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Julio Cortázar

Ironia, musica e linguaggio in Cortázar

12 minuti di lettura

Ironia, musica e linguaggio rappresentano tre componenti centrali e imprescindibili all’interno dell’universo letterario di Julio Cortázar; tre ingredienti che, interiorizzati e rielaborati narrativamente, trovano poi riscontro pratico nella strutturazione dei suoi racconti e dei suoi romanzi. Lungo l’intero arco della produzione artistica dell’autore argentino uno dei quesiti che maggiormente emerge, situandosi come sottofondo costante ad ogni opera, è quello riguardante la possibilità di un utilizzo nuovo e rinnovato del linguaggio, avulso dall’uso che se ne fa convenzionalmente, all’interno dei libri e della società, e capace di rivelare e descrivere una realtà più vera e profonda.

Questa ricerca di una “voce” altra si accompagna al graduale processo di avvicinamento ad una modalità originale e sui generis di concepire l’essenza stessa dell’uomo e della sua visione del mondo. In Rayuela, le parole di Gregorovius sono molto esplicite a riguardo: «Non si può rivivere il linguaggio se non s’incomincia con l’intuire in modo diverso quasi tutto ciò che costituisce la nostra realtà. Dall’essere al verbo, non dal verbo all’essere». Per questo motivo Cortázar valuta negativamente gli esperimenti linguistici e gli artifici retorici portati avanti dai surrealisti, colpevoli, secondo lo scrittore argentino, dell’incapacità di inscrivere le loro sperimentazioni poetiche entro un più ampio processo di riscoperta del rapporto tra parola e vita.

Il linguaggio per Julio Cortázar cessa di essere un mero strumento estetico per divenire veicolo primario di un processo conoscitivo esistenziale e metafisico istintuale, non gerarchico, quasi primordiale. Sempre in Rayuela, romanzo in cui le riflessioni metalinguistiche toccano il loro apice, Cortázar affida a Morelli, suo alter-ego finzionale, queste parole: «Lo scrivere unicamente estetico è un sotterfugio e una bugia».

Le parole dunque devono farsi carico delle problematiche più angosciose e urgenti dell’uomo contemporaneo, aggredendo i loro stessi limiti, spingendosi oltre la spossante superficialità sia del linguaggio comune che del linguaggio puramente letterario-formale. Ciò può avvenire solamente grazie al coraggio dello scrittore ormai stanco di retoriche stantie, vecchie scuole di fraseggio, criteri conformistici e retaggi antichi, e voglioso invece di vagliare nuove e moderne prospettive.

Julio Cortázar è ossessionato sin dai periodi iniziali di studio e formazione dalle possibilità e potenzialità immense e inesplorate che il linguaggio permette e che la letteratura “tradizionale” non ha saputo scovare, innescare e tramandare. Le sue valutazioni teoriche e riflessive sulla lingua sono poi alla base dei successivi tentativi letterari di destrutturazione del sistema linguistico, sintattico e romanzesco; proprio per questa ragione la dialettica con le forme del linguaggio è uno dei fattori portanti del suo sviluppo narrativo.

Tale predisposizione alla sperimentazione linguistica e alla rottura delle forme narrative assume, all’interno della creazione letteraria cortazariana, un ruolo preminente, garantendo, più del contenuto
stesso della narrazione, l’attuazione dei meccanismi di slittamento e di passaggio da una prospettiva all’altra, da una realtà all’altra, così caratteristici dei racconti neofantastici dello scrittore argentino. Ma questo doppio processo di riflessione sulla lingua e di ricerca all’interno della lingua stessa si accompagna imprescindibilmente, in Cortázar, a due altre componenti di grande importanza: l’elemento musicale e l’elemento ludico-umoristico. La musica è stata per l’autore argentino una delle passioni più viscerali, vissute e agognate e non è un caso che la tematica musicale ritorni spesso all’interno delle sue opere, non solo come argomento o ambientazione o atmosfera, basti pensare a Il persecutore, incentrato sulla figura di Charlie Parker, o ai numerosi brani di Rayuela in cui il jazz è al centro delle conversazioni dei protagonisti, ma come possibilità stessa di creazione e di sviluppo dell’elemento linguistico e narrativo.

