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Oltre la storia: el Superclàsico

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16 minuti di lettura

1963: la Rayuela

En un punto dado nacìa el callo, la esclerosis, la definiciòn: o negro o blanco, radical o conservador, homsexual o heterosexual, figurativo o abstracto, San Lorenzo o Boca Juniors

Nel capitolo terzo della Rayuela,che comunque è tra i primi a essere letti del romanzo, sia che scegliate lo schema classico sia che ascoltiate i suggerimenti dell’autore, Julio Cortàzar delinea varie coppie di contrari. Ciò che ci interessa è solamente l’ultima.

Qualsiasi discreto appassionato di calcio, sfogliando l’opera maestra di uno dei più grandi narratori argentini di ogni epoca, non può che farsi qualche domanda. Perché ad accoppiarsi con il Boca Juniors c’è il San Lorenzo? E, soprattutto, perché non c’è il River Plate?

Julio Cortàzar pubblica il suo gioco del mondo, con annesso il rivoluzionario tablao utile al lettore per orientarsi (o perdersi, a seconda dei punti di vista) fra le pagine della Rayuela, nel 1963.

All’epoca, quindi, i grandi rivali del futbòl argentino erano il Boca Juniors e il San Lorenzo? Qual era il posto del River Plate nella storia del calcio sudamericano? Esisteva, all’epoca della stesura della Rayuela, il concetto stesso di Superclàsico?

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Rivalità a La boca: Boca e River

In Argentina, il ragazzo non è el chico come in qualsiasi provincia spagnola. A Buenos Aire il ragazzo è el pibe (il più famoso di tutti è Diego Armando Maradona, el Pibe de oro): l’origine della parola sembra che derivi da pivello, il ragazzo nel dialetto genovese.

La rivalità fra Boca e River comincia con la nascita dei due club, per una semplice ragione geografica e di appartenenza. Entrambe le polisportive sono di La Boca (la bocca), quartiere di Buenos Aires che si affaccia sul porto principale dell’America latina.

Los tanos

Tanti, tantissimi sono gli italiani (los tanos) che rividero la terra dopo innumerevoli giornate di navigazione lungo lo sterminato Oceano Atlantico. Nella zona di Cordoba o di Tucumàn, o addirittura nella parte andina di San Juan, confinante con il Cile, lì la popolazione è maggiormente meticcia ed eterogenea. Ma a Buenos Aires no, nella capitale da più di un secolo la componente italiana è maggioritaria.

Lo ricorda anche Francesco Guccini nella sua meravigliosa Argentina: io qui ci sono già stato, annota il cantautore, quando mette piede per la prima volta nel Rio della Plata.

Perché io ci ho già vissuto, in Argentina
Chissà come mi chiamavo, in Argentina
E che vita facevo, in Argentina?

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Migranti italiani diretti a Buenos Aires. Fonte, buenosaires.italiani.it

Club Atletico Boca Juniors 

A la Boca, ovviamente, gli italiani hanno un certo peso specifico. È proprio la componente genovese del quartiere che fonda il Club Atletico Boca Juniors. Tutt’ora il soprannome principale è los xeneizes, che in quel misto fra il castillano e l’italiano dialettale che è l’argentino di Buenos Aires, significa genovesi.

Una volta che c’è da scegliere i colori sociali del club, causa mancanza di un accordo comune fra i soci, ci si affida alla sorte. La bandiera della prima nave che passerà per il puerto, darà i colori al Boca Juniors. Il caso volle che quel giorno di inizio ‘900 a Buenos Aires attraccò un vascello battente bandiera svedese: la squadra maggiormente tifata d’Argentina (la mitad màs uno) sarà per sempre giallo-blu.

River Plate

Anche il River deve una parte della sua storia ai migranti genovesi. I biancorossi nascono nel 1901 dall’unione di due club del quartiere, il Rosales e il Santa Rosa, quest’ultimo fondato da un gruppo di giovani immigrati liguri.

Il nome anglofono River Plate (traduzione di Rio de la Plata) sembra derivi dalla scritta posta su alcune casse (sul cui contenuto non si è mai saputo niente) appartenenti ad alcuni marinai inglesi intenti a giocare una partita di pallone all’interno de La Boca.

