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«Coraline» di Neil Gaiman: le fiabe classiche incontrano quelle moderne

21 minuti di lettura

Coraline è un romanzo di Neil Gaiman pubblicato nel 2002 e reso celebre anche grazie al successo della versione cinematografica, realizzata in stop-motion da Henry Selick nel 2009. Sia il romanzo sia il film d’animazione sono stati riconosciuti con vari premi: il film ha ricevuto una nomination all’Oscar, mentre il libro ha vinto il Premio Hugo e il Premio Nebula per il miglior romanzo breve. Nel 2002 Gaiman aveva già prodotto molti lavori per adulti, ma questo può essere definito il suo primo vero tentativo per un pubblico più giovane.

Coraline è una bambina che, durante le vacanze estive, si trasferisce con i suoi genitori in un’insolita casa disposta su tre piani. Il loro appartamento si trova al centro; al piano superiore vive Mr. Bobo, un bizzarro signore proveniente da un circo che decide di addestrare una banda di topi; mentre al piano sottostante vivono due ex-attrici, Miss Spink e Miss Forcible, che, in compagnia del loro amato cane, trascorrono le loro giornate leggendo foglie di tè e ricordando i tempi di gloria ormai passati. Coraline – il cui nome deriva semplicemente da un errore di battitura, doveva essere infatti Caroline – non ha amici e riceve poche attenzioni dai suoi genitori, troppo impegnati nei loro rispettivi lavori. Ama però esplorare, passione che le fa scoprire una misteriosa porta che si apre non su una stanza, ma su un muro di mattoni. Quando la bambina riuscirà magicamente a varcare la soglia, un nuovo mondo si aprirà di fronte a lei: un universo parallelo in cui la sua nuova casa è riprodotta nei più piccoli dettagli. L’appartamento è però abitato da “l’altra-madre” e “l’altro-padre”, una copia deformata dei suoi genitori che, al posto degli occhi, hanno due inespressivi bottoni neri cuciti nelle orbite.

Questo nuovo mondo si presenta a Coraline come un luogo perfetto e felice: la bambina non deve più sopportare le fantasiose ricette del padre, ma può mangiare cibi semplici e ben fatti, la sua altra-mamma è premurosa e solare e finalmente Coraline sembra godere di affetto e attenzioni. Tuttavia, varie vicissitudini spingeranno la protagonista a vedere l’altra-madre per ciò che è davvero: una “megera” che ha rapito i suoi veri genitori e che vuole trasformarla in un essere senza cuore – e senza occhi! – come lei. In inglese l’altra-madre viene definita con un termine molto preciso, beldam, una parola arcaica che indica un demone femmina. In questo modo, il personaggio ha un’identità ben precisa, mentre nella versione italiana, utilizzando semplicemente il termine megera, il riferimento demoniaco viene perso. Il libro si chiude in modo felice ma misterioso, così come si era aperto: Gaiman non si appella al sovrannaturale, ma lascia aperte più interpretazioni al suo pubblico. Inoltre l’autore utilizza molto abilmente il suo narratore: la storia è raccontata da una voce adulta, ma i pensieri di Coraline sono gli unici ad essere seguiti. In questo modo il lettore crede alla storia in quanto raccontata da un adulto, ma è portato a empatizzare con la protagonista.

Le atmosfere create dallo scrittore mostrano già dalle prime pagine un aspetto oscuro, che si va via via affermando con l’avanzare del libro. Tuttavia, il macabro e il grottesco sono sempre alla portata di un lettore di età ancora molto giovane e – pur stupendo e a volte intimorendo – non sfociano mai nel genere horror o in un contenuto inadatto ai bambini. D’altra parte fin dalle fiabe più antiche il macabro ha fatto parte della letteratura per l’infanzia, senza destare troppe polemiche.

