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Il grande miracolo di Pontida: Salvini come l’ayatollah Khomeini

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Il Capitano è sceso per l’ennesima volta dalla plancia di comando. Si è mostrato al suo pubblico. Le mani forti salde sul leggio, la testa protesa in avanti, il collo possente, lo sguardo fisso sugli occhi del suo popolo. La fronte madida e la camicia aperta sono i segni evidenti della forza fisica del Capitano, la ragion d’essere del suo corpo possente, grassoccio direbbero i detrattori: il Capitano suda e soffre per noi, tutte le sue energie, sovrumane, bestiali e divine al contempo, sono impiegate al servizio del suo incarico. Tenere dritta la barra del timone, salvare la nave dal naufragio, possibilmente buttare in mare gli sgraditi. «Capitano i viveri scarseggiano», «Capitano il mare è alto, abbiamo paura», «Capitano che ne sarà di noi?».

Il Capitano non ascolta queste voci, le conosce prima ancora che vengano pronunciate. In un atto carismatico quasi sacrale le sue dita tozze, sudate dalla forza con cui stringe il leggio e dal caldo che aleggia nel palco che gli hanno allestito, sgranano uno a uno le perle verde pallido di un rosario. «Dio è con noi» non lo dice, ma tutti comprendono. «Noi siamo dalla parte di Dio» realizza il Popolo: dalla parte della Giustizia assoluta, del Bene sommo, siamo puri anche noi, agnelli innocenti che rischiano il macello di fronte alle ingiustizie del mondo. Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, accogli le nostre paure, i nostri odi, i nostri rancori. Agnello di Dio vittima immacolata, dà un senso alla piccolezza delle nostre vite, alla miseria delle nostre richieste. E il Capitano capisce che il momento è giunto. Nasconde il rosario e procede all’assoluzione.

«Qui c’è gente che ama – dice il Capitano infondendo coraggio nei cuori dei suoi discepoli – un popolo che ha ritrovato il suo orgoglio. Per me difendere confini, cultura e lavoro di questo Paese è qualcosa per cui alzarsi la mattina». E prosegue, colto da uno Spirito ignoto, «I figli di ciascuno di voi sono figli miei, chiedo l’aiuto vostro e il vostro consiglio e lo continuo a chiedere umilmente». Il Popolo è con Lui, Lui è con il Popolo, in una piena Comunione di intenti. È il momento, capisce il Capitano, e allora conclude con l’invocazione sacrale. «Ce la faremo» dice «Ce la faremo con la battaglia di chi è quaggiù e di chi è lassù». Dio è con noi, i nostri cari defunti, ricettacolo delle nostre preghiere, i morti di cancro, quelli morti di incidente, i nonni, i cari genitori, tutti tutti tutti. Tutti sono con noi, noi siamo la buona causa. Siamo nel Giusto. Dio è con noi.

E l’assoluzione è completa.

C’è qualcosa di misterioso nel carisma di Matteo Salvini. La forza con cui è riuscito a prendere in mano le redini della politica e dell’opinione pubblica per scuoterle a proprio piacimento è immensa. Tuttavia su Salvini, “il Capitano” per i suoi elettori, e sulla sua bravura di cavalcare l’ondata populista si sono spesi fiumi di parole. Poco si è detto invece del suo popolo, i suoi elettori. Cosa ci trovano in lui? E lui, come fa ad accattivarseli in questo modo? La tesi di questo articolo è che si tratti di un miracolo della Provvidenza. O meglio, detto in altre parole, Salvini vince perché è riuscito a toccare delle corde nascoste del popolo italiano, quelle più profonde: la nostra sommersa profondissima religiosità. Ma andiamo con ordine.

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Il discorso di Pontida, da cui sono state tratte le brevi battute riportate poco sopra, è il corpo del Miracolo. Cinque anni fa lo stand della Calabria alla festa della Lega di Pontida sarebbe stato accuratamente evitato e qualcuno avrebbe chiesto loro di muoversi altrove. Dieci anni fa, ai tempi di Umberto Bossi, lo avrebbero gioiosamente preso a sassate. Oggi, come le gallery dei quotidiani nazionali dimostrano, la festa della Lega è diventata la festa del grande popolo d’Italia: i pallidi e rugosi visi dei contadini padovani affiancati dagli occhiali da sole e dalle polo col colletto alzato di giovani leghisti napoletani, giunti apposta nelle inospitali valli bergamasche per questa grande festa nazional-popolare, per la gioia di essere insieme tutti quanti di fronte alle parole del proprio leader. Fatta l’Italia facciamo gli italiani. Salvini, leghista, c’è riuscito. L’Italia è unita. Miracolo! Miracolo!

Ma così come l’apparizione della Madonna di Lourdes sarebbe stata impossibile senza grotta e pastorelli, allo stesso modo il Miracolo della Lega al 30% nei sondaggi sarebbe impensabile senza il corpo fisico su cui la Provvidenza ha agito: il popolo italiano.

