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Francis Bacon, tra equilibrio e fragilità

8 minuti di lettura

«Camminare sull’orlo dell’abisso», in bilico tra «restare fedele a ciò̀ che comunemente chiamiamo illustrazione, evocando al tempo stesso le emozioni più̀ varie e più̀ intime che un uomo possa provare», questa è l’anima della pittura secondo Francis Bacon, che lo ha portato ad essere uno degli artisti che maggiormente si sono distinti nel panorama artistico del ’900.

Francis Bacon e la tragicità dell’esistere

Egli aspira, nell’ambito dell’arte figurativa, a forme d’espressione che ripercuotano la sua sensibilità̀ personale. Le sue forme sono delle deformazioni. Bacon ha saputo esprimere la tragedia dell’esistenza in modo straordinariamente realistico, toccando la sensibilità più oscura e profonda dell’individuo. I suoi personaggi sono individui sconfitti, alienati dalla solitudine, voci disperate che gridano la precarietà dell’uomo, creature consumate dal loro stesso vivere; portano messaggi che oltrepassano le convenzionali regole della rappresentazione per esprimere, in tutta la loro brutalità, un senso sconvolgente e drammatico di impotenza.

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Nell’atto estremo e feroce della sua pittura, imprime un senso tragico alle figure e, attraverso volti e corpi sfranti, a stento riconoscibili nelle loro parti, trasmette la tragicità dell’esistere, che è uno stato specifico dell’uomo europeo dell’età moderna.

L’uomo urbano

Questo camminare su un filo teso fa di Bacon un funambolo, che oscilla tra l’impianto figurativo più classico e la resa di ciò che turba e anima l’interiorità dell’uomo moderno attraverso deformazioni, lacerazioni e impasti di colore, soprattutto nella raffigurazione dei corpi e nella ritrattistica. L’attenzione è rivolta infatti esclusivamente all’uomo e, in particolare, all’uomo urbano, stagliato su uno sfondo spoglio e pressoché monocromo.

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L’uomo, nell’epoca della società di massa, è denaturato, privato della propria sostanza, svuotato del suo stesso spirito. È a partire dall’inizio del secolo scorso che la massa diventa un fenomeno quotidiano proprio delle grandi città. L’omologazione di pensieri e comportamenti è ravvisata come il punto focale della massa, dove l’individuo appare schiacciato dalla sfrenata corsa all’acquisto, in perenne rivalità con gli altri, disorientato da una società in continuo cambiamento e da un futuro incerto.

L’iconografia cristiana in chiave laica

A partire dagli anni Trenta, ricorre spesso nelle opere di Bacon il tema della crocifissione, motivo di forte espressione plastica, rappresentativa della tragicità dell’esistenza moderna e della condizione dell’uomo che la abita. Si può parlare delle sue come di moderne crocifissioni, non tanto per le innovazioni stilistiche e tecniche apportate a un tema classico dell’iconografia cristiana, quanto, per esprimerlo con le parole dell’artista stesso, perché

la Crocifissione […] per un non-credente non è che un comportamento umano tra ogni altro comportamento, un modo di comportarsi verso gli altri…

Il tema è rivisto in una chiave e in una prospettiva assolutamente laica e con un trattamento interiorizzato, individuale e intimo della materia, che niente più conserva della pietas cristiana.  

«Crocifissione» di Francis Bacon (1965)

Celebre è il trittico della Crocifissione del 1965, di cui è interessante evidenziare che non rimanda solo indirettamente alla condizione contemporanea dell’uomo del ’900, ma contenga anche richiami diretti.

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Francis Bacon, Crocifissione, 1965, 197.5cm x 147cm, Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Monaco di Baviera

Nella tela centrale è raffigurato, al posto della croce, quello che sembrerebbe un letto ribaltato, sul quale è appoggiato il corpo nudo, appena percepibile nelle sue forme, di un uomo crivellato da una raffica di mitra. Una scena simile, ancor più esplicita, la si trova nella Crocifissione del 1962, in cui viene inscenato un delitto moderno con chiari dettagli: i segni delle pallottole nella carne e sul muro e il sangue sul materasso a strisce e sul cuscino.

L’orrore della modernità

Nel trittico del 1965 al posto di Giovanni e delle donne, presenti invece nell’iconografia classica della Crocifissione, sulla tela di destra, Bacon ha dipinto tre figure. Il personaggio sulla destra reca sul braccio una fascia con la svastica nazista; un’interpretazione possibile è quella che vede in questo segno l’indicazione di una causa storica della violenza e dell’orrore moderno.

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Francis Bacon, Crocifissione (dettaglio), 1965, 197.5cm x 147cm, Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Monaco di Baviera

Nonostante la lettura fornita dalla critica, Bacon si è mostrato riluttante nei confronti dei tentativi di offrire una spiegazione didattica e descrittiva della sua opera. Egli piuttosto afferma:

Si potrebbe dire anche che mettere quella svastica è stata una stupidità. Ma io volevo rompere la continuità del braccio con un bracciale, aggiungendovi quel colore rosso. Qualcuno può dire che il farlo è stata una cosa stupida, ma ciò faceva intimamente parte del tentativo di far marciare la figura non nel senso della sua interpretazione come immagine di un nazista, bensì a livello del suo funzionamento formale.

Analisi stilistica

Nella Crocifissione del ’65 il tema è riproposto con un trattamento decisamente più interiorizzato. Dalla sedimentazione della drammaturgia della Crocifissione deriva un’originale struttura compositiva, con una propria misura di simmetrie ed equilibri. Campiture di colore definiscono uno spazio ambientale ininterrotto, che si estende attraverso le tre tele.

Spogli e nitidi campi di colore puro segnano un’astratta architettura, che non descrive alcun ambiente verosimile, ma compone una vera e propria stanza dell’inconscio, una scena artificiale in cui le figure si dispongono nella loro propria individualità e solitudine.

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Il senso di calibrata misura, quello del terrore e lo straziante, onnipresente, effetto di comicità, sono indistinguibili. Il trittico si fa schema di catarsi, dove il dramma subìto nella cecità della coscienza, si lascia almeno rappresentare e contemplare nell’equilibrio della tragedia. Su quest’equilibrio grava la minaccia insita nella scelta e nell’intensità dei colori e degli accordi; come se la bellezza, che l’opera riesce a restituire, sia circondata dalla minaccia delle forze oscure e dal caos, che l’arte ha solo transitoriamente padroneggiato, e che, appena fuori dal trittico, siano pronte a riprendere il sopravvento.  

 


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Teresa Bonandi

Sono una studentessa di Lettere Moderne all’Università Cattolica di Milano, amo l’arte, la moda e gli aperitivi con gli amici. Estremamente ipercritica verso me stessa e determinata a portare a termine i miei progetti, sempre con un occhio di riguardo alle nuove tendenze, da vera fashion victim.

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