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Gregorio Magno: la musica come strumento di potere

12 minuti di lettura

Tra il 2011 ed il 2012, in concomitanza con le elezioni parlamentari e quelle presidenziali russe, negli Stati Uniti si levarono numerose proteste contro presunti brogli da parte del candidato del partito Russia Unita, Vladimir Putin.

Gli osservatori internazionali dell’OCSE hanno concluso che le elezioni si sono svolte positivamente, nonostante alcune criticità. Pur essendo stato dato spazio a tutti i candidati sui media, infatti, a Vladimir Putin è stata data molta più importanza.

Secondo Tonino Picula, coordinatore speciale per la guida della missione dell’OSCE:

Ci sono stati problemi seri sin dall’inizio delle elezioni. Il punto delle elezioni è che l’esito dovrebbe essere incerto; questo non è il caso in Russia. Non vi è stata una competizione reale e l’abuso delle risorse del governo ha assicurato che il vincitore finale delle elezioni non sia mai stato messo in dubbio[1]

All’indomani della vittoria elettorale, Vladimir Putin commentò le manifestazioni sorte contro di lui come un uso sbagliato degli Stati Uniti del soft power[2], volto a minare la sovranità nazionale della Russia.

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Il termine soft power indica che la potenza di un attore internazionale non si compone solo dei più tradizionali aspetti materiali, delle risorse economiche e militari a sua disposizione, ma anche di quelli immateriali, legati per esempio alla cultura e agli ideali che questa incarna.[3]

Eppure vi è un esempio, risalente a più di mille anni fa, di uso politico di uno strumento immateriale ma fondamentale in quel periodo storico: la musica e, nel caso specifico, la riforma liturgica propugnata dal papa Gregorio Magno.

Il contesto storico

La Chiesa di Roma e l’Italia tutta vissero, dopo la caduta dell’Impero Romano, secoli frenetici, di cambiamenti destinati a lasciare un segno indelebile. Dopo la deposizione dell’ultimo imperatore romano d’Occidente, il generale Odoacre amministrò i territori italiani solo nominalmente sotto l’autorità dell’Imperatore d’Oriente, Zenone.

Nel 489 Teodorico, re degli Ostrogoti, invase l’Italia, sconfiggendo Odoacre e diventandone il sovrano. Il regno ostrogoto in Italia si rivelò ben più florido e felice di quanto una parte della storiografia, negli anni ha voluto far credere.

La situazione subì un cambiamento quando Giustiniano I divenne Imperatore dell’Impero Romano d’Oriente, dimostrando una ferrea volontà di riconquistare i territori persi della pars occidentis. Giustiniano poteva contare su un importante alleato, Amalasunta, madre di Atalarico (nipote di Teodorico) e reggente.

Gregorio Magno

Il figlio, infatti, era giovane e gravemente malato e, alla sua morte, Amalasunta fu costretta a condividere il trono con il cugino Teodato. Egli voleva sfruttare una situazione di apparente debolezza del regno per deporre Amalasunta e assumerne i poteri.

Fu Teodato a guidare un colpo di Stato per deporre ed esiliare la cugina. A quel punto, Giustiniano ebbe, nella difesa di un alleato, la scusa attraverso la quale dichiarare guerra a Teodato e invadere l’Italia.

La guerra, conosciuta come Guerra gotica, durò dal 535 al 553 e vide la vittoria di Giustiniano, il quale riuscì ad unificare per poco tempo i vecchi territori dell’Impero. Nel 568, infatti, i Longobardi guidati da Alboino decisero di invadere l’Italia attraversando l’Isonzo, incontrandovi ben poca resistenza da parte dei Bizantini. [4]

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Dopo aver invaso l’odierno Friuli, nel giro di pochi anni riuscirono a conquistare gran parte del centro-nord Italia, compresa la capitale Pavia.

È in questo clima di tensione e mutazioni profonde che assume il pontificato Gregorio I, detto Gregorio Magno.

Gregorio Magno, chi era?

Nato da una famiglia senatoriale romana, Gregorio Magno non ebbe una formazione culturale di alto livello, non si formò cioè con lo studio dei grandi autori dell’aetas aurea (Sallustio, Orazio, Virgilio, Ovidio), bensì con quella tradizione letteraria impoverita che era propria della sua epoca, dell’età tardo-antica.

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Rimase, invece, colpito da un monaco di Norcia, il futuro San Benedetto e fondatore dell’omonima Regola. Egli stesso divenne monaco; fondò un monastero nella propria abitazione sul colle Celio intitolandolo a Sant’Andrea ad Clivum Scauri. Nella vita cenobitica si dedicò con assiduità alla contemplazione dei misteri di Dio nella lettura della Bibbia.

Questa attenzione nei confronti del mondo monastico e della vita dedicata alla preghiera più intensa e vera, lontana dallo sfarzo di Roma, si riscontrerà durante tutto il suo papato. La Curia romana era, infatti, già all’epoca accusata di pensare quasi esclusivamente allo sfarzo della vita mondana.