La triste verità è che tutti noi, religiosi o atei, abbiamo una coscienza la quale, armata di propensione al senso di colpa, confligge continuamente con la nostra necessità di autostima. La Santa Chiesa Cattolica ha provveduto con l’istituzione della confessione. «È vero fratello – ci dice il prete dietro la cortina del confessionale – hai fatto delle cose malvagie, ma lo facciamo tutti e Dio tutti ci perdona. Rasserenati, vai pace e cerca di non peccare più». Quello che fa Salvini è qualcosa di diverso. Lo scopo non è rimuovere le azioni malvagie, cioè la causa del senso di colpa, ma rimuovere il senso di colpa per poter spingere il popolo all’azione.

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Tutti noi quando uno straniero ci chiede la carità ci sentiamo in colpa se poi rifiutiamo; idem siamo tristi di dover assistere impotenti al nostro amico, cugino, nipote che non trova lavoro e non riesce a metter su famiglia. Siamo poi tutti esposti alle critiche di egoismo quando anteponiamo le nostre piccole richieste – un po’ di sicurezza sul lavoro, la possibilità di fare due settimane di ferie, di andare in pensione un po’ prima – alla considerazione che “insomma, c’è gente che sta peggio”. Vorremmo le parole giuste, la scusa adatta. Insomma a tutti dà fastidio, e francamente anche un po’ di paura, trovarci nell’imbarazzo di dover assistere a scene che non ci piacciono con la consapevolezza che non possiamo farci assolutamente nulla.

Salvini, padre della Rivoluzione Populista (come ha detto qualcuno), ha trovato la soluzione: religione e vittimismo, due facce di una stessa medaglia. I tratti religiosi del discorso Salviniano sono evidenti: il richiamo ai morti che ci guardano da lassù, le citazioni dal Vangelo e dal Catechismo, i rimandi all’amore e alla necessità di amarci l’uno con l’altro. Quello che risulta complesso è spiegare come questi richiami riescono a stare in un messaggio sostanzialmente di odio e paura. Paura verso il diverso, che diventa odio verso lo straniero. Per rispondere bisogna guardare più in profondità e si troverà un potente simbolo cristiano: l’agnello, la vittima, il martire.

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Se percorriamo il discorso di Salvini a Pontida lo troviamo zeppo non solo di riferimenti religiosi, ma di una vera e propria retorica messianica. Nel mondo la Verità – cioè il Buon Senso e la Fede così come insegnata negli oratori di provincia, ovvero abitudine e paura, omologazione e semplificazioni del Vangelo che diventano mere parole chiave nelle menti dei più semplici “amore, catechismo, Vangelo, mamma e papà, gioia, bontà” – è minacciata dalla Malvagità del mondo: malvagità incarnata da (frasi tratte dal discorso di Pontida) «chi aveva solo a cuore le sorti della finanza e delle multinazionali e ci ha offerto un futuro di precarietà e di paura, dove il lavoro a tempo indeterminato e la pensione sono sogni», «quelli per cui non esistono confini e regole. Esistono solo diritti e non doveri», gli «speculatori che anche quest’anno pensavano di guadagnare 5 miliardi con il business dell’immigrazione», Bruxelles, Berlino, l’Europa, il PD e tutti quelli che «cercano di farci litigare coi nostri compagni di viaggio e di governo» e infine personaggi secondari, aiutanti di questo male che imperversa nel mondo, veri e propri farisei come «il collega bello riposato che è stato sul divano e vi chiederà cosa avete fatto per essere così stanchi. Vi dirà xenofobo, razzista» oppure quelli dei sondaggi che «li fanno apposta negativi prima delle elezioni e li fanno apposta positivi dopo le elezioni perché qualcuno si monti la testa».

 

In questo mondo dicotomico Salvini è naturalmente il Capitano della squadra del Bene, colui che garantirà la Salvezza a chi lo vorrà seguire: non certo la Vita Eterna, per carità, ma di sicuro l’assoluzione dal senso di impotenza di fronte ad un mondo che sembra frantumarsi e la salvezza dalla paura di non sapere come sarà il mondo tra vent’anni di fronte a questi incredibili e velocissimi cambiamenti di oggi. “Seguitemi ciecamente” sembra dire Salvini “ho io la soluzione”.

Afferma il Capitano a Pontida: «Vi do la mia parola d’onore, se per dare un futuro ai nostri figli, per evitare che scappino all’estero perché non c’è lavoro dopo diploma e laurea, se per fare stare meglio la nostra gente dovrò ignorare uno zero virgola imposto da Bruxelles, quello zero virgola per me vale niente. Conta di più la felicità di un popolo». Questa frase è un capolavoro: riassume in sé tutto il senso del messaggio del Vangelo Salviniano: da una parte c’è l’impotenza del popolo, vittima frastornata fra due fuochi, le armate del Bene e le armate del Male, e dall’altra c’è il Salvatore Salvini che decide di farsi Agnus Dei e di caricare su di sé non “tutti i peccati del mondo” ma tutte le piccole frustrazioni del piccolo elettore italiano. In questo modo tutto diventa più semplice da spiegare agli altri e soprattutto a se stessi:

Gli africani per strada a chiedere la carità? Sono nuovi schiavi messi sulle barche dal business dell’immigrazione.