Il club in epoca successiva cambierà alloggio, transitando prima a Palermo, altro barrio di Buenos Aires ricchissimo di italiani, e successivamente, nel 1923, porrà definitivamente radici nel ricco quartiere di Nuñez. Nonostante la scelta di trasferirsi nella zona maggiormente aristocratica della capitale, il soprannome Los millonarios, arriverà solamente negli anni ’30, inseguito a numerosi acquisti costosi (tra cui spicca Bernabé Ferreyra del Tigre) operati dalla dirigenza.

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1966: el robo del siglo

Cortàzar, ovviamente, non ha torto. Scorrendo l’albo d’oro della gloriosa e secolare storia del River Plate, si comprende che l‘unica decade in cui la bacheca dei biancorossi resta vuota è quella degli anni ’60.

Infatti in quell’epoca è il San Lorenzo la grande rivale del Boca Juniors, eppure quel decennio verrà ricordato comunque dai tifosi del River, ma non per un avvenimento positivo.

È l’anno 1966, durante l’estate (europea) gli inglesi vincono i mondiali eliminando ai quarti proprio l’Argentina, in quella partita che oltreoceano è definita el robo del siglo.

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I polli del River

Due decenni prima delle Faukland (o, se preferite, Malvinas) e della Mano de Dios si può notare come i due paesi proprio non riescano ad amarsi. Il River Plate è in finale di Libertadores e conduce la partita per 2-0 contro il Peñarol. Gli uruguagi, però, è risaputo, hanno un cuore differente e riescono a rimontare andando a vincere 4-2 ai supplementari.

Quelli del River diventeranno per tutti las gallinas, le galline, anche se nel gergo sportivo italiano la traduzione migliori sarebbe polli. Carlos Tevez, idolo del Boca, ha spesso esultato mimando una gallina, nell’eterno gioco di sfottò fra le due rivali.

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Momenti di gloria

I due club vivono i rispettivi momenti migliori a cavallo fra questo secolo e il precedente, risultando, a turno, le due squadre migliori dell’America latina, capaci anche di giocare alla pari contro le blasonate squadre europee.

Nel 1996 una doppietta di Hernan Crespo darà al River la seconda Copa Libertadores della sua storia: solamente un gran gol di Alex Del Piero a una manciata di minuti dalla fine, non permetterà ai millonarios di alzare la Coppa Intercontinentale.

Già, perché in Sud America è differente: la Copa Libertadores è certamente importante, ma è la sfida successiva contro la campionessa europea che segna il confine fra la normalità e l’immortalità.

I tifosi del Boca, infatti, vi diranno che i due momenti migliori della storia del club avvennero a distanza di tre anni, nel 2000 e nel 2003, quando i gialloblu sconfissero il Real Madrid galactico e, ai rigori, il primo Milan di Ancelotti.

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Il Boca di Juan Romàn Riquelme

Era il Boca dell’allenatore Carlos Bianchi (passato, senza essere compreso, anche dalla nostra serie A), di Martin Palermo, Barros Schelotto (oggi allenatore) e, soprattutto, di Juan Romàn Riquelme, colui che,

 «per passare da un punto A a un punto B non prenderà mai, come qualsiasi altra persona del mondo, una autostrada velocissima a quattro corsie, ma sceglierà sempre una tortuosa strada panoramica: facendo così impiegherà il triplo del tempo, ma riempirà gli occhi di paesaggi meravigliosi».

citazione di Jorge Valdano
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Abbracciami fino a che torna Romàn. Fonte: diotifaboca.wordpress.com

Il pagliaccio Pablo Aimar

Il contraltare di Romàn Riquelme, in quegli anni, è el Payaso Pablo Aimar. Sicuramente meno talentuoso del suo alter-ego del Boca, ma probabilmente più centrato sul rapido calcio moderno, avrà una carriera europea migliore rispetto a Riquelme. Dalle parti di Valencia ricordano ancora la sua classe sopraffina, capace di trascinare i valenciani al vertice del calcio spagnolo ed europeo.

