«Il cavallo bianco, gravido»: rituali visivi nella prima mostra italiana di Patricia Domínguez

Un'arte profondamente multidisciplinare, che unisce una raffinata sensibilità visiva a un solido impianto di ricerca teorica e sperimentale.
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A pochi passi dal centro storico di Napoli, nel chiostro seicentesco della Fondazione Made in Cloister, ha inaugurato il 27 settembre 2025 la prima personale italiana di Patricia Domínguez, artista cilena già riconosciuta a livello internazionale. Intitolata Il cavallo bianco, gravido, la mostra – aperta fino al 20 dicembre – è promossa in collaborazione con nonlineare – iniziativa curatoriale indipendente e chiude il primo anno del programma RINASCITA, progetto biennale dedicato ai temi della trasformazione, della resistenza delle specie e della possibilità di rinascita nel contesto delle crisi contemporanee.

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Tra arte, scienza e ritualità: il percorso di Patricia Domínguez

Patricia Domínguez (nata nel 1984) vive e lavora a Puchuncaví, in Cile. La sua pratica artistica è profondamente multidisciplinare, e unisce una raffinata sensibilità visiva a un solido impianto di ricerca teorica e sperimentale. Attraverso un’ampia varietà di mezzi – tra cui acquerello, ceramica, scultura assemblata e installazioni video – Domínguez attinge a miti, simboli, pratiche curative e rituali, combinando immaginazione artistica e indagine etnobotanica.

Emerge con chiarezza come il suo vocabolario visivo accosti senza gerarchie elementi naturali, beni di consumo, cultura aziendale e mondo digitale, costruendo immagini che evocano ambienti cerimoniali, santuari contemporanei abitati da presenze multi specie. Questa poetica si sviluppa anche attraverso Studio Vegetalista, piattaforma sperimentale fondata dall’artista in Cile e dedicata alla ricerca sulle piante e sulla loro interazione con i saperi ancestrali.

Patricia Domínguez
Patricia Domínguez, Tecnologías orgánicas, 2019-2022, Aquerello su carta, 62 x 42 x 2 cm, (foto di Francesco Squeglia).

Domínguez ha ricevuto nel 2019 il Premio Simetría, promosso da Arts at CERN e Corporación Chilena de Video, grazie al quale ha svolto una residenza tra il CERN di Ginevra e gli osservatori astronomici dell’ESO e ALMA nel deserto di Atacama. Queste esperienze hanno ampliato ulteriormente il suo campo di ricerca, che include concetti di fisica quantistica, non-località e interconnessione. La sua formazione è altrettanto sfaccettata: un MFA presso l’Hunter College di New York, un certificato in illustrazione botanica del New York Botanical Garden, e un periodo di studio in Perù con un guaritore vegetale, dedicato alla comprensione dello spirito multi specie nel mondo vegetale.

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Il suo approccio risulta quindi spiccatamente stratificato, alimentato da esperienze che attraversano ambiti disciplinari e culturali molto diversi: l’arte, per Domínguez, si fa spazio dove spiritualità, tecnologia e natura si incontrano senza escludersi, in un dialogo continuo tra ciò che è visibile e ciò che è invisibile.

Un altare per ogni specie: struttura e contenuto della mostra

La mostra raccoglie sei video-installazioni realizzate negli ultimi otto anni, concepite come altari cibernetici dedicati a un principio vitale: l’Acqua, la Terra, gli Animali, le Piante e l’Invisibile. È molto interessante come Domínguez adotti la struttura dell’altare – simbolo di culto e trasformazione – per riflettere su temi ecologici, spirituali e relazionali.

Le opere sono ambientate in spazi installativi che rimandano a santuari, in cui immagine, suono e oggetto convivono in una narrazione stratificata e aperta.

Patricia Domínguez, Altare dell’Acqua: La espíritu de las aguas, 2025, installazione multimediale, dimensioni variabili, progettazione mostra arch. Mariano Cuofano; The Ballad of the Dry Mermaids, 2020, 4K Video, audio, 31:57 min., commissionato da st_age, TBA 21, (foto di Francesco Squeglia).

Elemento di spicco del progetto è il dialogo con gli artigiani napoletani, che hanno contribuito alla realizzazione fisica delle installazioni. L’incontro tra pratiche artistiche contemporanee e saperi tradizionali del territorio risulta molto coerente con la visione curatoriale della Fondazione, che da anni lavora sull’integrazione tra arte, artigianato e rigenerazione urbana. In questo caso, la relazione tra globale e locale si traduce in un’estetica ibrida, dove materiali e linguaggi si contaminano senza forzature.

Il titolo stesso della mostra – Il cavallo bianco, gravido – evoca una sospensione tra forza e vulnerabilità, tra generazione e attesa. La metafora, volutamente ambigua, apre a molte interpretazioni senza forzarne alcuna. È proprio questa indeterminatezza a rendere l’approccio di Domínguez tanto attuale: l’opera d’arte non come manifesto, ma come spazio in cui convivono tensioni, desideri e possibilità.

Patricia Domínguez
Patricia Domínguez, Altari delle Piante, 2025, installazioni multimediali con dimensioni variabili (foto di Francesco Squeglia)

L’iniziativa si inserisce nel percorso della Fondazione Made in Cloister – attiva dal 2012 per promuovere la cultura come motore di trasformazione sociale – e di nonlineare, piattaforma indipendente fondata nel 2024 da Teresa Iarocci Mavica, con l’obiettivo di favorire pratiche artistiche capaci di creare connessioni tra discipline, geografie e comunità diverse.

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Antonia Cattozzo

Appassionata di qualsiasi forma d'arte deve ancora trovare il suo posto nel mondo, nel frattempo scrive per riordinare i pensieri e comunicare quello che ciò che ha intorno le suscita.

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