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Vincenzo Galdi, I giardini proibiti, Algeri 1900.

Il vizio d’Oriente: il migrante come oggetto del desiderio

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19 minuti di lettura

Il Maghreb, fino alla seconda metà del ‘900, fu una colonia francese. Comprendeva: l’Algeria francese, il protettorato francese del Marocco, il protettorato francese in Tunisia. 

Vi è una teoria alla base della distinzione fra paese colonizzante e paese colonizzato: ossia quella di una superiorità prima genetica poi culturale. Sull’intero continente africano fu perpetrato – e tuttora, in talune zone, continua ad esserlo – un’ideale di superiorità bianca. Non solo in termini sociali e politici, ma anche ideologici, al fine di legittimare un’occupazione violenta e, spesso, in contrasto con gli ideali autoctoni. 

Di fatto, l’occupazione occidentale delle terre del Maghreb sancì una superiorità nei confronti dell’arcaizzante Oriente, aprendo nell’immaginario collettivo un’idea di terra esotica ed erotica.

Si istaurò un’ideale comune che perseverava una superiorità razziale rispetto a un gruppo etnico ritenuto schiavo del vizio, dal carattere decadente tipico di una società inferiore, in questo caso quella arabo-musulmana. 

I colonizzatori identificavano nell’omosessualità il “vizio orientale” per antonomasia. L’idea alla base di questa classificazione del tutto occidentale e sovranista, era quella di screditare un mondo fazioso, subalterno e arretrato come quello che appariva agli occhi dei colonizzatori. E, di conseguenza, per permettere alle popolazioni colonizzate di uscire dal loro “stato selvaggio”, era necessario “addomesticarle”, o “educarle” in termini più umanitari e occidentali.

Così sociologici, medici, e psichiatri presero ad analizzare queste forme di società diverse. Riscontrandovi immediatamente una devianza sessuale, che, naturalmente, ai loro occhi, appariva come il peggior peccato della carne. A quei tempi vi era una corrispondenza sociologica fra la devianza sessuale e una psicologia individuale “violenta”. Per cui, gli studi si concentrarono anche sull’anatomia degli arabi sodomiti, riscontrando formazioni anatomiche che sembravano avvicinare il mondo arabo alla pratica omosessuale. 

Kocher (medico legale) notò che tra i sodomiti passivi arabi che aveva visitato, l’ano non presentava lesioni simili a quelle abitualmente rilevate tra gli europei dalle osservazioni di Tardieu. Perplesso davanti all’elasticità preservata dall’orifizio anale Kocher lasciò intendere nei suoi commenti che, per quanto fosse un atto «contro natura», gli arabi avrebbero avuto una predisposizione quasi «naturale» alla sodomia passiva.

Secondo questi stessi studi sul campo, a favorire le pratiche omosessuali era proprio la natura dei legami parenterali istauratasi nel mondo musulmano. Il matrimonio poligamo, cioè, essendo una saturazione e una compensazione di tutti i desideri lussuriosi, incrementava, paradossalmente, il desiderio omosessuale negli arabi. Ossia, la sovrabbondanza di un bene facilmente raggiungibile quale poteva essere il rapporto sessuale eteronormativo, aumentava la ricerca di un bene difficilmente reperibile quale poteva. essere, invece, il rapporto sessuale fra due uomini. O due donne.

Tra le colpe, si inseriva anche la legge coranica, che vedeva nel sesso non solo un dovere volto alla procreazione, ma anche un piacere carnale.[1]

In Algeria e in Tunisia, la pederastia è pratica corrente. I giovani mori si donano ai cittadini, mentre i nomadi violano per disprezzo un prigioniero e per vendetta un nemico. È un’occasione frequente di colpi, ferite e anche di omicidi, la cui causa scatenante è il regolamento di conti o la gelosia. Fra le truppe indigene, è frequente. Si può dire che lo sia allo stesso modo in tutto il continente nero, soprattutto tra i paesi sottomessi alla dominazione dei musulmani, e ovunque si trovino schiavi.

