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Madame de Staël, amore e rivoluzione

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Nel 1789 Anne-Louise Germaine Necker, baronessa di Staël-Holstein, aveva 23 anni. Era l’anno della Rivoluzione francese, evento destinato a mettere in crisi tutte le certezze, comprese quelle della geniale Madame de Staël il cui pensiero, sino a quel momento, era stato governato dal maestro delle idee Jean-Jacques Rousseau, costretto a lasciare il passo, in questa arguta mente femminile, a un altro genio del tempo, il barone di Montesquieu.

madame de stael

Nel 1789 Madame de Staël esercitava sul padre Necker, banchiere ginevrino, una grande influenza. Senza di lei, senza quell’ardore giovanile esaltato dal suo spirito di donna, l’austero genitore non si sarebbe compromesso così tanto sulla via della Rivoluzione. Madame de Staël viveva ardendo, e faceva dell’amore il nucleo del suo agire e del suo essere.

Primo di una lunga schiera di uomini eletti ad amori universali – molti dei quali, neanche a dirlo, spensero quella fiamma che avrebbe potuto da lei divampare rendendola figura ancor più eccellente – Necker, il babbo, si era elevato assai in alto grazie allo slancio e all’ispirazione della figlia, gettandosi senza precauzioni nell’esperimento del suffragio universale, azzardo ardito presso un popolo impreparato, ancora legato – nonostante tutto – al grande impero.

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Madame de Staël amava suo padre, l’adorava come scrittore e come uomo, vedeva in lui l’ideale del cittadino, del saggio, dell’uomo di Stato. Quando Necker rientrò a Parigi, il giorno del suo trionfo, ella cedette alla commozione svenendo per la felicità. Avrebbe potuto trarre forza e linfa vitale dall’audacia incredibile che aveva saputo infondere in questo sentimento puro, vissuto senza sconti.

Così però non fu. Padre e figlia indietreggiarono, spaventati su linee diverse, e sprofondarono nella mediocrità. Dopo la fuga di Necker e la perdita delle prime speranze, spente sul nascere da un timore un po’ codardo, Madame de Staël – ormai passata da Rousseau a Montesquieu con le prudenti teorie costituzionali – non ebbe altro da fare che restare romantica nel cuore.

Sposò un freddo ambasciatore di Svezia, quel signor de Staël che le diede il cognome noto, senza mai amarlo del tutto, semplicemente perché lontano, e nella misura massimamente possibile, da quell’ideale di eroe romantico che ella lungamente aveva accarezzato nel cuore.

Finì per crearselo, allora, quest’eroe rispondente ai suoi massimi ideali, ed ebbe una schiera di amanti, tutti più o meno dominanti nel suo futuro salotto e che la gettarono – per inevitabile conseguenza – nella mediocrità destinata alle potenzialità non sfruttate.

Il conte di Narbonne – il «bel Louis» come l’avrebbero chiamato le donne della sua generazione -, Madame de Staël l’amò soprattutto per l’eroismo che voleva trasfondere in lui. L’amò per la sua audacia – così simile a quella di lei – e per la sua fatuità. Delusa dall’algido marito perse la testa per una creatura brillante e scapestrata, che le avrebbe permesso di vivere il grande amore, eterno motore del mondo, e il sogno della Rivoluzione moderata.

Narbonne e Madame de Staël vagheggiavano la monarchia costituzionale e lei dispiegò tutte le sue energie per assicurare all’amante un posto di primo piano sulla scena politica. Ci riuscì, quando messo spalle al muro Luigi XVI si rassegnò alla nomina di Narbonne come ministro della guerra.

Il conte vedeva nella Costituzione (a cui il re si era rassegnato a prestare giuramento) l’ultima occasione per salvare la monarchia, puntando su una politica di centro volta a consolidare le conquiste del 1789. Poi però il 20 aprile 1792 la Francia dichiarò guerra all’Austria. Nella giornata del 10 agosto — quella dell’assalto alle Tuileries che segnò la fine della monarchia — Narbonne tentò vanamente, assieme ai costituzionalisti, di prestare soccorso alla famiglia reale. Poi, inseguito dai giacobini, riuscì a trovare rifugio nell’ambasciata di Svezia. Il resto lo fece Madame de Staël.

Madame de Staël
Opera di Vladimir Borovikovsky

Redasse un piano d’evasione per la famiglia reale volendo che fosse Narbonne, il suo eroe, ad averne tutti gli onori. Organizzò poi con l’aiuto del cappellano dell’ambasciata la fuga dell’amante oltre Manica, ma i giorni della loro relazione erano contati. Addio sogni di gloria, addio eterno amore.

Narbonne, pur restando realista, si convinse che Napoleone Bonaparte fosse il solo uomo in grado di pacificare la Francia e restituirle l’antico prestigio, mentre Madame de Staël ingaggiava contro di lui una lotta all’ultimo sangue.

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Bonaparte l’odiava, non trovando di meglio per attaccarla che dar fiato alle trombe del gossip dichiarando una passata dichiarazione d’amore della de Staël per lui. Falsità, considerando che nel cuore di Madame il rimpianto Narbonne era stato a quel tempo rimpiazzato da un altro eroico amore quale quello per Benjamin Constant, titano lanciato nell’opposizione a Napoleone.

Le persecuzioni ridicole dell’allora padrone d’Europa sono ormai conosciute. Madame de Staël fuggì in Austria, Russia e Svizzera. Sposò un giovane ufficiale ferito, Albert de Rocca, e concluse la sua vita senza aver dato pieno sfogo a quel magma che le ribolliva dentro e che avrebbe potuto generare un’esplosione pazzesca.

Ma in fondo è stato forse l’amore, quell’eterno sognatore e signore del mondo, ad aver riempito e vivificato l’anima di Madame de Staël. Non i salotti, non le amicizie, non le idee rivoluzionarie azzoppate. Solo l’amore, l’eroico miraggio di una donna moderna.

Immagine di copertina: commons.wikimedia.org

 


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Ginevra Amadio

Ginevra Amadio nasce nel 1992 a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Filologia Moderna presso l’Università di Roma La Sapienza con una tesi sul rapporto tra letteratura, movimenti sociali e violenza politica degli anni Settanta. È giornalista pubblicista e collabora con riviste culturali occupandosi prevalentemente di cinema, letteratura e rapporto tra le arti. Ha pubblicato tra gli altri per Treccani.it – Lingua Italiana, Frammenti Rivista, Oblio – Osservatorio Bibliografico della Letteratura Otto-novecentesca (di cui è anche membro di redazione), la rivista del Premio Giovanni Comisso, Cultura&dintorni. Lavora come Ufficio stampa e media. Nel luglio 2021 ha fatto parte della giuria di Cinelido – Festival del cinema italiano dedicato al cortometraggio. Un suo racconto è stato pubblicato in “Costola sarà lei!”, antologia edita da Il Poligrafo (2021).

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