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Elezioni USA: a che punto siamo?

Continua la corsa per le elezioni del nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Ecco gli ultimi aggiornamenti.

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9 minuti di lettura

Le aspettative del mondo intero non sono state deluse. Le elezioni USA hanno regalato ore di tensione e colpi di scena tanto da tenere tutti noi col fiato sospeso. 

Due Americhe a confronto

Non avendo ancora dei dati certi, possiamo affermare che queste elezioni USA sono state avvincenti e più combattute di quello che facevano intendere i sondaggi della vigilia. 

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I mesi di campagna elettorale hanno mostrato un paese diviso e variegato che ha dato prova di grande partecipazione. Due candidature molto diverse hanno fatto riferimento ad elettorati caratterizzati da diverse sensibilità. Da un lato, la candidatura solitaria del presidente Donald Trump. La sua campagna si è incentrata su una narrativa molto cara al suo elettorato, legata a temi come la sicurezza e la forza di un’America che può tornare grande solo se guarda ad una linea isolazionista e unilateralista.

Dall’altro, la candidatura plurale di Joe Biden, un politico con una carriera lunga quasi mezzo secolo che in questa campagna elettorale ha beneficiato della forza esplosiva della sua Vice Kamala Harris e del sostegno di due leader come Barack e Michelle Obama. A questi, si aggiunge il supporto di una corrente meno moderata e vicina ad un elettorato giovane come quella che durante le primarie democratiche ha sostenuto il socialdemocratico Bernie Sanders.

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Siamo stati abituati a vedere comizi diversi. Da un lato, comizi in modalità drive-in per mantenere il distanziamento fisico. Dall’altro, comizi classici in cui spesso i cappellini rossi hanno sostituito le mascherine, in beffa alle regole anti contagio. 

Nei dibattiti tra i due candidati non si sono viste la cordialità e la correttezza che nel tempo hanno contraddistinto i dibattiti tra Obama e McCain, o tra Bush e Gore. Durante il primo dibattito tra Trump e Biden si sono contate 93 interruzioni totali, oltre ai toni forti che hanno spinto a sedare i due successivi dibattiti.

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Too early to call?

Guardando ai risultati finora disponibili, è semplice analizzare la concentrazione dei voti democratici nelle aree urbane più popolose e una prevalenza repubblicana nelle aree rurali. Uno dei fenomeni analizzati da chi ha seguito lo spoglio è l’apparente rimonta di Donald Trump dopo un iniziale vantaggio democratico. In realtà, tale fenomeno è legato alla maggiore velocità nel conteggio e nella comunicazione dei voti da parte dei seggi nelle aree urbane. Questo spiega l’iniziale vantaggio di Joe Biden anche in Stati successivamente assegnati ai repubblicani.

Senza dubbio, il risultato del Presidente uscente è andato oltre le aspettative dei sondaggisti. L’Onda Rossa delle prime ore di spoglio si è però scontrata con una ripresa democratica legata ai risultati arrivati nella giornata di ieri. La prevedibile vittoria democratica in Stati come California, Oregon e Washington viene seguita da quella in Wisconsin e nel Michigan. Questi ultimi sono attualmente gli unici flipping States passati ai democratici dopo la vittoria repubblicana alle elezioni del 2016.

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È ormai chiaro che l’elezione si giocherà nei 6 Stati rimanenti – Pennsylvania, North Carolina e Alaska in cui è in vantaggio Trump e Nevada, Arizona e Georgia in cui è in testa il candidato democratico Joe Biden. A ciò si aggiunge il fatto che in Pennsylvania sono considerati validi i voti espressi per via postale recapitati fino a tre giorni dopo l’election day

Tra questi, Pennsylvania e Georgia sono gli stati più combattuti. Dopo un iniziale ampio vantaggio repubblicano, lo spoglio dei voti giunti via posta ha portato ad un crollo vertiginoso del gap tra i due candidati. Tutto fa presagire che, come già avvenuto per la Georgia, la corsa si concluda con un soprasso democratico sul Presidente Donald Trump.

