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La frammentarietà del sapere: problemi e soluzioni

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17 minuti di lettura

Tra le diverse realtà di attività di ricerca scientifica e culturale in genere, non si può prescindere oggi dal fare i conti con la frammentarietà del sapere. L’età postmoderna – cioè quella odierna, frutto degli sviluppi scientifico-culturali e istituzionali della modernità – è segnata da una onnipervasiva compartimentazione del sapere in ambiti. Con-cause eterogenee ne spiegano origine e ratio. Tra i livelli su cui si è sviluppata questa parcellizzazione si possono distinguere: quello economico-organizzativo; quello scientifico; quello evolutivo della realtà e dei saperi. 

Autonomia, autismo, superficialità

Oggi, i saperi disciplinari crescono ognuno per conto proprio. Questa noncuranza dell’altro, dipende dal fatto che anni e anni di studi settoriali si sono sforzati di rendere ogni disciplina autonoma. È sembrata una grande conquista, ad esempio, scoprire, dopo Wittgenstein, che il linguaggio fosse un ambito autosufficiente. Questa smania di rendere autonomi e indipendenti gli ambiti disciplinari, ha reso altresì autistiche le ricerche scientifiche specializzate, al punto da far apparire come ardito un lavoro di ricerca a respiro interdisciplinare, quando almeno fino all’Idealismo e al Romanticismo tedesco la concezione olistica e organicistica del sapere era la norma.

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Da una parte, le discipline, così ridotte a “monadi del sapere”, non riescono a dare una spiegazione soddisfacente ai fenomeni che assumono, dall’altra, l’assenza di dialogo dipende dall’armamentario di un vocabolario tecnico che è funzionale solo al discorso interno di ogni disciplina, che quindi fa fare progressi alla disciplina con rigore scientifico, ma – oltre al rischio di perdersi in tecnicismi – impedisce l’interlocuzione con le altre discipline, che a loro volta seguono la stessa codificazione interna. L’autonomia delle discipline dà una coerenza interna, che però è problematica per i motivi appena detti.

A coronare la parcellizzazione dei saperi disciplinari è il sostegno istituzionale fornito dai journals, le riviste scientifiche di settore disciplinare (editoria accademica), le quali consentono a uno studioso (già formato in base al criterio settoriale del SSD) di pubblicare un lavoro scientifico su un “significativo” problema lessicale o ermeneutico circoscritto a un particolare contesto teorico, e che, fuori da tale contesto, non ha di fatto alcun senso. I problemi suscitati dalla frammentazione del sapere sono principalmente di natura epistemologica: la superficialità nella ricerca e nella conoscenza, e, di conseguenza, l’incapacità delle discipline di stare al passo con l’evoluzione dei propri oggetti e di saperli collocare in un contesto complesso. 

È interessante notare che il tema dell’unità del sapere è centrale per l’educazione della persona, secondo la Chiesa cattolica. Se ne trovano menzioni tanto nell’Enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II, quanto in Veritatis gaudium di Francesco

la settorialità del sapere, in quanto comporta un approccio parziale alla verità con la conseguente frammentazione del senso, impedisce l’unità interiore dell’uomo contemporaneo […] l’uomo è capace di giungere a una visione unitaria e organica del sapere. Questo è uno dei compiti di cui il pensiero cristiano dovrà farsi carico nel corso del prossimo millennio dell’era cristiana

Fides et Ratio

Un quadro che fotografa il problema in tutta la sua solennità e gravità, infatti, giunge da un presbitero e filosofo cristiano, il Rettore dell’Università Pontificia della Santa Croce, Lluís Clavell

Con la frammentazione si ha una molteplicità di dati e di conoscenza senza una visione unitaria del reale. L’uomo si trova oggi a dover agire in un mondo del quale ha soltanto delle immagini parziali e scollegate. Da ciò nasce un senso d’insicurezza, che viene provvisoriamente nascosto dai risultati della tecnologia

L. Clavell, L’unità del sapere per l’attuazione di «Fides et Ratio», 2019

È, forse, per questo che pochissimi filosofi contemporanei riescono ad uscire dalla pertinenza accademica, sia senza trivializzare la propria attività di ricerca, sia senza essere divorati dal  nuovo dilagante paradigma scientifico di ricerca, proveniente dalle scienze sociali: quello dei Case_studies. Questo nuovo modello di studi culturali e scientifici – gli studies – cerca di operare, per così dire, “pattinando” tra gli ambiti, per mostrare come un certo oggetto possa essere “studiato” da più versanti disciplinari.

