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Il Realismo Terminale nella società dello scarto

5 minuti di lettura

«La terra è in piena pandemia abitativa…». Così dieci anni fa Guido Oldani scriveva sul Manifesto del Realismo Terminale, firmato nel 2014 al Salone del Libro di Torino anche da Elena Salibra e Giuseppe Langella; mai più di oggi, dieci anni sembrano essere così drammaticamente vicini e “al passo” con i tempi. In realtà, ben più tragico si prospetta lo scenario, se si considera che la pandemia, da cui i firmatari del manifesto mettono in guardia, è quella che sta traghettando il mondo verso uno scenario apocalittico e post-umano di perdita di identità.

Appare difficile in questo caso, forse impossibile, riuscire a creare un vaccino ad hoc in laboratorio: questo virus sembra qualcosa che è ormai connaturato all’essere umano, inglobato/assimilato nell’organismo incosciente, di cui oggi è padrone. Gli oggetti, prosegue il manifesto,

Occupano tutto lo spazio abitabile, ci avvolgono come una camicia di forza. Essi ci sono diventati indispensabili. […] Da servi che erano, si sono trasformati nei nostri padroni, invadendo gli spazi quotidiani e accumulandosi in «immense megalopoli», in cui «la natura è stata messa ai margini, inghiottita o addomesticata».

La società dello scarto: l’uomo come oggetto

La corrente del Realismo Terminale ha come fulcro centrale proprio l’oggetto, termine di paragone con gli elementi naturali, paragonato agli elementi naturali interpretato soprattutto nel suo rapporto con il soggetto, su cui ha preso il sopravvento, rideterminandone i ruoli e i parametri per la conoscenza del reale. Le parti, nell’epoca dei consumi e della digitalizzazione, si sono rovesciate: non più il soggetto a usare l’oggetto, ma l’uomo stesso a dipendere e ad essere controllato dalle cose.

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Guido Oldani, poeta ideatore del Realismo Terminale © Foto di Eric Toccaceli. fonte: www.glistatigenerali.com

Durante l’incontro tenutosi il 12 novembre per Bookcity, in occasione del decimo anniversario del movimento, l’intervento di Daniele Maria Pegorari (docente dell’Università degli Studi di Bari) mette in luce la condizione dell’uomo contemporaneo quale oggetto tra altri oggetti. L’essere umano è oggi soltanto un oggetto scartato, messo da parte, così come si è soliti fare con le cose vecchie: la società contemporanea non è più quella del consumismo, se per consumo si intende qualcosa che faccia crescere, quanto piuttosto quella del rifiuto e dello scarto, utilizzando un’accezione di tipo antropologico ed ecologico forte. Vengono scartati e accantonati non solo oggetti brutti e demodé, ma anche persone, esperienze e valori.

Il Realismo Terminale per un nuovo Umanesimo

«L’estinzione dell’umanesimo», di cui si fa cenno nel manifesto, invita a ragionare in maniera consapevole intorno ai limiti di esaurimento di una certa civiltà umanistica e a guardare con occhi nuovi al XXI secolo per cercare di recuperare i valori accatastati in soffitta da tempo, a cominciare proprio da quelli letterari e artistici. Riportare alla luce l’«attardata poesia italiana» è un’impresa complessa, soprattutto in un presente restio, che per di più fatica a recepirne i messaggi. La consapevolezza di trovarsi sull’orlo dell’abisso, non esaurisce però la speranza di potere, un giorno, risalire a galla. L’adattarsi ai tempi e il prendere consapevolezza dell’oggi, non devono portare ad uno sterile ripiegamento in se stessi e nemmeno alla creazione di un movimento di nicchia, i cui adepti siano esclusivamente intellettuali o accademici. A ciò il Realismo Terminale ha provveduto, dando vita, anno per anno, ad un movimento culturale a 360°, eterogeneo nelle arti che vi aderiscono. Esemplificativo, l’incontro per Bookcity ha proposto interventi anche di artisti-artigiani, di una giovane poetessa con personalità autistica, di un attore e, infine, di un giovane cantante rap. Apprezzabile è la volontà di inclusione e di adesione ai temi proposti dal Manifesto dei più giovani e della loro cultura, attraverso stili e arti a loro più vicine. È un venirsi incontro che accresce la speranza nelle nuove generazioni, per cui, in fondo, i valori umanistici ancora esistono e hanno solo bisogno di essere ricaricati.

 


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Teresa Bonandi

Sono una studentessa di Lettere Moderne all’Università Cattolica di Milano, amo l’arte, la moda e gli aperitivi con gli amici. Estremamente ipercritica verso me stessa e determinata a portare a termine i miei progetti, sempre con un occhio di riguardo alle nuove tendenze, da vera fashion victim.

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