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Riquelme e Aimar – Fonte:rivistacontrasti.it

Superclàsico, l’evento epocale

Niente al mondo è paragonabile al Superclàsico Boca – River. Né gli eterni e gloriosi derby europei, né il leggendario Fla – Flu (Flamengo – Fluminense) che, ogni volta, fra le migliaia di spettatori annovera anche il Cristo più famoso del mondo.

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Il calcio della crisi

Secondo Federico Buffa, i brasiliani non hanno accusato il Mineirazo (l’1-7 nella semifinale casalinga contro la Germania) come invece subirono il Maracanazo del ’50, poiché il mondiale del 2014 è stato un mondiale per ricchi. Prezzi esorbitanti hanno proibito alle fasce più povere della popolazione di accedere agli stadi di Rio e San Paolo.

Il doppio Superclàsico in scena il 10 e il 24 di novembre, invece, non sarà così. L’Argentina vive l’ennesima crisi economica degli ultimi decenni e il calcio può essere o un palliativo, oppure fornire una ulteriore motivazione per riversare sentimenti di frustrazione accumulati in questi ultimi anni.

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No alle tifoserie ospiti contro paura e insicurezza

Da un decennio negli stadi argentini è vietata la presenza della tifoseria ospite, e per qualche giorno si è creduto che si sarebbero potute cambiare le regole in corso.

Un tweet di Mauricio Macrì aveva aperto qualche spiraglio in tal senso. Il premier argentino, che in una vita precedente è stato niente meno che il presidente del Boca Juniors (da numero uno di un club calcistico a leader di un paese, vi ricorda qualcuno?) ha inizialmente dichiarato che Boca e River, qualora avessero voluto, all’interno di Bombonera e Monumental avrebbero potuto aprire le porte ai tifosi avversari. «Tambièn es una oportunidad de demostrar madurez y que estamos cambiando».

Dietrofront di queste ultime ore, le trasferte delle tifoseria avversarie saranno vietate: come è logico che sia, paura ed insicurezza continuano a regnare sovrane.

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La finale di ritorno del Superclàsico era inizialmente fissata per il 28 novembre, giorno dell’arrivo di Donald Trump a Buenos Aires in vista del G30 che si terrà nella capitale. Il governo argentino ha candidamente ammesso di non poter garantire la sicurezza dei due eventi (la partita e l’arrivo del presidente USA) qualora avvenissero in contemporanea.

La Tierra y el Cielo

La rayuela se juega con una piedrita que hay que empujar con una punta del zapato. […] En lo alto està el Cielo, abajo està la Tierra, es muy dificil llegar con la piedrita al Cielo, casi siempre se calcula mal y la piedra sale del dibujo. Poco a poco, sin embargo, se va adquiriendo la habilidad necesaria para salvar las diferente casillas y un dia se aprende a salir de la Tierra y remontar la piedrita hasta el Cielo

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Quella di quest’anno è l’ultima finale di Copa Libertadores che si disputa in una doppia sfida di andata e ritorno, dall’anno prossimo anche il calcio sudamericano si adeguerà alla finale unica, secca, inequivocabile, senza possibilità di appello.

Questo per dire che sarebbe stata storica comunque, ma la magia del destino ha voluto aggiungere ulteriore pepe alla vicenda. In 180 minuti di disputerà la sfida più affascinante del calcio mondiale.

La doppia finale del Superclàsico non cancellerà più di un secolo di storia fra Boca Juniors e River Plate, ma ciò non toglie che segnerà uno spartiacque nella leggendaria ed eterna disputa fra le due. Non sarà più la stessa cosa, non sarà mai più la stessa cosa. Centottanta minuti che segnano il confine con l’immortalità, che separano la gloria e l’onta, l’inferno e il paradiso, l’epica e la tragedia. La Tierra y el Cielo.

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Giacomo Van Westerhout

Classe 1992, possiedo una laurea magistrale in ambito umanistico. Maniaco di qualsiasi cosa graviti intorno allo sport e al calcio in particolare, nonostante da sportivo praticante abbia ottenuto sempre pessimi risultati. Ho un debole per i liquori all'anice mediterranei, passione che forse può fornire una spiegazione alle mie orribili prestazioni sportive.

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