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Le migliori mostre del 2019, secondo noi

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18 minuti di lettura

Il 2019 è stato sicuramente un anno da ricordare, soprattutto per il mondo dell’arte. Anniversari importanti, nuovi musei e il fiorire di scambi e contatti con tante istituzioni straniere hanno permesso la realizzazione di eventi e mostre dal profilo sempre più internazionale. Milano, come in tutti gli altri campi culturali, è tra le città più dinamiche, anche se tante altre realtà, piccole e grandi, hanno saputo reinventarsi per dar vita a nuovi spunti di riflessione sull’attuale mondo dell’arte. Così, in chiusura dell’anno, la nostra redazione di Arte – come ormai di consueto – ha elaborato la classifica di quelle che sono state le migliori mostre del 2019, a nostro insindacabile giudizio.

Preraffaelliti. Amore e desiderio (Palazzo Reale, Milano)

Tra gli spazi espositivi più amati del 2019 non potevano certo mancare le sale di Palazzo Reale, a Milano, ormai da anni punto di riferimento per tutti gli appassionati dell’arte italiana ed internazionale. Una delle migliori mostre del 2019 è stata infatti la mostra Preraffaelliti. Amore e desiderio (19 giugno 2019 – 6 ottobre 2019), curata Carol Jacobi e Maria Teresa Benedetti e realizzata in collaborazione con la Tate Britain di Londra.

Fondata nel 1848, la confraternita dei Preraffaeliti nasce dall’idea di sette studenti della Royal Academy, tra cui John Everett Millais, Dante Gabriel Rossetti e William Hunt, che, contrari all’Impero, al capitalismo e ai valori della Victorian Age, speravano di cambiare le cose attraverso l’arte. Più di 80 opere si sono riunite per la prima volta a Milano per raccontare le tematiche e lo stile di un movimento artistico rivoluzionario, entrato nell’immaginario collettivo per il suo stile romantico e atemporale. Tra le opere più importanti sono state esposte l’Ofelia di John Everett Millais; Il risveglio della coscienza di William Holman Hunt; Amore d’aprile di Arthur Hughes, la Lady of Shalott di John William Waterhouse.

John William Waterhouse, Lady of Shalott, 1888, olio su tela, Tate Britain, Londra – fonte: Wikimedia Photo:Tate,London,2011

Raffaello e gli amici di Urbino (Galleria Nazionale delle Marche, Urbino)

Nel 2020 ricorreranno i cinquecento anni dalla morte del grande artista rinascimentale Raffaello Sanzio, a cui la Galleria Nazionale delle Marche ha dedicato l’attesissima Raffaello e gli amici di Urbino, inaugurata il 3 ottobre e ospitata proprio a Urbino, nella sua città natale, in una regione, le Marche, dove respirò arte fin da subito, a partire dalla bottega del padre Giovanni Santi.

Raffaello e gli amici di Urbino, una delle migliori mostre del 2019, si propone di indagare la crescita di Raffaello e i numerosi confronti con artisti urbinati e non, come Pietro Perugino, Timoteo Viti, Girolamo Genga e Luca Signorelli, artisti che lo avvicinarono ai venti nuovi che sul mutare del secolo, tra Quattro e Cinquecento, rivoluzionarono l’arte in Italia e in Europa. Il percorso è curato da Silvia Ginzburg e Barbara Agosti e si compone di circa 80 opere, tra cui capolavori come la Madonna Conestabile proveniente da San Pietroburgo, la Madonna Colonna da Berlino, la Santa Caterina di Alessandria e il Ritratto di Gentildonna detto La Muta. C’è tempo fino al 19 gennaio 2020 per visitarla.

Raffaello Sanzio, Madonna Aldobrandini, 1510-1511, olio su tela, National Gallery, Londra – fonte: Raphael, Public domain, via Wikimedia Commons

Con nuova e stravagante maniera. Giulio Romano a Mantova (Palazzo Ducale, Mantova)

La mostra Con nuova e stravagante maniera. Giulio Romano a Mantova, ospitata nel Palazzo Ducale di Mantova, ha rappresentato in questo 2019 un evento culturale di rilievo, l’occasione di riscoprire una città perla del nostro Paese attraverso la retrospettiva dedicata alla grande personalità dell’erede e allievo più celebre di Raffaello Sanzio, Giulio Romano, pseudonimo di Giulio Pippi de’ Jannuzzi (Roma, 1492 o 1499 – Mantova, 1546).

Curata da un nutrito comitato scientifico composto da Peter Assmann, Laura Angelucci, Paolo Bertelli, Renato Berzaghi, Paolo Carpeggiani e molti altri, la mostra è frutto della collaborazione tra il Complesso Museale di Palazzo Ducale e il Museo del Louvre, e ha presentato un nucleo di 72 disegni provenienti dal Département des Arts Graphiques del Museo del Louvre, che li ha concessi in prestito per la prima volta.

C’è ancora tempo fino al 6 gennaio per visitare la mostra, realizzata in contemporanea con quella di Palazzo Te che si intitola Giulio Romano: Arte e Desiderio.