La storia è senza dubbio molto legate alle vicende personali di Gaiman. L’autore decise di scrivere un racconto per sua figlia Holly, creando per lei un’eroina femminile che si sarebbe avventurata in un mondo fantastico, ma inquietante al tempo stesso. Coraline doveva essere inizialmente un semplice racconto di poche pagine, ma Gaiman si ritrovò a sviluppare una storia molto più complessa in un periodo di tempo molto più lungo del previsto, tanto che l’opera fu completata dieci anni dopo per la figlia minore, Maddy. L’autore lo definisce: «il libro più strano che abbia mai scritto, quello per cui ho impiegato più tempo, e anche il libro di cui sono più fiero».

La porta che dà su un muro di mattoni è poi legata a un’esperienza vissuta dall’autore stesso. Quando era piccolo infatti aveva trovato una porta identica proprio in casa sua; sognava quindi di aprirla e di trovare un lungo corridoio che l’avrebbe portato in altri mondi. Tutti gli altri elementi – i bottoni, i topi, l’altra-madre – sono nati dalla sua fantasia, per puro caso.

Il grande successo di Coraline è probabilmente legato alla grande abilità di Gaiman nel seguire i canoni più tradizionali della letteratura per l’infanzia, svecchiandoli dove è più opportuno. Ci sono infatti molti riferimenti, più o meno velati, a testi cardine della letteratura per i più giovani.

Fișier:Coraline.jpg - Wikipedia

Prima di tutto, è evidente il riferimento ad Alice nel Paese delle Meraviglie, capolavoro di Lewis Carroll. Lo si può notare non soltanto dall’entrata in un mondo fantastico e al tempo stesso oscuro, dove realtà e fantasia si mescolano, ma anche dalla presenza di un gatto nero che sotto molti punti di vista ricorda lo Stregatto di Carroll. Si tratta infatti di un animale enigmatico che nei suoi discorsi mostra sempre un pizzico di pazzia, spaziando dai temi più superficiali a quelli più profondi. Per esempio, quando Coraline chiede al gatto il suo nome, lui risponde con un breve ma incisivo discorso sull’inutilità dei nomi. Il dialogo tra i due si lega molto allo stile di Carroll, spesso irriverente e originale anche sulle questioni più banali. Come in Alice poi, anche in Coraline il confine tra realtà e fantasia passa attraverso la fase del sogno.

Un riferimento tipicamente fiabesco è inoltre quello dello specchio. Si rifà, per esempio, ad Alice Attraverso lo Specchio, dove l’oggetto fa da passaggio verso un altro mondo parallelo ma bizzarro (la stanza in cui Alice si ritrova è identica al salotto di casa sua, così come Coraline si ritrova esattamente nella copia della sua casa).

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Lo specchio in Coraline è però un passaggio usato dall’altra-madre come punizione: dietro allo specchio si trova uno sgabuzzino dove la protagonista viene rinchiusa insieme alle anime di altri bambini. Gaiman elabora poi una scena che sembra rifarsi allo Specchio delle Brame di Harry Potter: mentre il piccolo Harry guarda malinconico lo specchio dei desideri, dove i suoi genitori lo abbracciano e gli sorridono, Coraline in modo molto simile osserva nello specchio i suoi genitori rapiti che aspettano di essere salvati. C’è poi un legame con lo specchio magico de La Bella e la Bestia: l’altra-madre utilizza l’oggetto per mostrare a Coraline quanto i suoi genitori si stiano divertendo e siano felici senza di lei, anche se in realtà si tratta soltanto di immagini false.

La porta è poi un altro elemento completamente in linea con le norme del genere fantastico. Generalmente infatti, nel momento in cui dal mondo reale si passa a un mondo di fantasia, vi è sempre un “passaggio della soglia” tramite un oggetto che fa da collegamento tra un universo e l’altro. É l’armadio nelle Cronache di Narnia, il binario nove e tre quarti in Harry Potter, la tana del Coniglio in Alice, e così via. Gaiman segue attentamente questa tradizione e ripropone questo passaggio tramite una porta che dà su un muro.

