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Margaret Bourke-White,
testimone del secolo scorso

7 minuti di lettura

«Trovare qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno avrebbe potuto immaginare prima, qualcosa che solo tu puoi trovare perché, oltre ad essere fotografo, sei un essere umano un po’ speciale, capace di guardare in profondità dove altri tirerebbero dritto».

Il 14 giugno 1904 nasce a New York una grande icona della fotografia e del femminismo: Margaret Bourke-White (New York, 14 giugno 1904 – Stamford, 27 agosto 1971), la prima fotografa straniera a ottenere il visto per l’Unione Sovietica e la prima corrispondente di guerra donna. La Bourke-White, intraprende gli studi di biologia ma si laurea in arti visive e in seguito si dedica alla carriera di fotogiornalista. Nel 1929, allo scoppiare della Grande Depressione, scatta per Forme, la rivista di Henry L. Luce e si specializza nella fotografia industriale: inizia, quindi, a documentare le lotte sindacali e gli scontri con la polizia avvicinandosi alla sinistra e al femminismo.

Margaret Bourke-White, 1930
Margaret Bourke-White, 1930

New York, Stati Uniti, 1930. La società moderna ripresa dall’alto: folla informe e automobili. Le singole persone non sono distinguibili perché non hanno tratti caratteristici, anzi portano tutti un cappello simile, il loro movimento è casuale e caotico.

Ottiene, poi, nel 1930 un visto per l’Unione Sovietica, quando ancora nessun fotografo era riuscito ad averlo: Margaret Bourke-White è la prima fotografa ad aver la possibilità di documentare i cambiamenti in seguito alla rivoluzione bolscevica.

Margaret Bourke-White, 1930
Margaret Bourke-White, 1930

URSS, 1930 Operai al lavoro. Lo strumento russo di politica economica è il piano quinquennale, che stabilisce determinati obiettivi produttivi da raggiungere nell’arco di cinque anni.

Nel 1936, dopo essere tornata a New York e dopo aver aperto un proprio studio fotografico, è accolta da H. R. Luce nel suo nuovo progetto editoriale, Life. Nasce intanto, nel 1937, dalla collaborazione con lo scrittore Erskine Caldwell You have seen their faces (Hai visto i loro volti), una toccante testimonianza delle conseguenze della crisi del ’29 nel Sud degli Stati Uniti.

Margaret Bourke-White, 1937
Margaret Bourke-White, 1937

Stati Uniti,1937. Sul Monte Wilson si costruisce il Telescopio Palomar: l’opera dell’uomo svetta maestosa nel cielo in contrapposizione alla piccola figura umana che si intravede in fondo e sembra quasi un’ombra.

Margaret Bourke-White, 1937
Margaret Bourke-White, 1937

Louisville, Stati Uniti, 1937. Un enorme manifesto recita «World’s highest standard of living. There’s no way like the American Way» (il livello di benessere più alto: non c’è modello migliore, di quello americano) e stride ironicamente con la fila di afroamericani che attendono pazienti una razione di cibo. La fotografia rappresenta lo scarto fra il sogno americano e le effettive condizioni di vita durante la crisi e per anni è stata simbolo della Grande Depressione.

Si reca successivamente in Cecoslovacchia e, quando nel 1941 inizia l’invasione nazista della Russia, la fotografa si trova a Mosca dove scatterà uno dei più celebri ritratti di Stalin.

Margaret Bourke-White, 1941
Margaret Bourke-White, 1941
Margaret Bourke-White, 1941
Margaret Bourke-White, 1941

Mosca, URSS, 1941. Il cielo della capitale è illuminato a giorno durante un attacco delle truppe naziste. Lampi si scagliano sulla città e si riflettono sull’acqua creando un gioco di luci che rende affascinante il terrore.

Sarà inoltre la prima fotografa a unirsi alle forze aeree statunitensi, avrà la possibilità di documentare le atrocità della guerra e, a conflitto finito, la disumanità dei campi di sterminio nazisti.

Margaret Bourke-White, 1942
Margaret Bourke-White, 1942

Buchenwald, Germania, 1945. I superstiti del campo di concentramento di Buchenwald vengono liberati: le azioni atroci dei nazisti vengono rivelate a un’opinione pubblica ignara che ne rimane molto turbata.

Margaret Bourke-White, 1942
Margaret Bourke-White, 1942

Germania, 1945. La ferocia dei campi nazisti ha segnato per sempre non solo le storie di chi li ha vissuti, ma anche la Storia dell’umanità: ferite così dolorose non vanno dimenticate e anche per questo è fondamentale il lavoro testimoniale svolto da Margaret Bourke-White che ha fatto conoscere al mondo tale orrore.

Nel 1946 parte alla volta dell’India, che si stava in quegli anni muovendo per l’indipendenza. Riesce ad avere il permesso per un’intervista a Gandhi, che però aveva fatto voto di silenzio. Ottiene perciò il diritto a tre scatti che faranno poi il giro del mondo quando, alla morte del Mahatma nel 1948, verranno divulgati dalla rivista Life.

Margaret Bourke-White, 1946
Margaret Bourke-White, 1946

India, 1946. Questo ritratto è fra i più celebri del Mahatma.

«Senza fotocamera mi sento incompleta, che importa allora il prezzo da pagare?»

Viene intanto indagata dall’FBI per presunte attività anti-americane, indagini che non fermano il suo lavoro: nel 1952 segue la guerra di Corea.

Margaret Bourke-White, 1952
Margaret Bourke-White, 1952

Corea, 1952. Una testa mozzata è mostrata in primo piano, mentre un poliziotto sudcoreano ride sprezzante: la guerra disumanizza.

L’unica forza in grado di fermare la sua passione per la macchina fotografica è il Parkinson: quando la nitidezza dei suoi scatti inizia ad essere compromessa dal tremore delle mani, lascia la fotografia.

La grande forza e determinazione di Margaret Bourke-White le hanno permesso di stagliarsi in un mondo, quello della fotografia, all’epoca dominato da uomini e le sue fotografie rappresentano importantissime testimonianze storiche degli eventi cruciali del XX secolo.

 

 

 

 

 

Camilla Volpe

Classe 1995. Prima a Milano, ora sotto il Vesuvio - almeno per un po'. PhD candidate in Scienze Sociali e Statistiche. Mamma e papà non hanno ancora capito cosa faccio nella vita.

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