Mio cugino che ha studiato all’artistico e non trova lavoro se non come cameriere o commesso in nero? Colpa delle multinazionali e dell’Europa dei banchieri che ci impone regole sul lavoro.

Ho 60 anni e ho voglia di andare in pensione ma la fatidica data si allontana sempre più? Colpa dell’Europa dello “zero virgola” (= senza buon senso), a cui non interessa la felicità dei popoli.

Un capolavoro. Nell’imbarazzo del dover giustificare un mondo che non capiamo ci basterà dire: «Che ci possiamo fare? Abbiamo i poteri forti contro». Non dobbiamo quindi agire SUL mondo o su di noi, per stare meglio dobbiamo agire SUL MALE CHE GOVERNA il mondo: in sostanza cambiare le élite.

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Questo messaggio è altamente pericoloso soprattutto per la sua generalità: non si analizzano i problemi, perché questi sono risolvibili facilmente con il cambio di vertice. Non si parla di strategie per raggiungere il potere: l’unico modo è il martirio, o meglio, l’andare pugno duro, testa alta, contro le autorità costituite e ritenute ingiuste, come Bruxelles, i banchieri, i mercati. Naturalmente come tutti i martiri l’esito non potrà che essere la morte, o meglio, la sconfitta, il passaggio ad una situazione ancora più svantaggiosa. Solo così però il piano di Salvini si potrà realizzare: se sarà tutta la Nazione a subire una reazione negativa dall’esterno (sfiducia dei mercati, multe dell’UE, …) allora tutta la Nazione convoglierà intorno a chi è al governo per unirsi contro il nemico percepito come comune (l’Europa dei Mercati). E sarà a quel punto, e solo a quel punto, che la Lega otterrà il massimo dei voti.

Tutto questo ricorda qualcosa, forse la prima Rivoluzione populista della nostra epoca: era il 1979, si era a Teheran.

L’ayatollah Khomeini, esiliato in un piccolo paesino francese, atterra all’aeroporto di Teheran dopo la fuga dello Scià. La rivoluzione fino a quel punto era composta da una grande pluralità di voci: c’erano i nazionalisti, i comunisti, i religiosi, i piccolo borghesi. Khomeini riesce nell’impossibile: grazie ad una retorica fatta di un’analisi dicotomica dei problemi del Paese e dotata di forti afflati messianici che vedeva da una parte le vittime (i poveri, i diseredati, ma dove facilmente trovavano posto anche i commercianti piccolo borghesi) e dall’altra gli oppressori (lo Scià, Israele, gli Stati Uniti), riuscì a convogliare in un’unica grande voce tutte le anime della Rivoluzione, ottenendo così l’egemonia nel nuovo establishment. Senza morti e senza sovrani in fuga Salvini sta facendo qualcosa di simile con il Governo del Cambiamento. Nella lotta tra Oppressi e Oppressori è lui il leader carismatico che guiderà i popoli europei a tornare al potere contro l’Europa dei Banchieri, così come Khomeini voleva essere la guida dei popoli musulmani nella loro ribellione contro l’imperialismo statunitense.

La vera vittoria della Rivoluzione islamica si verificò però solo a seguito dell’invasione militare compiuta da Saddam Hussein nel 1980: qui tutto il popolo iraniano si unì con chi era al potere contro l’invasore. L’establishment islamico trovò la sua legittimazione e ogni altra voce (i comunisti, i nazionalisti, ecc..) fu silenziata con la scusa che avrebbe portato ad un possibile indebolimento del Paese in un momento così critico.

Con la Lega non siamo ancora a questo punto e probabilmente non ci arriveremo mai, ma le dinamiche sono le medesime: retorica messianica, vittimismo e complottismo, un consenso che si alimenta con il deterioramento delle relazioni con i vicini e con l’isolamento politico.

Cosa aspettarci ora? Salvini si dice pronto a stare al governo per trent’anni, la Repubblica Islamica al momento di anni ne ha quasi quaranta. Come sopravvivere?

Un primo passo potrebbe essere quello di ricordare a Salvini che il suo “popolo” alle elezioni del 4 marzo contava meno elettori di quello che ha votato il PD. La vera lotta di questi mesi (o forse anni!) sarà spiegare al mondo che Salvini rappresenta solo alcune delle tante voci che compongono la plurale società italiana. Solo così si batte il populismo: rimuovendo il “popolo”, mettendoci le persone.

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