Coraline potrebbe poi essere collegato al famoso autore inglese Roald Dahl per varie ragioni. Prima di tutto, così come Dahl, Gaiman gioca – anche se in maniera meno evidente – con la lingua inglese. Un esempio è il gioco di parole con il termine kidnapping (rapimento), in cui appare la parola kid (bambino). Coraline, quando i suoi genitori vengono rapiti, sottolinea infatti come siano stati non kidnapped, ma grown-up-napped, sostituendo la parola bambino con la parola adulto. Un altro tratto tipico dei romanzi di Roald Dahl è la visione completamente negativa degli adulti. Coraline è l’unico personaggio con cui il lettore ha la possibilità di empatizzare, tutti gli altri sono adulti e vengono presentati come elementi passivi o di disturbo. Così, l’altra-madre è una donna diabolica e possessiva, l’altro-padre è una marionetta nelle mani della moglie, le due attrici rincorrono una gloria ormai scomparsa, mentre Mr. Bobo, pur risultando simpatico, è un personaggio comunque oscuro e di poco aiuto. Coraline è completamente sola, come i migliori piccoli errori creati da Dahl. I veri genitori non possono essere definiti certamente cattivi, ma sono presentati come personaggi così legati al loro lavoro da non prestare attenzione alla figlia, che ha bellissimi ricordi dei giorni felici trascorsi con loro, ma li percepisce appunto soltanto come memorie lontane.

C’è poi, come in ogni buona fiaba, una morale molto chiara. Quando nelle prime pagine conosciamo Coraline, ci viene presentata come una bambina annoiata che – in modo molto ingenuo – non apprezza ciò che ha, ma, come molti, guarda solo a ciò che vorrebbe. Al contrario nelle ultime pagine Coraline impara finalmente ad apprezzare la vita di tutti i giorni: abbraccia i suoi genitori, non si lamenta più della cucina del padre e affronta con un sorriso il rientro a scuola. La noia, come ha imparato, non è sempre peggiore dell’avventura. Questa morale finale non viene però sviluppata da Gaiman con toni paternalistici e severi: l’intento educativo del libro è chiaro, ma nasce da sé, senza che vi sia una “ramanzina” finale diretta ai piccoli lettori.

Infatti, nonostante il libro segua attentamente la tradizione, Gaiman aggiunge abilmente degli elementi in grado di rendere il romanzo classico e moderno al tempo stesso. Coraline per esempio non è la classica eroina delle fiabe: è leale e coraggiosa (anche se con qualche tentennamento), ma tutto fuorché perfetta. Guarda spesso la televisione – anche se non molte trasmissioni riescono a catturare il suo interesse – e ama i cibi spazzatura. I due veri genitori poi non sono genitori “tradizionali”, dediti alla casa, alle pulizie, alla cucina: passano l’intera giornata di fronte ai loro computer, immersi nel lavoro, e consigliano a Coraline di passare il tempo guardando la televisione, piuttosto che di uscire a giocare. Pur non essendo del tutto positive, queste caratteristiche rendono i genitori reali e molto più credibili agli occhi della società moderna. Questa combinazione di elementi moderni e tradizionali ha reso Coraline un libro unico, tanto che il celebre autore per l’infanzia Philip Pullman lo ha definito «un libro meravigliosamente strano e spaventoso», lodando i molteplici significati che la storia può offrire. 