Gli studies, restano comunque studi di settore, perché dominati dalla teoria critica come modalità di analisi scientifica e da un linguaggio ancora troppo tecnico. Riescono, tuttavia, ad impiegare un tipo di teoria critica che, raccogliendo molti dati eterogenei, considera la porosità prospettica di un oggetto, cioè il suo prestarsi ad essere assunto da molti ambiti.

Frammentarietà del sapere: filosofia

La smania di catalogare e inquadrare, fino ad etichettare, una ricerca scientifica inserendola nel suo ambito di pertinenza specifica è proprio del sistema di discernimento e di selezione dei paper operato dai journals, ma è anche il testing che le case editrici impongono per passare la pubblicazione di saggi e studi, nonché la conditio sine qua non per la scrittura burocratica (tesi) al fine di conseguire una laurea.

Sciogliere l’intricata matassa della frammentazione del sapere disciplinare e del suo irregimentarsi nel corso del tempo, è un compito che va oltre lo spazio di un articolo. Limitiamoci ad inquadrare la situazione odierna dei saperi disciplinari, meditando su come la questione possa essere valutata filosoficamente.

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La filosofia nel suo primo stadio maturo era un modo di vivere comunitario (da Pitagora allo Stoicismo), era ancora tale nel monachesimo scolastico. È nell’alto medioevo, però, che la filosofia ha cominciato a sopravvivere nelle Università, luoghi dove pian piano è divenuta oggetto della suddivisione specialistica. La filosofia ha reagito bene alla propria  frammentazione interna, perché le nozioni di frammentazione della scienza, di molteplicità e unità, sono anzitutto temi affrontati per la prima volta e per millenni dalla filosofia.

La frammentazione del sapere è un fenomeno filosofico nella sua essenza. L’idea che il filosofo sia colui che ricerca molte cose è attestata in Eraclito, un filosofo che operava oltre 2600 anni fa. È naturale, per la filosofia, occuparsi di molte cose, prendere a proprio oggetto qualsiasi cosa e assumere prospettive e metodi diversi per analizzarla e interpretarla. La filosofia è naturalmente versatile. 

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Infatti, il criterio della pertinenza come suddivisione della scienza, ha origini aristoteliche, dunque filosofiche. La visione “frammentaria” della scienza è attestata già in Platone. Aristotele però fu il primo a istituire l’unità del sapere come connessione delle diverse scienze in un sistema orgnanicistico della pertinenza. L’organizzazione del sapere in base a una interconnessione olistica della sapienza è il motivo per cui lo Stagirita affermò che l’intero è sempre più dell’insieme delle sue parti. Oggi, applicare il criterio di pertinenza specifica come metodo di giudizio preliminare di un progetto di tesi, di un paper, o di un’opera filosofica, dipende dall’evoluzione della nostra realtà e dei saperi ad essa connessi.

Abbiamo una frammentazione disciplinare senza unità del sapere. È ormai scontato dire che non c’è una “realtà”, ma molte e diverse realtà tanti quanti sono gli ambiti. Con la specializzazione radicalizzata da metodologie peculiari e da linguaggi tecnici autoreferenziali si produce l’odierna frammentazione del sapere. Effettivamente, però, la realtà attuale è proprio la parcellizzazione di ambiti specifici costituiti da micro-settori interni. Secondo Peter Sloterdijk, questa situazione è il risultato storico-scientifico del “millenario regno della competenza” (P. Sloterdijk, L’imperativo estetico, 2017, p. 70).

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È l’evoluzione del sapere della nostra civiltà a imporre una parcellizzazione e una capillarizzazione delle competenze tale da rendere necessaria, per una possibile prosecuzione dei saperi, una loro compartimentazione. Filosofi come Hegel o come Aristotele, che si occupavano di molti “ambiti” oggi non sono quasi più possibili. Il meccanismo di parcellizzazione del sapere ha una struttura selettiva istituzionalizzata: parte dal PhD, nello SSD e nella ASN viene inoculato e cementato, e così si formano studiosi che hanno una grande competenza nel loro settore disciplinare. È una questione di economia e di design del sapere. Ma è anche una questione scientifica, ovvero dipende dalla natura della scienza attuale, che è appunto suddivisa in approcci metodologici e teorico-linguistici tra loro eterogenei

Frammentarietà del sapere: enciclopedismo  

Poiché un sapere enciclopedico che si aggiorna continuamente «tagliuzzando le scienze nei più minuti pezzi» per dirla con Rosimini, è oggi necessario a causa dei continui passi in avanti e aggiornamenti delle nozioni scientifiche e dei concetti, la frammentazione del sapere sembra qualcosa di inevitabile e di destinale, se la si connette alla capacità di sviluppo teorico-tecnico di cui l’essere umano dimostra continuamente di essere in grado. La riconfigurazione del sapere implica «sì povera maniera di pensare» (A. Rosmini, Antropolgoia in servizio della scienza morale, 1981).