Se i risultati attuali venissero confermati, Joe Biden supererebbe la soglia dei 270 grandi elettori utili per l’elezione, sebbene sia molto probabile un ricorso alla Corte Suprema da parte del Presidente uscente per contestare i risultati in battlegroung States, come il Michigan.

Le prime reazioni e le prime accuse

Le prime impressioni a caldo dei due candidati dovrebbero essere necessariamente caute. Nella mattinata di mercoledì, lo sfidante Joe Biden ha chiamato i suoi alla prudenza affermando che né lui né Donald Trump possano cambiare i risultati. Adesso sono i voti a dover parlare e ogni voto è importante per arrivare ai 270 grandi elettori necessari per diventare il prossimo Presidente degli Stati Uniti.

Nella retorica dal Presidente in carica non si è palesato lo stesso rispetto della macchina democratica. Già dalle prime ore del pomeriggio di mercoledì, the Donald ha twittato commenti infuocati sul sistema elettorale americano e sul sistema di voto postale denunciando brogli ed insinuando nel suo elettorato il dubbio che questo sistema possa favorire il competitor democratico contro il volere del popolo americano. Per la prima volta, un Presidente in carica si scaglia pubblicamente contro il sistema elettorale del suo Paese e contro i suoi avversari. Si tratta di una tecnica collaudata che punta a delegittimare un sistema che potrebbe dare un risultato sfavorevole. 

Uno dei temi più divisivi di questa tornata elettorale è proprio quello del voto postale, sistema che permette agli elettori di votare in anticipo e in sicurezza, evitando le lunghe file ai seggi. Dalle previsioni, il voto postale dovrebbe premiare Joe Biden, vista la maggiore prudenza del suo elettorato durante la campagna presidenziale e l’importanza data dalla comunicazione democratica a questo sistema di early voting.

Dalla chiusura dei seggi, le manifestazioni dei sostenitori del Presidente Trump per fermare il conteggio dei voti postali si sono moltiplicate in tutti gli Stati ancora in bilico. Sono state sufficienti poche notizie confuse su fantomatici brogli e non ben specificati ritrovamenti di schede elettorali per aizzare vari gruppi di sostenitori repubblicani contro i seggi ancora impegnati nel conteggio. L’operato del Presidente in carica non ha di certo calmato gli animi. Affermare pubblicamente che città come Detroit e Philadelphia fanno parte del sistema democratico corrotto e che gli operatori dei seggi sono impegnati a duplicare i voti democratici, è grave oltre che pericoloso.

In tal senso, ha avuto un ruolo fondamentale il sistema usato durante queste elezioni USA da Twitter e Facebook per evitare la diffusione di fake news e di dati non corretti. Alcuni post sono stati eliminati o accompagnati da una comunicazione che spiega che il conteggio dei voti è ancora in corso e che l’informazione potrebbe essere imprecisa o fuorviante.

Ci chiederemo a cosa ci servirà aver imparato tutto sulle contee del Michigan, ma in fondo il bello di seguire un’elezione è proprio questo. Continuiamo a seguire un conteggio per capire le sorti dei battleground States perché da queste elezioni dipende il futuro degli USA e del loro ruolo nel mondo.

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Giuseppe Vito Ales

Classe 1993. Cresciuto tra le montagne di Piana degli Albanesi, sono un Arbëresh di Sicilia profondamente europeo. Ho studiato economia, relazioni internazionali ed affari europei tra Trento, Strasburgo, Bologna e Bruxelles per approdare infine a Roma. Tra le grandi passioni, la politica, l’economia internazionale e i viaggi preferibilmente con uno zaino sulle spalle e tanta voglia di camminare.
Credo che nel mondo ognuno di noi possa contribuire al miglioramento della collettività in modo singolare e specifico, proprio per questo non mi sta particolarmente simpatico chi parla per frasi fatte o per sentito dire e chi ha la malsana abitudine di parlare citando pensieri e parole d’altri. Siate creativi, ditelo a parole vostre!

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