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7 libri di filosofia da leggere ora o mai più

17 minuti di lettura

La filosofia, si sa, arriva sempre in ritardo. Le cose succedono; lei, pacata, con occhio disteso, copre la realtà col velo del pensiero, portandone a termine il processo. È, scriveva Hegel, «grigio su grigio»: nulla di nuovo sotto il suo Sole, ma l’ombra del mondo che, in qualche modo, vede se stessa. La scoperta della lentezza. A questo, in fondo, invitano i 7 libri di filosofia che qui consigliamo di leggere: non sono l’arma per resistere alla zona rossa, né per, come si dice, “sconfiggere i mostri” – ma, più concretamente, più umilmente, strumenti per fare un po’ di chiarezza su ciò che c’è già, trovare un retrobottega dove passare questa solitudine, dare una direzione ai nostri pensieri.

«Non si riesce mai a parlare di ciò che si ama» di Roland Barthes

Se Raymond Carver con il suo celebre libro ha provato a rispondere alla domanda “di che cosa parliamo quando parliamo d’amore?”, Roland Barthes, celebre semiologo e critico letterario francese, ha seguito un altro approccio teorico alla questione filosofica dell’amore, giungendo ad affermare in modo netto che «ci areniamo sempre quando cerchiamo di parlare di ciò che amiamo».

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Non che l’amore non esista, ma che semplicemente la sua forma di espressione non è il registro linguistico che intende descrivere ciò che si ama, come lo si ama, e perché lo si ama. Ma, al massimo, il “raccontare”. Eppure, «ci areniamo sempre nel parlare di ciò che si ama» vuol dire, per Barthes, anche che si finisce sempre per parlare delle cose che amiamo, che ci piacciono.

Come mai ci accade ciò se il linguaggio non è propriamente ciò che si addice all’amore (inteso in generale)? Scritto in occasione del Convegno su Stendhal e Milano (19-23 marzo 1980) Non si riesce mai a parlare di ciò che si ama (acquista) è il testo di un intervento orale, e al contempo, l’ultimo scritto di Roland Barthes. In cui si parla anche della “bella Italia” di Stendhal, dei gelati, delle donne italiane. E si impone con una riflessione più che sull’amore (di cui si è a lungo occupato) sul “come amore”.  

Consigliato da Lorenzo Pampanini


«Il gioco dell’esistenza. De-coincidenza e libertà»  di François Jullien

Nel saggio Il gioco dell’esistenza. De-coincidenza e libertà (acquista), il sinologo e filosofo francese François Jullien espone la tesi secondo cui l’arte e l’esistenza si costituiscono come messa in pratica della de-coincidenza, quando invece il suo contrario, la coincidenza, produce una sterilizzazione che conduce alla morte. La vitalità è concepita come l’instaurazione del nuovo, che è possibile solo laddove esiste uno spazio che lo possa accogliere. Tale spazio è assente in una dimensione in cui gli elementi coincidono perfettamente, per questo è necessario attuare un processo di ritrazione (negazione del positivo, quindi de-coincidenza) per fare spazio alla nuova possibilità.

Questa teoria di Jullien assume anche un forte valore etico nella misura in cui il dovere umano per eccellenza viene da lui definito come il dispiegamento della vita in esistenza, ciò deriva dal fatto che de-coincidere significa creare possibilità del nuovo e dunque dare origine a una breccia di libertà. Esistere significa quindi mantenersi fuori dall’adattamento sterile ed oppressivo, facendo largo ad uno spazio etico in cui l’Altro, che è stimolo alla disaderenza da sé, assume un ruolo fondamentale. L’Altro infatti costituisce l’elemento per eccellenza che permette di fuoriuscire dai condizionamenti che la propria prospettiva del mondo fornisce ed in cui inquadra la realtà: è proprio sperimentando la divergenza che ci si rende conto della possibilità di divergere, dunque si de-coincide eticamente. 