Infatti uno dei primi doveri che si impose fu la moralizzazione ed epurazione della Curia romana, in cui erano presenti troppi personaggi, laici ed ecclesiastici, che avevano interessi ben diversi da quelli spirituali e di carità; molti incarichi furono dunque attribuiti a monaci benedettini.

Gregorio Magno

Fu costretto anche ad affrontare questioni politiche di vitale importanza, come quella legata al difficile rapporto con i Longobardi, da poco impadronitisi dell’Italia.

Dopo innumerevoli tentativi diplomatici falliti, il papa riuscì ad ottenere una pace nel 598, grazie all’influenza che ebbe sulla regina dei Longobardi Teodolinda. Fu l’inizio della sua imponente, audace e definitiva conversione al cattolicesimo non solo dei Longobardi, ma di molte altre popolazioni ariane. [5]

Una delle riforme più efficaci al fine di convertire le popolazioni ariane e rinsaldare la fede cristiana entro i confini italici fu quella riguardante la liturgia, la qual diede vita ad un testo, l’Antiphonarius cento, contenente i canti che da lui prenderanno il nome: i canti gregoriani.

Cosa sono i canti gregoriani?

Il canto gregoriano è un canto monodico, elaborato da Gregorio Magno, risultante dall’incontro del canto romano antico col canto gallicano. Esso è solitamente interpretato da un coro di voci maschili o da un solista chiamato cantor e deve essere cantato a cappella, cioè senza accompagnamento strumentale, poiché ogni armonizzazione, anche se discreta, altera la struttura di questa armonizzazione.

Presenta un ritmo estremamente vario, che cambia a seconda della parte della liturgia alla quale si riferisce: nei passaggi salmodici o sillabici, il ritmo proviene principalmente dalle parole. Nei passaggi neumatici o melismatici, è la melodia che diventa preponderante.

Gregorio Magno

Tale innovazione contribuì senza alcun dubbio alla diffusione del cristianesimo presso i popoli ariani, se è vero che, già dal secolo successivo, era ampiamente maggioritario presso la Chiesa irlandese, la diocesi di Canterbury e alcune importanti chiese locali nella zona della bassa Bavaria, tra Salisburgo e Ratisbona.

Parlando del ruolo del canto nella spiritualità cristiana, Sant’Agostino dice nell’Enarratio in Psalmos: «Qui cantat bis orat». Esso è una musica recitativa che predilige il testo in prosa, che prende origine dal testo sacro e che favorisce la meditazione e l’interiorizzazione delle parole cantate. Il canto gregoriano non è un elemento ornamentale o spettacolare che si aggiunge alla preghiera di una comunità orante, ma è parte integrante ed efficace della stessa lode ordinato al servizio ed alla comprensione della Parola di Dio ed è per questo che conosce una tale fortuna.

Conclusioni

Il canto gregoriano, millenni prima che venisse teorizzato il concetto di soft power, fu quindi un oggetto efficacissimo attraverso il quale la Chiesa di Roma riuscì ad esportare i propri valori, a convertire popoli lontanissimi da lei per religione e geografia. Contribuì a diffondere l’uso del latino presso quelle popolazioni solo sfiorate dall’Impero Romano.

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Innescò in sostanza un processo di omologazione – non solo liturgica – decisiva nel processo di sviluppo di un sentire comune, che superasse i confini geografici nazionali per diventare universale lì dove molte guerre avevano fallito. Il grande merito di Gregorio Magno fu quello di aver capito quanto, oltre delle divergenze religiose e culturali, ad accomunare i vari territori dell’ex Impero Romano fosse una domanda di maggiore spiritualità e che essa sarebbe potuta arrivare senza alcuno spargimento di sangue.

Il canto gregoriano è cantato ancor oggi in ogni parte del mondo cristiano, su Spotify ad esempio vi sono oltre 31 playlist a tema, ed è riconosciuto dalla Chiesa cattolica come: «canto proprio della liturgia romana»[6].

In fondo non vi è riconoscimento maggiore della durata millenaria, per un soft power.

Davide Accardi


Note:

[1] Russia’s presidential election marked by unequal campaign conditions, active citizens’ engagement, international observers say

[2] Osipova E., Russification of Soft Power: Transformation of a Concept, Exchange Journal of Public Diplomacy, 2014, vol. 5, p. 60

[3] https://www.treccani.it/enciclopedia/il-concetto-di-soft-power-e-gli-stati-uniti_%28Atlante-Geopolitico%29/

[4] Jörg Jarnut, Storia dei Longobardi, p.30

[5] Paolo Diacono, Historia Langobardorum, IV, 8

[6] Cost. Dog. Sacrosanctum Concilium, p. 116.

 


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Davide Accardi

Classe '92, ha conseguito la laurea specialistica in Studi storici, antropologici e geografici presso l’Università di Palermo discutendo una tesi dal titolo L’identità nazionale nei territori di confine. I suoi campi di ricerca comprendono, inoltre, temi di biopolitica come lo Stato d'eccezione. Scrive e si interessa di cinema, in particolare sulla relazione tra spazi e vuoti in Antonioni e sull’influenza della psicanalisi in Kaufman.

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