Julien Chevalier, L’inversion sexuelle

Ciononostante, ci fu una vera e propria fascinazione degli occidentali nei confronti degli immigrati, specie di provenienza maghrebina. E la scoperta di luoghi e culture diverse – e inferiori – erano non solo argomenti di studio, ma veri e propri fattori di spinta di movimento. L’orientalismo era una fonte di attrazione turistica, il che ha giustificato a lungo la pratica del Grand Tour. Intrinsecamente legata, tra l’altro, al turismo sessuale.

Immigrato

A parere di chi scrive, un’idea di superiorità anche sessuale di questo tipo legittima e giustifica l’esperienza migratoria di Salah Methnani, raccontata a quattro mani con Mario Fortunato, in Immigrato (Theoria, 1990). 

Laureatosi in Tunisia, Salah decide di partire alla volta dell’Italia, “Paese incantato e felice”. 

A Tunisi, mi sentivo soffocare. Io sognavo di andarmene, prima o poi. In molti ragazzi come me, il mito dell’Occidente era grandissimo. Nei caffè, la sera, si parlava della Francia e dell’Italia. Qualcuno era già partito e, si diceva, aveva naturalmente fatto fortuna. Molti amici e conoscenti, tutti giovanissimi, consideravano le cose in modo assai semplice. Si pensava che il lavoro ci fosse dappertutto, che le donne ci stavano e che gli uomini erano tutti froci. Per dire che uno era omosessuale, pronunciavano la parola hsan che, in arabo, significa cavallo. Vuol dire anche finocchio.

Immigrato, pg. 12

Aggiunge che anche a Tunisi i guadagni erano facili con gli omosessuali occidentali, che visitavano Tunisi alla ricerca di avventure esotiche, lasciando promesse ai giovani: “se verrai a trovarmi, ci penserò io a te”. Di altri guadagni facili si parlava, d’altronde, e tutti implicavano la droga. Ma Salah, giovane, speranzoso e scolarizzato, sapeva di avere ben altre possibilità. Né la prostituzione – o il servilismo sessuale perpetrato dall’occidentale – né lo spaccio di droga lo riguardavano. 

Il viaggio

Così Salah parte. Approda inizialmente a Mazara del Valle, in provincia di Trapani. Sin da subito scopre che l’ideale utopistico collocato nell’immaginario collettivo tunisino era ben lontano dalla realtà. Nel Sud d’Italia, si rende conto di essere emarginato fra gli emarginati. Non riesce ad avvicinarsi né ai suoi connazionali maghrebini, né alla popolazione autoctona, resa cinica dalla situazione politica ed economica del Mezzogiorno. A Mazara del Valle soffre il razzismo degli italiani e l’emarginazione dei connazionali. Inoltre, non riesce a trovare alcuna occupazione a causa del suo stato di clandestinità. 

Una sera, per strada, una Fiat Uno lo tallona. Un uomo sta cercando di rimorchiarlo. Salah non si ferma. E l’episodio cade nel vuoto. 

Decide così di ripartire, dando inizio alla sua risalita lungo la penisola italiana. Palermo gli appare immediatamente sporca, “come se la povertà e il disordine si fossero attaccati ai muri, all’asfalto, all’aria”. Gli immigrati gironzolano attorno alla stazione, e scoprirà presto essere ritualistico in tutte le città in cui soggiornerà. Incontra Jamel, nella pensione in cui alloggia. “Jamel parla della sua speranza di incontrare un omosessuale che lo mantenga.” 