Dalla sua evoluzione consegue la non esaustività di concetti e nozioni rimasti inalterati per decenni. Frammentarietà e enciclopedicità del sapere sembrano ineludibili oggi. Sono operazioni di catalogazione e archiviazione che organizzano e legittimano la gigantesca mole di conoscenze acquisite – il nostro “capitale scientifico” che si accresce continuamente. 

frammentarietà
Photo by Kirill on Unsplash

Siamo abituati a considerare il fatto di avere professionisti specializzati a cui rivolgerci come un enorme beneficio. Ci fa sentire protetti, forti, proprio mentre ci condanniamo pseudo-conoscenza , limitando l’orizzonte epistemico in cui osserviamo certi fenomeni e oggetti. È il modo più sofisticato che abbiamo trovato per rendere tempestivo ed efficace il soddisfacimento dell’immediata utilità.

È il criterio dell’utilità e dei molteplici bisogni a richiedere una parcellizzazione settoriale delle competenze, anche al livello scientifico rispetto alla collocazione di una ricerca per contribuire a risolvere un dato problema. Quindi utilità, bisogni, e problematicità che si moltiplicano, rendono necessaria la frammentazione dei saperi e delle competenze. Non è forse vero che interrogarsi e fare ricerca su un problema senza prenderlo da una angolazione specifica è oggi il modo migliore per essere tacciati di astrattismo e respinti da qualsiasi ambito? 

Frammentarietà del sapere: transdisciplinarità

Il problema della frammentazione del sapere consiste, da un lato, nella superficialità che si rende evidente dall’interno dei singoli ambiti disciplinari quando si constata l’incapacità di far comunicare immediatamente progressi scientifici fatti in un determinato settore del sapere. Ma c’è anche il problema delle “situazioni di frontiera” cioè di quei fenomeni che non possono essere chiariti e risolti da un singolo ambito, e la cui risoluzione, al contempo, è non favorita, ma ostacolata, dalla frammentazione del sapere.

Per questi motivi nascono iniziative culturali interdisciplinari – saggi, ma soprattuto convegni ed eventi accademici. Le soluzioni finora pensate per risolvere i problemi scientifici causati dalla compartimentazione dei saperi, sono tre: pluridisciplinarità, interdisciplinarità, e transdisciplinarità.

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L’approccio che sembra essere in grado di poter effettivamente risolvere il problema è il terzo. La transdisciplinarità ambisce a smantellare il neo-enciclopedismo, istituendo un nuovo modo di intendere il sapere, che estrapoli un filo conduttore epistemologico dai rispettivi metodi e risultati delle diverse discipline che convergono nello studio di un determinato oggetto. La transdisciplinarità sembra essere la via per de-frammentizzare il sapere e ricondurlo ad una nuova, aggiornata, unità scientifica, attraverso l’allargamento dell’orizzonte epistemico ottenuto dal confronto dei risultati teorici delle ricerche operate da discipline diverse su un dato oggetto.

Questo approccio metodologico al compito di dare al sapere e al pensiero un respiro più ampio mostrando che i risultati scientifici che ciascuna disciplina ottiene vadano di fatto al di là del proprio ambito disciplinare e che possano e debbano essere collocati e impiegati ad un livello conoscitivo meta-disciplinare. Un risultato scientifico risulta, infatti, più profondo e proficuo se osservato non tanto all’interno dell’orizzonte di sapere in cui viene indagato, ma oltre la prospettiva conoscitiva e metodologica del settore in cui viene raggiunto, cioè in una prospettiva di contributo specifico per un più ampio sapere generale su un dato tema.

La transdisciplinairtà riscopre un tema filosofico: il superamento della frammentazione delle parti in un orizzonte comprensivo che dà loro un senso più profondo.

Il convergere di più contributi specifici provenienti da settori  disciplinari diversi vanno a formare una visione di insieme aumentata su un certo fenomeno. L’approccio transdisciplinare consiste, quindi, nella demistificazione dell’autorità epistemica del sapere disciplinare, ed è, perciò, una critica alla specializzazione, terapeutica per il sapere stesso. Essa allarga la conoscenza e la comprensione  scientifica del mondo, attuandone il vero progresso.  


Immagine di copertina: Photo by Patrick Tomasso on Unsplash

 


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Lorenzo Pampanini

Classe 1994. Laureato in Scienze Filosofiche all'Università La Sapienza di Roma.

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