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Firenze Capitale

Firenze Capitale: 150 anni dopo si ricordano
le grandi trasformazioni della città

Firenze. Città di un'importanza storica incredibile. Che cosa è stato organizzato in occasione dell'anniversario?

15 minuti di lettura

di Margherita Vitali

Firenze è una città con un grande passato, un luogo nel quale la memoria è il tesoro di tutti. Ricorre in questi mesi un anniversario importante che il capoluogo toscano non sta lasciando certo passare inosservato: la ricorrenza di Firenze Capitale ed il conseguente risanamento della città.

firenze capitaleFirenze capitale di transito: così potremmo definire il ruolo che ricoprì tra il 1865 e il 1870, cinque anni che sconvolsero ogni assetto sociale, culturale ed urbanistico della città. Nel 1861, quando il Regno d’Italia vide la luce, mancavano ancora molte terre rispetto all’assetto geografico che conosciamo oggi; una di queste era Roma, una città sotto il controllo del papato, protetta dalle truppe di Napoleone III di Francia. Durante la Convenzione di Settembre tra il governo francese e quello italiano, però, Napoleone III si impegnò a lasciare Roma entro due anni in cambio della garanzia che non ci sarebbero stati movimenti contro il Papa ed il Vaticano e, a garanzia di questo, firmò un accordo che chiedeva all’Italia di spostare la capitale del regno in una città più centrale fino alla presa di Roma. Questa mossa richiedeva non solo un investimento economico, ma anche di natura politica e sociale.

Così fu: vennero prese in considerazione tutte le più grandi città. Molte furono scartate per motivi geografici, altre politici, come ad esempio Milano – considerata troppo a nord – e Bologna – città strappata in precedenza al papato -, lasciando la scelta solamente fra due candidate: Firenze e Napoli. «L’Atene d’Italia», così spesso viene chiamata dagli storici, venne scelta da cinque alti funzionari dell’esercito che la votarono all’unanimità ritenendola più sicura per il re ed il governo non avendo alcuno sbocco sul mare. Così Firenze, città di natura prettamente medievale racchiusa ancora tra le sue vecchie mura, si preparò a diventare capitale di un regno avente una popolazione almeno sei volte maggiore di un gran ducato, dando però prova di essere in grado di cambiare il proprio volto senza perdere nulla della sua bellezza.

giuseppe poggiGiuseppe Poggi, architetto ed urbanista fiorentino, venne incaricato di rendere la nuova capitale consona al ruolo che sarebbe andata a rivestire. Il suo compito non era solamente quello di trasformare Firenze in una città al pari delle altre capitali europee, ma di trovare il modo di trasferire tutti gli organi dello stato e prepararsi per la grande migrazione che avrebbe investito la città da lì a pochi mesi, perché in pochissimo tempo Firenze vide aumentare la popolazione ben del 30%, dal momento che giunsero tutti gli alti funzionari dello stato e dell’amministrazione del regno, intellettuali e letterati dell’epoca e, soprattutto, si verificò un fortissimo afflusso di operai dalle campagne circostanti verso la città col compito di prendere parte ai lavori di ampliamento e ristrutturazione radicale.

Da qui partì il periodo più comunemente conosciuto come «Risanamento» che va dal 1865 al 1897, ben oltre quindi rispetto alla Breccia di Porta Pia del 1870 che impegnò l’Italia, ancora una volta, a spostare la propria capitale. Secondo Poggi, una città moderna doveva essere esempio di sicurezza e vivibilità. Ricorrenti, infatti, furono i suoi tentativi (spesso andati a buon fine) di rendere Firenze un posto più salubre e verde. L’architetto prestò grandissima attenzione al fiume Arno e alle sue caratteristiche, ai tempi considerato un nervo scoperto della città a causa delle continue inondazioni che provocavano frequenti disastri. Ne rafforzò, quindi, gli argini e fece realizzare dei canali sotterranei per lo smaltimento delle fogne.

Firenze appariva nascosta dalla sua cerchia muraria, un po’ come Lucca e altre città, perdendo però la sua funzione di difesa e rimanendo solamente ornamento simbolico e folcloristico, rallentando, anzi, l’espansione della città. Poggi, ispirandosi a Parigi e Vienna, sostituì le mura con lunghi viali di circonvallazione che tutt’oggi sono il cuore della viabilità fiorentina. Questi viali, inizialmente, non dovevano solamente segnare un confine tra il centro storico ed i nuovi quartieri, ma tracciare un vero e proprio percorso nel verde. Attorno ad essi vennero piantati numerosi alberi di vario genere e fatte sorgere piazze rigogliose tutt’oggi splendide, quali, ad esempio, Piazza della Libertà o Piazza Beccaria. Ad oggi le mura sono visibili solo in piccola parte nel quartiere di San Niccolò verso il Forte di Belvedere; Poggi le mantenne come testimonianza del passato e si batté in prima linea per salvaguardare anche tutte le porte che un tempo servivano come diversi ingressi verso la città.

La timida Firenze si aprì verso un progetto naturale di espansionismo, nacquero in breve tempo e spesso in maniera naturale nuovi quartieri e vennero inglobati dei comuni come Fiesole o Bagno a Ripoli, da sempre lasciati lontani dal cuore della città.

L’opera di Poggi fu estremamente innovativa e rivoluzionaria: Firenze passò da piccolo centro urbano a capitale in grado di soddisfare tutte le necessità in pochissimi mesi. Il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio ospitò il parlamento, il Salone dei Dugento il senato, mentre Palazzo Pitti venne scelto dal Re come suo alloggio. Numerosi, poi, furono gli stati che riconobbero effettivamente il Regno d’Italia dopo «l’incoronazione» della nuova capitale.