A Palermo affronta da vicino, per la prima volta, la realtà della sessualizzazione dell’immigrato come oggetto del desiderio occidentale. Gironzolando con un amico del suo compagno di stanza, si rende conto che un’auto li segue fino all’ufficio telefonico, dove i due avrebbero dovuto mettersi in contatto con la famiglia. L’uomo, Sandro, chiede loro se vogliono andare a casa sua per bere qualcosa. Rached accetta. Vi è allegria, nell’italiano, e affabilità. Mostra foto della sua gioventù, offre dolci e birra. Rached è ubriaco e si lascia toccare da Sandro. Chiede centomila. L’uomo glieli dà. Si chiudono in camera mentre Salah aspetta in salotto. Accende la televisione per non sentire il giovane che, dalla camera da letto, in arabo, gli dice di cercare qualcosa di valore da rubare. 

Salah vive il momento con profondo disagio e profondo disprezzo. Non accetta la prostituzione, anzi la rinnega, ma il disagio abitativo ed economico non gli permettono di sentenziare.  Resta in silenzio, si lascia anzi obnubilare. Sa che nell’altra stanza avviene un gesto disperato, ma dopotutto accettabile, sia per chi lo compie che per chi lo subisce.

Il primo volto amico incontra a Roma è Samir, uno spacciatore di eroina. Gli mostra dove dormono lui ed altri immigrati: nei treni fermi in stazione. Gli racconta di aver incontrato un uomo che lo aveva pagato solo per farsi mostrare il cazzo. Ora Samir spaccia. Dopotutto, secondo la sua opinione, è un guadagno più onesto. 

A Roma Salah incontra finalmente un giovane imprenditore disposto a pagarlo in cambio di una prestazione lavorativa. Per una settimana si reca al suo ufficio per imbiancargli le pareti. Ma, alla fine, accampando scuse, Massimiliano non lo paga. Nuovamente Salah assorbe l’episodio con cinismo. 

Wahid, un connazionale, gli racconta la sua disavventura lavorativa: cercava lavoro come commesso in un negozio di motorini e il proprietario lo aveva gentilmente indirizzato da un amico. Wahid si era subito reso disponibile per l’offerta lavorativa, dovendo tradurre testi in italiano dall’arabo. Certamente una mansione che rappresentava l’ideale dell’Occidente come terra di promesse e di fortune. Ma, giunto all’ufficio, si era subito reso conto della stonatura: giovani ragazzi, soprattutto minorenni, inscatolavano oggetti. Nell’unica altra stanza vi era un letto. La proposta lavorativa diventa così di natura sessuale, Wahid per guadagnare qualche soldo dovrà solo andare a letto con l’uomo e, ogni tanto, con qualche. suo amico. Inoltre, dovrà posare per alcune fotografie e girare qualche film erotico. “L’uomo non dice pornografia, dice proprio erotico.”

Mi chiedo perché gli omosessuali occidentali considerino noi nordafricani, sempre e comunque, disposti a tutto: non importa quello che provi, basta pagare. È vero: molti, troppi ragazzi tunisini o marocchini pensano, venendo in Italia, che basta trovarsi un frocio per risolvere i propri problemi. È vero: ma questo non basta a giustificare un accidente.

Immigrato, pg. 62

Salah, nei giorni seguenti, cerca nuovamente Massimiliano. Infine, riesce a farsi dare un piccolo acconto, con la promessa di essere pagato in seguito. Massimiliano gli dice di cercare un suo amico, Emilio, per un altro lavoro come imbianchino. Salah è indeciso sull’accettare o meno, infine si reca all’appartamento. Emilio gli paga immediatamente l’anticipo, ma durante i giorni in cui si reca nella sua abitazione per lavorare, Emilio esplicitamente mostra un interesse sessuale. nei suoi confronti. 

