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Rieducare con il teatro: i drammi di Shakespeare entrano in carcere

3 minuti di lettura

Grazie alla loro profondità e alla diversità dei personaggi, le opere di Shakespeare sono un metodo efficace per aiutare chi ha sbagliato nella vita a prendere coscienza dei propri errori. Il Bardo prende per mano i detenuti e li accompagna nel processo di riabilitazione.

 

Il teatro non è solo intrattenimento, così come non è solo cultura: è prima di tutto insegnamento, educazione alla tolleranza e allo stare insieme. Che la recitazione possa essere la cura a numerosi problemi è ormai assodato. Molte persone decidono di far parte di una compagnia per trovare forza e autostima: fare teatro diventa così non solo un passatempo (o un lavoro) artistico, ma un vero e proprio strumento formativo.

Gli effetti benefici del teatro sono notevoli anche per chi si trova in carcere. Prendere parte a una compagnia teatrale è un ottimo metodo per rieducare civilmente i detenuti e restituire alla società delle persone nuove, migliori. In barba a chi propone le più crudeli torture per punire chi ha sbagliato, il teatro si dimostra una cura sana, educativa, che rispetta i diritti di ogni uomo restando comunque di grande impatto. Non la violenza come punizione quindi, ma una rieducazione fatta di arte e di condivisione.

Negli ultimi anni in molti paesi del mondo, dall’America all’Italia, diverse organizzazioni si sono interessate al teatro come metodo educativo, proponendo ai detenuti laboratori in grado di creare gruppi uniti in cui prendere consapevolezza di sé e affrontare i propri scheletri nell’armadio. Laura Bates nel libro Shakespeare Saved My Life: Ten Years in Solitary With the Bard (letteralmente: Shakespeare mi ha salvato: dieci anni in isolamento con il Bardo) descrive gli anni di scuola di teatro nel carcere come un’esperienza di grande utilità per i detenuti. Il titolo del libro, uscito nel 2013 edito da Sourcebooks, riprende infatti le parole dette da un ragazzo condannato per omicidio durante l’adolescenza e “tratto in salvo” dal drammaturgo più celebre d’Inghilterra. Così Bates racconta l’influenza del teatro shakespeariano sul ragazzo:

quando ho bussato alla porta della sua cella aveva vissuto per così tanti anni nella disperazione e nell’abbandono che stava per suicidarsi. E in tal senso la scoperta di Shakespeare, forse la prima esperienza positiva di tutta la sua vita, gli ha dato una nuova direzione, gli ha salvato la vita a tutti gli effetti.[1]

[1] Karen Swallow Prior, Why Shakespeare Belongs In Prison http://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2014/04/why-shakespeare-belongs-in-prison/361052/

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