Consigliato da Francesca Campanini


«La persona e il sacro» di Simone Weil

Filosofa, attivista, marxista eterodossa, prima insegnante e successivamente operaia per scelta, la figura di Simone Weil è una delle più affascinanti e complesse del secolo scorso. Tutti questi aspetti emergono da ogni singola parola delle sue opere e in particolare ne La persona e il sacro (acquista) scritto nel 1943, ovvero due anni prima che la filosofa morisse a soli 34 anni. Riprendere la lettura di questo breve saggio di filosofia etico-sociale in un periodo buio come quello che stiamo vivendo, può aiutare a riconoscere la dignità intrinseca ad ogni forma di sofferenza umana e a riconnetterci al grido di dolore di ogni povero Cristo che chiede: «Perché mi viene fatto del male?» che è quanto di più sacro ci sia nell’essere umano e che sarà alla base della distinzione successiva tra diritto e giustizia. 

Sarà proprio il concetto di sacralità, che la Weil sostiene appartenere non alla persona e al collettivo, bensì all’essere umano «nella sua nudità» (per usare le parole di Hannah Arendt) a rappresentare il punto di passaggio alla nozione di impersonale. Grazie alla potenza dell’umanità di queste intuizioni, oltre che alla raffinatezza della riflessione teoretica, Simone Weil ci permette di ripensare l’essere umano e la sua condizione nel mondo, sollecitandolo a liberarsi dalla maschera della persona la quale impedisce di accedere ad una dimensione di bellezza, verità e giustizia.

Consigliato da Giusy Nardulli


«Due saggi sulla democrazia in difficoltà (1920-1925)» di Hans Kelsen

Chi giudica un libro dal titolo? Forse, un po’ tutti noi. Ebbene il titolo della raccolta dei Due saggi sulla democrazia in difficoltà (1920-1925) (acquista) del filosofo e giurista austriaco Hans Kelsen conserva un vantaggio specifico: la sua incontestabile attualità. Nessuno, infatti, si sorprenderebbe nel trovarlo riposto sullo scaffale delle nuove proposte. In occasione della crisi economica del 2008, e della crisi pandemica dei nostri giorni, è stato proposto a più riprese lo spettro  della Repubblica di Weimar inteso come caso «paradigmatico per la perdita di potere e per l’atteggiamento rinunciatario della democrazia».

filosofia

Il nostalgico bisogno di ritorno a condizioni di vita normali, la debolezza dei partiti tradizionali, la sfiducia generale verso l’istituto del parlamento, nonché il proliferare di movimenti estremisti e la strumentalizzazione dell’immigrazione di massa istituiscono un rapporto di continuità, ormai evidente, con la Germania degli anni Venti. Tra il 1920 e il 1925, il padre della Costituzione austriaca del ’20, si trova ad affrontare i medesimi problemi sopra elencati: se però nel primo saggio (Natura e valore della democrazia) ci sono ancora le condizioni economico-sociali per discutere dei presupposti teorici della democrazia, nel secondo (Il problema del parlamentarismo) Kelsen si trova costretto ad una ferrea ed appassionata difesa della forma parlamentare, minacciata dai sostenitori della dittatura nazionalsocialista e del corporativismo.

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Senza mai perdere la lucidità nel riconoscere la finzione che sta alla base della democrazia rappresentativa, Kelsen propone alcune delle più ispirate pagine in difesa del compromesso democratico, inteso come sintesi di due forze (maggioranza-tesi e minoranza-antitesi), capaci di plasmarsi reciprocamente per lo sgorgare di nuova linfa politica.

Consigliato da Lorenzo De Benedictis


«Che cos’è la filosofia?» di Gilles Deleuze e Félix Guattari

Nonostante il titolo didascalico, il libro è tutt’altro che didattico. Deleuze e Guattari continuano il loro sodalizio fino a questo libro, Che cos’è la filosofia? (acquista), edito nel 1991. Il saggio, dalla forma volutamente parodica del tono pedagogico e del linguaggio manualista, è il tentativo di pensare il fondo della pratica filosofica nella sua immanenza e autonomia; per loro la filosofia non è una disciplina il cui fine sarebbe la chiarificazione delle proposizioni scientifiche o logiche, né la definizione delle condizioni di possibilità della conoscenza; piuttosto, la filosofia è intesa come l’arte di creare concetti che siano all’altezza dei problemi che la stessa filosofia pone.

