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Manifestazione degli aspiranti medici il 13 marzo 2019 a Roma

«Laureati in medicina, non possiamo diventare medici»

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4 minuti di lettura

Titoli sensazionalistici riportano, con frequenza crescente, la carenza di medici in Italia; nonostante ciò il numero di dottori potrebbe ridursi ulteriormente viste le circostanze attuali. Dopo un test d’ingresso, sei anni di studio, esami e tirocini, ai neolaureati in Medicina e Chirurgia si è presentato un ulteriore ostacolo prima di poter realizzare il loro sogno e divenire medici a tutti gli effetti. Sono in 1300, laureati in Medicina e Chirurgia nelle sessioni di dicembre 2018, febbraio e marzo 2019, a non poter sostenere l’Esame di Stato ed iscriversi all’Albo dei medici.

Cosa è successo?

Mentre in diversi Paesi d’Europa (fra cui Germania, Francia e Spagna) il conseguimento della laurea in medicina è di per sé abilitante alla professione medica, in Italia sono necessari lo svolgimento di un tirocinio post-laurea di tre mesi e il superamento di un esame scritto, le cui domande sono attinte da un database noto.

Il decreto Fedeli (9 maggio 2018, n. 58) ha però previsto importanti cambiamenti, a partire dalla sessione di abilitazione di luglio 2019: l’introduzione del tirocinio abilitante durante il corso di studio e l’inserimento di un nuovo esame, basato sul modello del progress-test e non su un database noto.

Fin dall’approvazione del decreto, sono state chiare le molte criticità che esso avrebbe comportato, fra cui l’iniquità di sottoporre laureati nello stesso anno accademico (2017-2018, in cui si includono anche le sessioni di laurea di febbraio-marzo 2019) a due esami di Stato diversi.

Da non sottovalutare anche la riduzione del numero di abilitati: se difatti ad oggi la percentuale di successo con il vecchio test è più del 98%, con una simulazione dell’esame con le nuove modalità, gli esiti positivi sono stati appena superiori al 70%.

È evidente la gravità dell’insuccesso all’esame di Stato: un laureato in medicina non abilitato non può svolgere in nessun modo la professione medica.

Ulteriore problematica si è rivelata la ridotta tempistica per l’organizzazione dei nuovi tirocini in itinere e per l’elaborazione di un nuovo test.

Il risultato è che ad oggi non vi è ancora un bando per i 1300 neolaureati, con il rischio di non poter svolgere l’esame di Stato a luglio e ritardare ulteriormente l’ingresso nel mondo del lavoro.

Ciò aggrava la frustrazione generale dei futuri medici, già alle prese con la lotta per l’ingresso agli esigui posti nelle Scuole di Specializzazione, che sognano sempre di più di emigrare all’estero per le migliori condizioni lavorative in ambito sanitario.

Sono nati così gruppi ed eventi sui social network (gruppo Facebook Abilitazione in Medicina (Luglio 2019) – BASTA RITARDI!) sfociati nella manifestazione di ieri, 13 marzo, a Roma, in cui i futuri medici hanno chiesto che le nuove modalità di abilitazione vengano prorogate e che il tirocinio post-laurea possa partire ad aprile, nella speranza di diventare, finalmente, dottori a tutti gli effetti.

 

Silvia Franco

 

Redazione

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