Giulio Romano, Camera dei giganti, 1532-1534, affresco, Palazzo Te, Mantova – fonte: Giulio Romano, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons

Boldini e la moda (Palazzo dei Diamanti, Ferrara)

Organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna-Museo Giovanni Boldini di Ferrara, la mostra Boldini e la moda (16 febbraio – 2 giugno 2019), allestita a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, ha ospitato un’inedita retrospettiva per indagare il rapporto tra Boldini e il sistema dell’alta moda parigina.

Curata da Barbara Guidi e Virginia Hill, la mostra ha esposto 100 tra opere, oggetti d’arte e vestiti per raccontare lo stile e il gusto di un’epoca mitica. Dalla principessa Eulalia di Spagna a Cléo de Mérode, da Lina Cavalieri, a Consuelo Vanderbildt, fino alla Marchesa Casati, il pittore ferrarese ha immortalato le icone di una nuova cultura borghese e allo stesso tempo pop, anticipando lo stile e gli ideali della nuova vita moderna. Affermatosi nella Parigi tra Ottocento e Novecento, la inconfondibile interpretazione di Boldini dei tessuti e degli interni della Belle Époque ha ispirato i grandi couturier di quegli anni come Charles Frederick Worth, Jacques Doucet, Paul Poiret e le Sorelle Callot.

Giovanni Boldini, La signora in rosa, 1916, olio su tela, GAMC – Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara – Public domain, via Wikimedia Commons

Verrocchio, il maestro di Leonardo (Palazzo Strozzi, Firenze)

In questo 2019 Palazzo Strozzi ha celebrato Andrea del Verrocchio, artista simbolo del Rinascimento a Firenze, attraverso la grande mostra Verrocchio, il maestro di Leonardo (9 marzo – 14 luglio 2019) che ha ospitato oltre 120 opere tra dipinti, sculture e disegni provenienti dai più importanti musei e collezioni del mondo come il Metropolitan Museum of Art di New York, il Museo del Louvre di Parigi.

L’esposizione, con una sezione speciale al Museo Nazionale del Bargello, ha raccolto insieme per la prima volta celebri capolavori di Verrocchio e opere capitali dei più famosi artisti della seconda metà del Quattrocento legati alla sua bottega, come Domenico del Ghirlandaio, Sandro Botticelli, Pietro Perugino e Leonardo da Vinci, il suo allievo più famoso.

L’esposizione è stata curata da Francesco Caglioti e Andrea De Marchi e si colloca come uno degli eventi di punta delle celebrazioni leonardiane del 2019 e costituisce la prima retrospettiva mai dedicata a Verrocchio.

Scuola di Andrea del Verrocchio, Madonna con bambino, 1470 circa, Metropolitan Museum of Art, New York – Public domain, via Wikimedia Commons

Antonello da Messina (Palazzo Abatellis, Palermo)

Ci sono voluti cinquecentotrentanove anni per rimetterne insieme l’eredità visiva, riunendo a Palermo, nella Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, dal 14 dicembre 2018 al 10 febbraio 2019, quasi la metà delle opere esistenti di Antonello Da Messina in una delle migliori mostre del 2019.

La mostra, inserita nel cartellone degli eventi di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018, è stata organizzata dalla Regione Siciliana con la Città di Palermo, a cura del professor Giovanni Carlo Federico Villa. La stessa mostra è stata poi presentata a Palazzo Reale, a Milano, dal 21 febbraio al 2 giugno 2019.

Il percorso espositivo ha presentato un allestimento sviluppato cronologicamente seguendo l’evoluzione e le novità dell’artista, aperto dall’Annunciata nello spazio per lei immaginato da un maestro del Novecento, Carlo Scarpa. La mostra è stata l’occasione di ammirare dipinti provenienti da alcune delle più prestigiose collezioni e musei italiani e internazionali, tra cui l’imponente Polittico di San Benedetto proveniente dagli Uffizi, la Crocifissione di Sibiu in Romania e il Ritratto d’uomo di Cefalù, il San Girolamo Penitente e Visita dei tre angeli ad Abramo, entrambe al Museo Civico di Reggio Calabria.

Antonello da Messina, L’Annunciata, 1470-1476 circa, olio su tavola,
Galleria regionale di Palazzo Abatellis, Palermo – Antonello da Messina, Public domain, via Wikimedia Commons https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Virgin_Annunciate_(by_Antonello_da_Messina)_-_Galleria_Regionale_della_Sicilia,_Palermo.jpg

Pollock e la scuola di New York & Andy Warhol (Complesso del Vittoriano, Roma)

Dal 10 ottobre 2018 fino al 24 febbraio 2019 l’Ala Brasini del Vittoriano di Roma ha accolto uno dei nuclei più preziosi della collezione del Whitney Museum di New York: una mostra di 50 opere dal titolo Pollock e la scuola di New York e che vede protagonisti artisti del calibro di Jackson PollockMark RothkoWillem de KooningFranz Kline e molti altri rappresentati della Scuola di New York. La mostra è stata prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con il Whitney Museum di New York e curata da David Breslin, Carrie Springer con Luca Beatrice.