Mi infilo sotto la doccia. Emilio sta parlando al telefono. Di colpo, Emilio è entrato in bagno. Io sono imbarazzato. Lui mi guarda in maniera strana. Dice: sei carino. Mi accarezza la schiena, esce.” I due non parlano dell’accaduto e così, il giorno dopo, Salah si reca nuovamente all’appartamento per svolgere la sua mansione. “Durante l’interruzione per il pranzo, Emilio mi domanda più volte se sono mai stato a letto con un uomo. Rispondo di no. Non ci hai mai pensato?, insiste. No, o forse non lo so. Lui dice: non è male.” Nello stesso pomeriggio, prima di riprendere a lavorare, fumano uno spinello. I sensi di Salah sono alterati dalla droga. Emilio lo accarezza. Tra i due vi è uno scambio verbale di natura erotica, dove Emilio gli chiede di maltrattarlo e di schiaffeggiarlo, in un chiaro gioco erotico di dominatore e dominato. 

Che Emilio tragga piacere dall’essere verbalmente e fisicamente violato da un immigrato? 

L’episodio chiude anche la serie di racconti di natura sessuale vissuti da Salah lungo il suo pellegrinaggio. Da Roma si trasferirà a Firenze, e da Firenze passerà a Padova, poi a Torino e infine a Milano. Svolgerà mansioni di diverso tipo, dalla vendita abusiva, al piccolo spaccio, pranzando in centri di accoglienza e dormendo in case occupate. Finché non riuscirà ad integrarsi alla società italiana.

La questione sessuale  

Immigrato di Mario Fortunato e Salah Methnani, oltre ad essere uno dei primi romanzi della letteratura migrante, è anche prova degli atteggiamenti sessuali che intercorrono fra, in questo caso, gli italiani e gli stranieri.  

Il dominio politico e culturale si riflette immediatamente in quello sessuale. Il carattere esotico dell’immigrato è fonte di piacere per l’omosessuale italiano. Ma non solo, vi è la certezza, per tutti i migranti, che sia un guadagno facile, quello della prostituzione, perché consapevoli dell’attrattiva che offre il bene che posseggono.

Il meccanismo riguarda la possessione dell’italiano di un essere umano inferiore. E bisognoso. Si tratta realmente di sesso facile: da una parte, la necessità di guadagnare qualche soldo, dall’altra, il bisogno di soverchiare il più debole. Ma non solo. L’idea che l’immigrato sia disposto a compiere un atto sessuale che non rientra fra i suoi desideri, fa parte dell’immaginario collettivo occidentale.

Il carattere esotico, che rimanda alla vita negli harem, alla concupiscenza, al vizio, anche, di un Paese ritenuto non scolarizzato, non civilizzato, e quindi più propenso all’istinto, è decisamente una fonte di attrazione. Che non riguarda solo la necessità di soddisfare un bisogno – come può essere l’istinto sessuale – ma anche la necessità di raccogliere un frutto proibito, di toccare con mano un ideale utopistico che, come ha chiarito Salah Methnani, poco si avvicina alla realtà.

Il colonizzatore si mostra anche negli occhi e nelle mani dell’approccio facile, diretto, sicuro, su una minoranza etnica che ricerca libertà e indipendenza, e si trova invece incastrata in uno stereotipo.

La visione ottocentesca dell’arabo omosessuale (vizioso, violento, antireligioso) fortificava la superiorità dell’uomo bianco. E per questo, dagli anni della colonizzazione, l’immaginario anziché diminuire si accresceva.Il che giustifica pienamente l’atteggiamento degli uomini nei confronti dei migranti.

Il desiderio sessuale nei confronti degli stranieri arabi ha – seppure in maniera incondizionata, forse velata, quasi certamente macchiata dal bisogno di possessione – radici lontane, fondate proprio sul rapporto di potere fra colonizzatore e colonizzato.


[1] Jean-Raphaël Bourge, Colonialismo, omosessualità e mondo islamico nell’immaginario erotico europeo tra Otto e Novecento in Le trasgressioni della carne. Il desiderio omosessuale nel mondo islamico e cristiano, sec. XII-XX, Umberto Grassi e Giuseppe Marcocci

Giulia Lamponi

Giulia, Bologna, studentessa di Lettere Moderne, amante della letteratura, aspirante giornalista. Ogni tanto scrivo, ma più che altro penso.