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Il filosofo è in questo senso l’amico dei concetti, colui che costruisce un piano d’immanenza, ossia «un taglio del caos» che «agisce come un setaccio» capace di far convergere la velocità infinita della realtà nell’orizzonte della pensabilità. La maschera con cui il filosofo parla è il personaggio concettuale, figura pro-filosofica che permette di far insistere i concetti sul piano d’immanenza. Ci troviamo con questa triplice partizione in una sintesi singolare di spinozismo, bergsonismo e kantismo: se la Ragione è il tracciato del piano, l’Immaginazione l’invenzione dei personaggi, l’Intelletto la creazione dei concetti, il Gusto sarà allora la triplice capacità di coadattamento degli elementi della filosofia.

Consigliato da Mattia Brambilla


«Il mondo di Sofia» di Jostein Gaarder

«“Sofia Amundsen, Kløverveien 3” c’era scritto sulla busta. Tutto qui. Nessun mittente. Mancava anche il francobollo. Subito dopo aver chiuso il cancelletto, aprì la lettera. Vi trovò solo un foglietto non più grande della busta. Sul pezzetto di carta c’era scritto: “chi sei tu?”. Nient’altro. Né la firma né i saluti, soltanto quelle tre parole scritte a mano e seguite da un grosso punto interrogativo. Sì, la lettera era proprio indirizzata a lei. Ma chi l’aveva infilata nella cassetta?». 

«Chi sei? Da dove viene il mondo?» Sono solo alcune delle numerose domande cui la quindicenne Sofia Amundsen si trova a dover rispondere, poste da una penna anonima che di volta in volta ne rimpingua la cassetta delle lettere con nuovi interrogativi. In questo raffinato giallo filosofico pubblicato nel 1991, Jostein Gaarder ci accompagna per mano in un viaggio alla ricerca del senso dell’esistenza umana. Un viaggio le cui coordinate ripercorrono quei luoghi e quei volti che hanno scandito la storia del pensiero filosofico sin dai suoi primordi.

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Il mondo di Sofia (acquista) è un romanzo per non addetti ai lavori che mescola sapientemente storia della filosofia e narrazione, scartando dai toni manualistici e regalandoci una storia da leggere tutta d’un fiato. Complici due grandi punti di domanda cui il lettore, proprio come la protagonista, sarà chiamato a rispondere: chi è il misterioso autore dei messaggi recapitati nella buca delle lettere della giovane Amundsen? E perché la stessa riceve le lettere inviate da un certo Albert Knag — maggiore ONU in Libano — alla figlia Hilde Møller Knag? Un rompicapo che riuscirete a risolvere solo non sottovalutando Sofia e lasciando che le sue domande divengano anche le vostre. 

Consigliato da Sara Campisi


«La vita delle piante. Metafisica della mescolanza» di Emanuele Coccia

Aristotele diceva che il sistema nervoso umano è il corrispettivo delle radici delle piante, solo che al contrario, sottosopra. Le radici stanno in basso, il cervello in alto. Emanuele Coccia mostra in questo piccolo libro uscito tre anni fa come ciò che ci lega alle piante sia molto più di una simmetria di configurazione nella disposizione degli organi. La vita delle piante (acquista) rappresenta infatti il tentativo di ripensare le categorie della metafisica occidentale utilizzando come paradigma proprio ciò che le piante mostrano nella loro vita – perché le piante, questo il punto, hanno una vita.

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Non è questione di animismo né di sciamanesimo, ma di sperimentare un pensiero radicalmente alternativo rispetto a quello tipico della filosofia, un pensiero che, per riprendere le parole di Deleuze, faccia della speculazione, dell’uomo, un divenir-pianta, una trasmutazione radicale della griglia con cui quest’ultimo guarda alla realtà. In fondo, si tratta per Coccia di scalzare quel privilegio accordato dalle scienze alla zoologia a detrimento della botanica quale modello a partire da cui pensare l’umanità, imparando, invece, a riflettere non sulla nostra animalità, ma sulla vita che condividiamo con le piante. Le piante, scrive Coccia, insegnano che il mondo è relazione, legame, intreccio, che la verità è “atmosferica”, passa per i bronchi, i bronchioli, i polmoni, si espira ed inspira in un’osmosi nella quale tutto è collegato con tutto. Allora ecco la posta in gioco, la lezione delle piante: ciò che c’è da imparare, da fusti, tronchi, alveoli, radici, foglie è un nuovo modo di stare al mondo che l’uomo non ha saputo, sinora, né pensare né sperimentare. Le piante, invece, sì.

Consigliato da Giovanni Fava

 


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