreno a grandi cose.

Rerum Romanarum: Via Lucio Sergio Catilina
Il celeberrimo dipinto di Cesare Maccari che ritrae l’accusa di Cicerone a Catilina, ritratto solo sulla destra.

Marco Tullio Cicerone

Marco Tullio Cicerone, un avvocato venuto dalla provincia, aveva solo 26 anni quando nell’80 a.C. difese un uomo ingiustamente accusato di parricidio in un losco affare che coinvolgeva anche un liberto di Silla, all’epoca dittatore a vita. Cicerone vinse la causa con la storica formula «Cui prodest?» ma, nonostante il suo trascorso militare al fianco di Silla, il rischio di ritorsioni era palpabile. Cicerone decise perciò di esiliarsi fino alla morte del tiranno. Tornato a Roma, iniziò da homo novus la carriera politica nel 76, promuovendo la “concordia ordinum“. La sua carriera politica culminò nell’elezione a console nel 63, anno in cui il suo destino si incrociò fatalmente con quello di un altro protagonista della politica romana: Lucio Sergio Catilina.

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La statua di Cicerone nel suo paese natale, Arpino

Lucio Sergio Catilina

Lucio Catilina proveniva da una delle gens più illustri e antiche di Roma, la gens sergia, caduta da tempo in disgrazia. Catilina non stava simpatico agli ottimati (conservatori) e alla nobilitas senatoria, composta per la maggior parte da latifondisti, dato che il suo programma prevedeva la redistribuzione della terra e l’annullamento dei debiti. Per questa ragione il suo cursus honorum venne incessantemente ostacolato da processi e accuse (farsa per opera dell’élite ottimate). Già alla prima candidatura, nel 66, oltre alle accuse di cannibalismo e figlicidio, venne accusato di cospirazione. L’accusa però era talmente ridicola che anche Cicerone, con il quale aveva combattuto al fianco di Silla, aveva intenzione di difenderlo. Venne assolto, così come quando lo accusarono dello stupro di una vestale. Nel 63 si ricandidò, con l’appoggio della plebe, contro Cicerone, che lo accusò con le sue Catilinarie, basandosi su “alcune lettere anonime”, di congiura.

Catilina in un manoscritto medievale

La congiura di Catilina

Non sappiamo se davvero Catilina, dopo aver perso le elezioni a causa dei brogli, avesse in mente un piano sovvertitore dell’ordine costituito, ma probabilmente non lo sapeva neppure Cicerone. Eppure Cicerone chiese e ottenne i pieni poteri. Arrestò gli ultimi due “fedelissimi” di Catilina rimasti a Roma e, dopo un breve processo, li fece strangolare. Su pressione del Senato, negò loro anche la possibilità di appello alla clemenza del popolo che, forse, li avrebbe assolti (affronto gravissimo alle consuetudini del diritto romano). Catilina nel frattempo era fuggito verso Nord, nel tentativo di raggiungere la Gallia Cisalpina, con uno sparuto seguito di nobili decaduti e membri del proletariato urbano.

La battaglia di Pistoia e la morte di Catilina

Cicerone mandò l’esercito in attacco contro Catilina, che non si sottrasse alla lotta. Si scontrò con l’esercito romano e, come si poteva prevedere, perse. Ritrovarono il suo corpo sul campo di battaglia, dice Sallustio, “con in volto l’indomita fierezza che aveva da vivo”. Dopo la sua morte, il giudizio storico su Catilina è stato molto contraddittorio: le uniche fonti dell’epoca sono praticamente solo quelle ciceroniane e, un po’ per questo un po’ per le pressioni successive del Senato, nessuno storico romano lo assolse o negò l’esistenza della congiura. Tuttavia sia Sallustio che Cicerone stesso, anche se in età avanzata, lo dipingono come uomo virtuoso. Cicerone infatti parlerà, nel Pro Caelio, di Catilina come di “un buon cittadino, appassionato ammiratore degli uomini migliori, amico sicuro e leale”.

Lucio Sergio Catilina - Wikiwand
Il ritrovamento del corpo di Catilina in un dipinto di Alcide Segoni

La crisi della Repubblica dietro Catilina

Una cosa è certa: se Catilina cospirò non lo fece da solo e non per futili motivi. Catilina infatti si ritrovò ad affrontare una repubblica devastata dalle crescenti diseguaglianze economiche e sociali tra latifondisti e proletariato urbano, con una magistratura al servizio degli ottimati, oligarchia dal potere assoluto. E se Catilina cospirò lo fece perché ogni tentativo di inserirsi nel gioco democratico fu ostacolato da brogli e false accuse. E, infine, se Catilina ebbe un tale seguito, fu a causa di politiche sconsiderate che avevano portato alla disperazione la “classe media” creando un esplosivo malcontento. Nessuno vuole tessere le lodi di Catilina ma, dato che i paragoni con l’Italia odierna fioccano, sarebbe utile conoscere lo sfondo storico-sociale nel quale si colloca l’episodio perché forse, ad oggi, ci sono tra noi più Catilina di quanti non vorremmo. E sarebbe bene anche ricordare ciò che scrisse Sallustio, proprio nel De Catilinae coniuratione:

L’intera plebe, desiderosa di cambiamenti, approvava i propositi di Catilina. Così sembrava facesse ciò secondo il suo costume abituale. Infatti in uno Stato i poveri invidiano sempre i ricchi ed esaltano i malvagi; odiano le cose antiche, desiderano vivamente le novità; a causa dell’avversione alla loro situazione aspirano a sovvertire ogni cosa; si nutrono di tafferugli e di disordini, visto che la povertà rende facilmente senza perdite

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Con Uomini in Rivolta raccontiamo i gesti che hanno cambiato il corso della storia. Perché dietro quei gesti ci sono quasi sempre delle ragioni, dei fatti e delle vite. Questo vogliamo raccontare: personaggi, contraddizioni, fatti e vite di epoche più o meno lontane partendo da un punto di vista insolito.

 


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