Esistono numerose affinità tra la composizione jazzistica e quella stilistica e formale in Julio Cortázar, soprattutto nei racconti. Lo scrittore argentino è affascinato dalla musica jazz per le sue capacità trasgressive e creative, per la sua tendenza alla soluzione e alla riproposizione ritmica improvvisa o reiterata, e intravede nelle sessions, nelle contraddizioni tonali, nei contrasti melodici, un modello possibile ed efficace da riproporre traslato anche nell’articolazione narrativa e nello scioglimento delle frasi e dei periodi. Soprattutto nei racconti neofantastici il trattamento “musicale” del linguaggio e della sintassi permette e garantisce la fusione finale di quelle due realtà differenti, razionale ed irrazionale, intorno alle quali spesso gravita l’intera narrazione. Questo procedere per assonanze con la composizione jazzistica, che arriva a condizionare persino la minima articolazione sintattica, in quel gioco di sovrapposizioni di piani e prospettive così caratteristico dei racconti cortazariani, si riverbera dunque sia come modello di composizione paradigmatico e influenzante, sia come metafora e affinità intellettiva e artistica.

Ed ecco perché il connubio musica-linguaggio, inteso come sistema ramificato, diviene così inscindibile. Lo stesso Cortázar si sofferma in più di un’occasione su questa concezione fluida e musicale del ritmo narrativo e linguistico, affermando che tale inclinazione verso uno sviluppo “libero” e intuitivo della frase e del periodo, privo di sudditanze sintattiche, si impone spesso in modo quasi involontario, senza eccessive rielaborazioni autoriali. Il processo di scrittura “naturale” non solo permette lo sviluppo di una prosa fluida ed avvolgente, ma produce anche un “contatto speciale” con il lettore, istituendo una dialettica attiva e partecipativa.

Altre due delle componenti basilari del cosmo letterario cortazariano sono l’ironia e, in stretta connessione ad essa, il gioco, l’elemento ludico. Due aspetti che agiscono e si affermano contemporaneamente all’interno di molti dei testi dello scrittore argentino. Il gioco è parte integrante della ricerca esistenziale e narrativa di Julio Cortázar, basti pensare ad alcuni titoli delle sue opere, come Il viaggio premio, Il gioco del mondo (Rayuela), Fine del gioco, o a molti racconti in cui lo sviluppo narrativo ruota intorno a situazioni ludiche. Per Cortázar il gioco si attua su più livelli, da quello linguistico a quello conoscitivo a quello dialettico, come elemento paradossalmente capace di trasmettere un senso e un
significato difficilmente trasmettibili in altro modo
. Da ciò deriva una forte predisposizione all’elemento ludico come possibilità di sperimentazione con la lingua e come efficace veicolo di espressione e di interrogazione. Ma questa inclinazione costante al gioco, frutto dell’inesauribile do ut des tra animo fanciullesco e animo adulto, oltre che a manifestarsi con evidenza sul piano letterario, si carica molto spesso di significati più profondi e ancestrali. Il mondo della fanciullezza, indissolubilmente legato agli aspetti giocosi, spensierati e leggeri dell’esistenza, rappresenta per Cortázar la possibilità più pura di varcare le soglie e i limiti angosciosi imposti dalla realtà corrente e circostante.

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L’elemento ludico, così come quello musicale declinato all’interno del sistema linguistico e tematico della narrazione, non viene limitato dunque ad una posizione marginale o meramente contrastiva, ma assume un ruolo ben più complesso e articolato, associandosi anch’esso a quel tentativo di scoperta di una realtà più vicina all’uomo. Nell’opera di Julio Cortázar però al “sentimento” del gioco si accosta in maniera inevitabile anche una forte impronta ironica e umoristica. L’umorismo in Cortázar è un altro elemento che viene rivestito di un ruolo decisivo. Componente capace di distruggere, dissacrare, svelare e poi ricostruire, lo humor, da non confondere con la comicità, permette un approccio narrativo solo apparentemente superficiale, ma in realtà in grado di sollevare gli interrogativi più pressanti e irrisolti.

L’elemento umoristico nell’opera di Julio Cortázar, risvolto inevitabile di una percezione obliqua e straniante della realtà, deriva principalmente da due autori decisivi per lo sviluppo poetico dell’autore argentino: Alfred Jarry e soprattutto Macedonio Fernández. Se la patafisica di Jarry, “scienza delle soluzioni immaginarie”, rincorrendo la conoscenza di una realtà supplementare alla nostra attraverso il particolare, l’ironia e l’eccezione alla regola, è stata uno dei principi orientativi per la ricerca cortazariana di una letteratura capace di andare oltre l’ingenua e sterile piattezza di ogni realismo fine a se stesso, è proprio la lettura dei testi di Macedonio Fernández che apre a Cortázar le porte di un umorismo oscuro, a doppio fondo, astruso. Sotto i numi tutelari di Jarry e Fernández, lo sviluppo della componente umoristica nei testi di Cortázar si insinua tra le pieghe e gli angoli più nascosti delle strutture narrative, sia nei romanzi, che nei racconti (anche se in grado minore), dando vita a uno humour spiazzante e lunare, a volte onirico, più spesso astratto e concettuale.

Niccolò Amelii

 


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