L’adattamento cinematografico è stato diretto da Henry Selick nel 2009 ed è stato creato con l’approvazione e l’aiuto dell’autore stesso. Selick incontrò Gaiman proprio mentre stava completando il romanzo e, dato che lo scrittore era un grande fan di Nightmare Before Christamas – che Selick aveva diretto nel 1993 seguendo l’idea di Burton – gli propose un eventuale adattamento di Coraline. Il film rimanda molto infatti alle atmosfere tipiche di Tim Burton. I titoli di testa sono caratterizzati da cuciture, che preannunciano il tema del film, e da una musica inquietante e incalzante al tempo stesso. Inoltre, il minuzioso processo di creazione della bambola ricorda la nascita di Edward Mani di Forbici, tanto che sono proprio delle misteriosi mani appuntite a cucirla. I due mondi visitati da Coraline sono poi fortemente contrapposti dai colori: il mondo reale è piuttosto grigio e dai toni freddi, mentre il mondo al di là della porta è vivace e dai colori caldi. Coraline in particolare spicca per i suoi capelli blu e la sua mantellina gialla, abbinata agli stivali.

Una delle maggiori differenze con il romanzo è l’introduzione del personaggio di Wybie, un ragazzo impacciato e solitario che fa comunella con Coraline. Il nome è significativo: come lui stesso ricorda, Wybie è il diminutivo di W(h)yborn, letteralmente “perchènato”. Inoltre, mentre nel libro Coraline fa solo due viaggi al di là della porta, uno positivo e uno negativo, nel film la protagonista visiti più volte i suoi altri-genitori (circa per metà del film), non accorgendosi dei loro intenti malvagi. I due genitori sono abilmente creati seguendo il modello del libro: il padre è un uomo alto e scheletrico, ricurvo, con le occhiaie, che passa le sue giornate di fronte al computer come una sorta di zombie; la madre è una donna più vivace ma comunque severa e, anche lei, costantemente ipnotizzata dal pc. Ironicamente, la vera madre si occupa di giardinaggio, ma non esce mai all’aria aperta e odia il fango.

Coraline

Nel mondo dietro alla porta – molto più piccola nel film – tutto si ribalta. L’altra-madre è solare e apparentemente affettuosa; affetto che, come nel libro, sfocerà poi in un’inquietante possessività. La trasformazione finale la vede poi mutare in una sorta di Crudelia De Mon simile a un ragno: magra, con lunghissimi arti e vestiti eleganti. L’altro-padre ama invece suonare il piano – o meglio, come specificato nel film, è il piano a suonare lui. La camera di Coraline è colorata e i giocattoli sono vivi; il giardino è pieno di fiori e non spoglio e fangoso; Mr. Bobo (Bobinsky nel film) è più elegante e pulito; e infine le due attrici sono ancora giovani e attraenti.

Non mancano ovviamente gli elementi inquietanti. Per esempio, quando Coraline viene rinchiusa nello stanzino dietro allo specchio, le anime dei tre bambini uccisi dall’altra-madre sono inizialmente sotto una coperta bianca, rifacendosi così all’immagine del fantasma più classico. Il bizzarro è poi sottolineato ancora di più nel film rispetto al libro, merito anche della componente visiva: Bobinsky sembra un enorme ragno che si arrampica ovunque tra salti e flessioni; le sorelle collezionano dei grotteschi cani impagliati, i loro adorati animaletti ormai deceduti; Wybie si presenta come un piccolo scienziato pazzo dalle tinte dark; mentre enormi scarafaggi fanno da mobilio nell’ultima parte del film.

La morale del libro viene perfettamente mantenuta, se non addirittura espansa: Coraline riabbraccia felice i suoi genitori, che sembrano aver imparato anche loro in modo inconscio una lezione. Il giardino della casa viene coltivato in allegria da tutti gli abitanti e Coraline ha la possibilità di avvertire la nonna di Wybie che sua sorella – una delle bambine incontrare nello sgabuzzino – può ora riposare in pace. Il lieto fine non è quindi solo di Coraline, ma di tutti i personaggi.

In conclusione, sia il libro originale che l’adattamento cinematografico sviluppano una storia dove modernità e tradizione sono mescolati abilmente, creando così una storia in grado di elettrizzare i più piccoli e stupire i più grandi, senza abbandonare il fine educativo – ma in questo caso mai troppo moraleggiante – tipico delle fiabe.

 

Dalila Forni

 


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