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I social come luogo di vita: una riflessione

Siamo davvero quello che postiamo? E che cosa sparisce di noi quando ci mostriamo su Instagram, TikTok o Facebook? Una riflessione.

6 minuti di lettura

Ormai la quasi totalità delle persone possiede un account su almeno uno dei social network esistenti, e la media del tempo che ogni giorno trascorriamo in rete non ha nulla da invidiare al tempo che dedichiamo ai pasti, agli allenamenti in palestra o, in alcuni casi, alle ore di sonno. Ad ogni modo, che trascorriamo sui social 2 ore al giorno o 5, si tratta comunque di percentuali elevate del tempo totale di cui disponiamo nell’arco di una giornata. Sarebbe estremamente riduttivo, quindi, parlare dei social come di una semplice “perdita di tempo” – come magari si potrebbe dire di un videogioco o della TV. La differenza sostanziale, infatti, è che sui social noi viviamo, a (quasi) tutti gli effetti: interagiamo (con amici e con sconosciuti), leggiamo notizie, ci aggiorniamo sulle ultime uscite musicali o cinematografiche. Certo, manca la fondamentale dimensione fisica della vita umana, ma non per questo ciò che vediamo, ascoltiamo e pubblichiamo in rete ha minore impatto sulla nostra persona.

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Se il social crea un bisogno

Come dice un detto vecchio come il mondo, noi “siamo quello che mangiamo”. In altri termini: diventiamo ciò di cui ci nutriamo. Va da sé che, in questo senso, la scelta delle pagine e persone che seguiamo online (nonostante sia spesso presa con superficialità) è determinante nel modo in cui facciamo esperienza dei social e nell’impatto che essi hanno su di noi e sul nostro modo di vedere il mondo.
Immaginiamo che ci sia una ragazza, che chiameremo Maia, che sta pigramente scrollando il feed di Instagram. Si imbatte nel reel di un’altra ragazza, un’influencer più grande di lei e molto seguita che parla di come ha risolto un suo imbarazzante inestetismo: l’eccesso di pelle nelle palpebre. Maia non ha mai fatto caso alla quantità di pelle presente sulle sue palpebre, quindi passa al contenuto seguente apparentemente senza dar peso a ciò che ha visto. Nei giorni seguenti, però, vede diverse volte contenuti inerenti la rimozione della pelle in eccesso sulle palpebre e voilà, in una settimana il gioco è fatto: Maia si guarda allo specchio e comincia a notare che i suoi occhi sono effettivamente gonfi, e comincia a considerare seriamente l’idea di sottoporsi ad un trattamento per rimuovere una porzione di pelle dalle sue palpebre ed ottenere uno sguardo più aperto, meno appesantito.
Tendiamo a pensare che queste dinamiche facciano presa solo sui giovani; è vero forse solo in parte. Il potere dei social di plasmare il nostro sguardo non risparmia certo tutta quella fascia di utenti adulti molto spesso vittime di algoritmi e bolle social nel posizionarsi all’interno dei vari divisionismi ideologici attuali.

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I social creatori di identità

Un’altra area da non sottovalutare in cui i social hanno un ruolo molto impattante è quella della creazione (e condivisione) della propria identità, dell’immagine di sé. Postiamo su Instagram (o chi per esso) la persona che siamo o la persona che ci piacerebbe essere? E soprattutto, siamo in grado di scindere le due cose? Sui social abbiamo la possibilità di correggerci, di limare accuratamente e studiatamente gli spigoli della nostra persona in funzione del raggiungimento del massimo livello di desiderabilità possibile. E siamo liberissimi di credere alle nostre stesse bugie (o omissioni), convincendoci di essere proprio quelle persone lì, dotate di gusti musicali ricercati e opinioni brillanti su ogni argomento, outfit e pose impeccabili da sfoggiare su sfondi di tramonti sempre mozzafiato.

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La posta in gioco di questo meccanismo è però molto elevata: eclissiamo intere parti della nostra personalità (quelle imbarazzanti, quelle che non vogliamo che gli altri vedano) che rimarranno quindi inespresse – quando non addirittura viste con vergogna da noi stessi, riducendo così le possibilità di conoscere davvero chi siamo e, di conseguenza, che cosa vogliamo. Questo complica parecchio le cose in termini di felicità, soddisfazione e realizzazione personale.

Questa breve riflessione non vuole essere finalizzata a demonizzare i social o a scagliarsi contro quello che è uno strumento attraverso cui oggi viviamo parte delle nostre vite; anzi, l’intento è proprio quello di riconoscere l’enorme portata di questi mezzi e lo spazio che occupano, per riflettere su come usarli nel modo più consapevole possibile in modo che siano funzionali – e non ostacoli – al nostro arricchimento e benessere personale.

Giorgia Faoro

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