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Homicide House
© Nicolò Degl'Incerti Tocci

Menzogne e pistole: «Homicide House» al Parenti

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5 minuti di lettura

Quattro attori affiatati e un testo brillante del giovane e promettente drammaturgo Emanuele Aldrovandi, Premio “Pier Vittorio Tondelli 2013”: Homicide House è una divertente e divertita commedia giocata sull’assurdo, che si colora di giallo e di splatter.

Quando la normalità si spezza

I personaggi sono anonimi, dei tipi fissi, che la regia (Marco Maccieri) potenzia nella resa caricaturale. Protagonista è l’Uomo (Maccieri), uno come tanti, proprietario di una piccola azienda edile. È riuscito a costruirsi una vita, una famiglia, con una moglie fra l’adorabile e il capriccioso (Cecilia Di Donato); un guscio di normalità che nasconde però un segreto. Indebitato fino al collo, si rivolge a un usuraio dandy, gelido e insensibile (Luca Cattani), che gli propone di diventare la pedina di un gioco sadico: da un lato, aspiranti assassini che vogliono provare il brivido della tortura e del sangue, pagano per uccidere; dall’altro lato le loro vittime, aspiranti suicidi, possono capitalizzare la propria ormai inutile esistenza, lasciando almeno i conti in ordine e una rendita ai propri cari. Messo alle strette, il nostro Uomo accetta questo patto assurdo.

Homicide House
© Marco Merzi

Assassino vs vittima

Di che colore è l’assurdo? Senz’altro giallo per Antonio Panzuto che ha curato le scene: una sedia e un tavolo, mossi in un gioco di pesi e contrappesi, si alzano, oscillano, si rovesciano, come in un balletto delle parti. E infatti ciò che inizia ora è la parte più interessante: l’Uomo è in balìa di Tacchi a Spillo (Valeria Perdonò), la giovane assassina che freme per trapassargli l’occhio con una spada. Si instaura a questo punto un meccanismo di sfida psicologica, ritmato su dialoghi lucidi e spietati, che fanno emergere il vero tema della pièce, cioè il rapporto fra verità e menzogna.

Soltanto di fronte allo spettro della morte l’Uomo è sincero e diventa se stesso. Qual è dunque la nostra vera identità, sotto le maschere della comodità borghese e della normalità? Può il sentimento vincere sulla necessità e tollerare anche la menzogna? Che cosa significa amore totale per l’altro? È giusto avere dei segreti? Saremmo disposti a dare la vita per chi amiamo? Le domande esistenziali si affollano in una serie di piroette sempre sul filo dell’assurdo, con fulminei colpi di scena, al confine tra il comico-tragico e lo splatter.

Homicide House
© Nicolò Degl’Incerti Tocci

Verità e menzogna a teatro

Si ride, anche perché la regia ha scelto la via facile di un linguaggio che strizza l’occhio al cinema. Una leggerezza che non sempre decolla e mette in ombra l’architettura sofisticata del dibattito, come pure la forte potenzialità metateatrale. L’incipit e il finale sono costruiti ad anello. L’Uomo lamenta che la fantasia può nuocere e non è utile a «mettere ordine», soprattutto nel mondo di oggi, dominato dal caos della crisi. Le sue argomentazioni sono divertenti: a scuola si insegna ai bambini la creatività, ma ciò sconvolge i piani di realtà e finzione. Infatti dicendo a un bambino che il tavolo, a casa è la mensa dove si mangia, a scuola diventa cattedra, sul mare può farsi zattera, gli si mette troppa confusione in testa. Il tavolo deve restare tavolo, una cosa però che d’altra parte in questo stesso spettacolo non accade, perché grazie ai tiranti si muove e muta prospettiva. A teatro gli oggetti cambiano funzione. E il testo di Aldrovandi è un inno alla fantasia capace di creare un riflesso astratto e surreale della realtà. Il teatro finge per dire il vero. Questa “Homicide House” è un po’ anche nostra…

 

Homicide House
di Emanuele Aldovrandi, testo vincitore del Premio “Tondelli” (2013)
regia di Marco Maccieri
con Luca Cattani, Cecilia Di Donato, Marco Maccieri, Valeria Perdonò
produzione BAM Teatro / MaMiMò
fino all’11 giugno 2018, Teatro Franco Parenti, Milano

Gilda Tentorio

Grecia e teatro riempiono la mia vita e i miei studi.
Sono spazi fisici e dell'anima dove amo sempre tornare.

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