C’è da dire però – e questo fatto non dovrebbe passare inosservato – che uno dei lavori più criticati a Poggi fu il modo nel quale dette alla città un volto celebrativo, moderno e borghese. In quegli anni il centro storico della città era povero. Vi abitavano artigiani, bottegai, operai e famiglie di ceto basso. Per una capitale questo non era ammissibile: i luoghi simbolo del grande ed illuminante passato dovevano essere il centro della vita culturale e borghese della città. Parliamo, infatti, di sventramento del centro storico, un’opera che portò certo un miglioramento qualitativo ed estetico, ma che sacrificò in maniera quasi barbara la vita di molti abitanti della città. Non troppo famosa, ma nettamente rilevante, è la storia del Mercato Vecchio, situato nell’attuale Piazza della Repubblica. Se Piazza Duomo era il centro delle attività religiose, Piazza della Signoria di quelle civili, il Mercato non poteva che essere il cuore della maggior parte delle attività commerciali di tutta la città.

firenze capitaleSituato attorno alla Colonna dell’Abbondanza e alla famosissima Loggia del Pesce realizzata dal Vasari nel 1567, il Mercato Vecchio era il luogo dove la maggior parte degli artigiani aveva la propria bottega, un posto dove la vita si svolgeva frenetica ad ogni ora, uno dei cuori economici della città. Là era possibile trovare qualunque tipo di alimento, capo di vestiario e oggetti di uso quotidiano e non. Frequentato da tutti i cittadini, non vi erano soltanto le attività commerciali e le botteghe, ma anche abitazioni dei commercianti. Il centro storico era un luogo abbandonato a se stesso e fatiscente, come denunciò varie volte nel 1880 il giornalista Giulio Piccini, e quindi andava senza alcun dubbio risanato, ma, durante lo sventramento del centro, il Mercato Vecchio e il quartiere adiacente del ghetto ebraico vennero letteralmente rasi al suolo, portando all’abbattimento e all’esproprio di 341 immobili ad uso abitativo e 451 botteghe. Nel giugno del 1885 vennero poi evacuate ben 1778 famiglie per un totale di 5822 persone.

Rilevante fu anche il cambiamento sotto il punto di vista culturale. Dalla precedente capitale Torino, giunsero a Firenze ben 6000 funzionari di stato piemontesi. C’è da dire che nel 1865 il Regno d’Italia era ancora un fanciullo e il problema della mancata identità nazionale era ancora rilevante. I torinesi, infatti, non solo parlavano una lingua quasi completamente diversa dai fiorentini, molto simile al francese a detta loro, ma avevano anche abitudini, usi e costumi completamente diversi. Nacque per questo una guida divisa in più punti, dove ogni articolo doveva avere lo scopo di aiutare l’integrazione dei piemontesi in terre toscane.
Recitava così:

«Ei cittadini delle parti d’Italia che giungono a Firenze per la prima volta notano quest’uso, che non di rado fa loro concepire un giudizio non troppo favorevole.
Ma è un giudizio temerario – assolutamente temerario. –
E perché di questo peccato non si macchi anche il nostro lettore, ci facciamo un dovere di spiegargli la ragion del fatto».

Seppur la ritenessero ricca di storia e con glorioso passato, i piemontesi, comunque, giudicavano Firenze poco più che un paese di grandi dimensioni, ben distante da ciò che erano abituati a vivere. Questo pensiero si rivela però errato, dal momento che in quei cinque anni Firenze divenne un centro culturale di grandissimo rilievo. È qui, infatti, che in quegli anni nacquero Pinocchio di Collodi e Cuore di De Amicis, libri che faranno poi la storia della letteratura e dell’editoria italiana. Furono anche i primi esempi nei quali venne impiegato il fiorentino come lingua unica nazionale. Numerosi poi furono i Caffè Letterari, luoghi fondamentali per lo sviluppo culturale e civile della società, dove la maggior parte degli intellettuali liberali di tutto il paese si riunivano e da dove spesso passavano decisioni politiche e non. Firenze, inoltre, come città teatrale: numerosi spettacoli passarono dalla capitale per quei luoghi bellissimi come La Pergola, tutt’oggi in funzione. La cultura era alla portata di tutti, dal momento che la sera dello spettacolo era un evento che coinvolgeva ed avvicinava tutte le classi sociali e che il biglietto, facendo un rapporto con i prezzi attuali, non costava più di 7 euro in determinati settori.

In questo clima di continuo fermento, in questo cantiere sempre in via di sviluppo, Firenze visse questi cinque anni in maniera intensa. Dimostrò di essere una città legatissima alle sue tradizioni ed al suo passato, ma sempre in grado di misurarsi con le sfide dei suoi tempi.

L’amministrazione comunale, alcuni enti e tutta la città, in generale, in occasione di questo 150esimo anniversario, hanno organizzato numerose attività per celebrare e riportare alla memoria questo valore che la città ha dimostrato di possedere. L’archivio di Stato di Firenze in piazza Beccaria ha organizzato, anche grazie al prezioso contributo di tutti gli enti culturali della città, una mostra intitolata «Una capitale ed il suo architetto» che è stata inaugurata il 4 febbraio e durerà fino al 6 giugno 2015, con ingresso gratuito.

Dislocata in due ampissime sale, la mostra offre una panoramica a 360° sui cambiamenti urbanistici che colpirono la città durante il risanamento offrendo numerosi progetti originali del Poggi stesso: carte, informazioni e rappresentazioni della città com’era, come diventò e com’è tutt’oggi. Divisa per tematiche, la mostra fa compiere a ciascun individuo un percorso illustrato ed esplicativo capace di chiarire ogni singolo punto di quei brevi ma lunghissimi anni di storia.

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Redazione

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