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Tanto, il nostro, è un sesso inutile

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Nel 1961, su richiesta di Arrigo Benedetti, direttore dell’Europeo, la giovane Oriana Fallaci pubblica Il sesso inutile (acquista), tradotto e ristampato in undici edizioni straniere, arrivando al cuore migliaia di donne, e di uomini, in tutto il mondo. L’opera racconta il viaggio compiuto da Oriana Fallaci intorno alla figura della donna, alla ricerca di una risposta davanti all’infelicità delle parole di una sua giovane amica in carriera:

Mi lamento proprio di quello che ho. Ti senti più felice all’idea di poter fare ciò che fanno gli uomini e divenire magari presidente della Repubblica? Dio, quanto vorrei essere nata in uno di quei Paesi dove le donne non contano nulla. Tanto, il nostro, è un sesso inutile.

Fallaci il sesso inutile

Un’opera femminista ante litteram

Fallaci pubblica Il sesso inutile intorno alla figura della donna nel 1961, in un’era ancora per poco differente rispetto a quella che si sarebbe aperta di lì a poco con i tumulti e le proteste del ‘68, in cui le donne hanno urlato e hanno preteso di non nascondersi più alle spalle di un uomo, ma di ottenere la medesima libertà, i medesimi diritti e prerogative dell’uomo, rischiando di barattare, in questo frenetico dimenarsi, il dono che le caratterizza, il solo del quale l’uomo è privo: il fatto stesso di essere donne.

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Al fianco del suo instancabile amico e fotografo Duilio Pallottelli, Fallaci parte per l’Oriente e vola da Karachi a New York, passando per India, Indonesia, Hong Kong e Giappone, incontrando volti e voci differenti e in continua evoluzione e allo stesso tempo immobili nelle antiche trame della tradizione. Intraprende un viaggio che, come lei stessa afferma, le consenta di «studiare tutte le situazioni possibili in cui vengono a trovarsi le donne, per colpa loro o di certi tabù».

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«Il sesso inutile» di Oriana Fallaci, tra spose bambine e matriarche

Il lungo viaggio della giovane giornalista ha inizio con le parole della sposa bambina di Karachi: «a che serve una donna giovane e bella se non partorisce?». Ha quattordici anni e sta per essere donata a un uomo che non conosce e non ha mai visto prima, coperta dal capo alla punta dei piedi da un lungo velo, che più che un velo è un sudario, che copre un cadavere o una prigione. Il mondo le è concesso solo da una piccola fessura che le scopre gli occhi e la paura di non essere all’altezza, l’angoscia di essere ripudiata.

Fallaci
Oriana Fallaci. Da: wikipedia.org

Al contrario, si aprono nuovi orizzonti nell’incontro con le antiche matriarche della Malesia che, tra l’ombra e le palme della fitta giungla malese, sono al capo della famiglia e dell’intera società, dove la terra viene tramandata di madre in figlia e gli uomini, quando incapaci di lavorare, sono cacciati dalle loro stesse madri, essendo non altro che un mezzo di procreazione. In Cina (con l’eccezione di Hong Kong, simbolo del cambiamento capitalista) Oriana incontra donne strette dai vincoli della tradizione, con piedi talmente piccoli che per spostarsi sono costrette a piccoli saltelli, uno dopo l’altro, e dal seno fasciato e stretto fino al sangue pur di non divenire sgradevoli all’uomo.

La solitudine delle donne occidentali

E poi il Giappone e le Hawaii, dove le donne hanno votato le loro radici al consumismo e alla rapidità del progresso occidentale e capitalista; per ultimo poi, New York, dimora di donne che «come mantidi religiose prima posseggono il maschio e poi lo divorano», in cui queste sono forti, potenti, anche più degli uomini, ma maledettamente sole.

Da un capo all’altro della terra le donne vivono in un modo sbagliato: o segregate come bestie in uno zoo, guardando il cielo e la gente da un lenzuolo che le avvolge come il sudario avvolge il cadavere, o scatenate come guerrieri ambiziosi, guadagnando medaglie nelle gare di tiro coi maschi. […] Girando come Caino intorno alla luna, ero tornata in ogni senso al medesimo punto da cui ero partita. E in quel girare avevo seguito la marcia delle donne intorno a una cupa, stupidissima infelicità.

Così Fallaci termina il saggio e il proprio viaggio intorno alla donna, costatando che il sesso inutile è inutile ovunque, sia nei Paesi dove le donne contano quanto un cammello, sia dove, forse, contano troppo. È inutile fin quando rimane profondamente infelice, e – come scrive Giovanna Botteri nella prefazione all’opera – per le donne incontrate da Oriana la felicità ha molto a che fare con la libertà e poco con il potere.

Lucia Cecarini

 


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