Nello stesso complesso espositivo, il Vittoriano ha dedicato una mostra ad Andy Warhol, realizzata in occasione del novantesimo anniversario della nascita dell’artista e una prorogata fino al 5 gennaio 2020. L’esposizione, curata da Matteo Bellenghi ospita più di 170 opere vuole riassumere l’incredibile vita di un personaggio che ha cambiato per sempre i connotati non solo del mondo dell’arte ma anche della musica, del cinema e della moda, tracciando un percorso nuovo e originale che ha stravolto in maniera radicale qualunque definizione estetica precedente.

Jackson Pollock,  Number 1A, 1948. 1948, olio e smalto su tela – fonte: flickr, autore: pieliny, https://www.flickr.com/photos/piljun/6301137213

Letizia Battaglia. Fotografia come scelta di vita (Casa dei Tre Oci, Venezia)

Dal 20 marzo al 18 agosto 2019, la Casa dei Tre Oci di Venezia ha ospitato una delle migliori mostre del 2019: una grande antologica di Letizia Battaglia (Palermo, 1935), tra le protagoniste più significative della fotografia italiana, che ne ripercorre l’intera carriera.

La mostra, curata da Francesca Alfano Miglietti, organizzata da Civita Tre Venezie, ha presentato 300 fotografie, molte delle quali inedite, che rivelano il contesto sociale e politico nel quale sono state scattate. Il percorso espositivo, ordinato tematicamente, si è focalizzato su quegli argomenti che hanno costruito la cifra espressiva più caratteristica di Letizia Battaglia, che l’ha portata a fare una profonda e continua critica sociale, evitando i luoghi comuni e mettendo in discussione i presupposti visivi della cultura contemporanea. Recentemente protagonista del film premiato al festival del cinema di Venezia, La mafia non è più quella di una volta, Letizia Battaglia è un’intellettuale controcorrente, ma anche una fotografa poetica e politica, una donna che si è interessata di ciò che la circondava e di quello che, lontano da lei, la incuriosiva.

Van Gogh, Monet, Degas (Palazzo Zabarella, Padova)

La mostra Van Gogh, Degas, Monet, The Mellon Collection of French Art from the Virginia Museum of Fine Arts ha portato in Italia oltre settanta capolavori di Eugène Delacroix, Claude Monet, Pablo Picasso e Vincent van Gogh per celebrare Paul Mellon e sua moglie Rachel ‘Bunny’ Lambert, due tra i più importanti e raffinati mecenati del XX secolo. La mostra, curata da Colleen Yarger e ospitata a Padova, a Palazzo Zabarella, presenta una preziosa selezione di opere provenienti dalla Mellon Collection of French Art, che copre un arco cronologico che dalla metà dell’Ottocento, giunge fino ai primi decenni del Novecento, compreso tra il Romanticismo e il Cubismo che rispecchia la personale sensibilità dei Mellon e il loro eccezionale gusto collezionistico per le opere d’arte e per l’arredamento, tra cui si segnala The Chinese Chest of Drawers (La cassettiera cinese), capolavoro di natura morta di Pablo Picasso. Inaugurata lo scorso 26 ottobre, la mostra è ancora visitabile fino al 20 marzo 2020. Scopri di più.

Claude Monet, Campo di papaveri (giverny), 1890-91, olio su tela – Sailko, CC BY 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0, via Wikimedia Commons

Joan Miró. Il linguaggio dei segni (Palazzo delle Arti, Napoli)

L’arte contemporanea continua ad appassionare il pubblico italiano. Dal 24 settembre 2019 al 23 febbraio 2020 è stata presentata al PAN – Palazzo delle Arti Napoli l’esposizione più importante della stagione autunnale napoletana, Joan Miró. Il linguaggio dei segni, una delle migliori mostre del 2019.

Il percorso, composto da ottanta opere dell’artista catalano provenienti dalla collezione di proprietà dello Stato portoghese in deposito alla Fondazione Serralves di Porto, è stato curato da Robert Lubar Messeri, professore di storia dell’arte all’Institute of Fine Arts della New York University. La mostra ha ripercorso più di sei decenni di attività creativa, dal 1924 al 1981, in cui Miró ha sviluppato un linguaggio formale per arrivare al maturo linguaggio dei segni che ha trasformato l’arte del XX secolo. Tra le opere più amate, sono state esposte Ballerina (1924) e Senza titolo (1981).

Valentina Cognini

Nata a Verona 24 anni fa, nostalgica e ancorata alle sue radici marchigiane, si è laureata in Conservazione dei beni culturali a Venezia. Tornata a Parigi per studiare Museologia all'Ecole du Louvre, si specializza in storia e conservazione del costume a New York. Fa la pace con il mondo quando va a cavallo e quando disquisisce con il suo cane.