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Alla riscoperta dei poeti italiani del Novecento, gli autori dimenticati dalla scuola

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11 minuti di lettura

Per ragioni di tempo e di programma, troppo spesso a scuola non si studiano molti poeti italiani del Novecento, eccezion fatta per Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo e Umberto Saba. Abbiamo preparato una piccola lista di poeti del Novecento – tra cui una poetessa ancora vivente – dimenticati dalla scuola ma assolutamente da riscoprire.

Lorenzo Calogero (1910-1961)

Lorenzo Calogero nasce a Reggio Calabria nel 1910. Studia medicina, iniziando a scrivere i primi versi negli anni universitari, che legge alla madre, figura con la quale Calogero ha un legame strettissimo, che si ripresenta assiduamente nella sua poetica. Dopo i primi tentativi di pubblicazione – falliti – abbandona per un breve periodo la scrittura, convincendosi di non essere destinato alla poesia. Tormentato dalla patofobia, tenta due volte il suicidio: la morte, la disperazione, il corpo sono la fibra dei suoi versi. Riprende a scrivere, cercando l’appoggio degli editori (Einaudi, Vallecchi), che non rispondono. A più riprese viene ricoverato per i crolli nervosi. Diventa amico del critico Leonardo Sinisgalli, che gli sarà vicino fino alla fine. Nel 1957 vince il premio “Villa San Giovanni”, ma non riceve proposte editoriali. Muore, solo, il 25 aprile 1961.

poeti italiani del Novecento
Lorenzo Calogero. Da: icsaicstoria.it

Dopo l’indifferenza che lo ha perseguitato in vita, la sua fortuna, esplosa e consumatasi nell’arco di pochi anni, è dovuta a saggisti e poeti come Rèpaci, Montale e Caproni, che hanno apprezzato le opere di uno dei più importanti poeti italiani del Novecento. Due volumi contenenti le sue poesie vengono pubblicati nel 1966 per Lerici. A questi, ne sarebbe dovuto seguire un terzo, mai uscito a causa del fallimento dell’editore, riconsegnando Calogero alla dimenticanza. La sua opera aspetta di essere riscoperta e istoriata nel canone del Novecento.

. . .Ella ha anche un corpo, un corpo violento
nella luce della chiarità fantastica
nella chiara lievità dei sentieri che subirono
altri occhi, in questa chiara densità della luna
che per tutti ebbe vita e calore.

Io non ti sapevo così erma,
sulla rupe di una città fantastica,
come ella ti amò un giorno.

Quaderni di Villa Nuccia

a cura di Giovanni Fava

Vittorio Sereni (1913-1983)

Una delle voci poetiche più incisive del Novecento italiano è Vittorio Sereni. Nato a Luino nel 1913, vive gran parte della sua vita a Milano. Nel 1941 pubblica il suo primo libro di versi, Frontiera, ancora pregno della poetica ermetica. Richiamato alle armi, viene fatto prigioniero in Africa settentrionale e recluso per due anni in un campo di prigionia, tra Algeria e Marocco. Questo periodo ispira una delle sue opere più evocative e dense, Diario d’Algeria (1947). La prigionia e la guerra mutano il suo modo di vedere il mondo, ai suoi occhi sempre più indecifrabile. La voce narrante di Vittorio, mescolata a elementi lessicali arcaizzanti, è funzionale a estraniarsi dalla realtà per poterla descrivere con impeto personale e nostalgico, utilizzando modulazioni da una strofa all’altra e continui sbalzi all’interno del testo.

poeti italiani del Novecento
Vittorio Sereni. Da: wikipedia.org

Con il suo terzo libro, Gli strumenti umani (1965), abbandona totalmente l’ermetismo e abbraccia un linguaggio più discorsivo, vicino al parlato, adatto ad affrontare le tematiche dell’estraneazione dell’uomo dal mondo contemporaneo e alla sua conseguente solitudine senza scampo. In questi versi le scene di vita cittadina si mescolano con il ritorno ai luoghi amati della prima giovinezza e della forza dell’amore che primeggia su tutto. La poesia di Sereni si è fatta interprete coraggiosa della vita della borghesia italiana nel momento del trapasso alle forme dell’ultimo capitalismo che tutti noi oggi conosciamo. Il poeta muore a Milano nel 1983.

Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso.
Quando lente le schiudi, là davanti
la città è quell’arco di fuoco.
Sul sonno futuro
saranno persiane rigate di sole
e avrò perso per sempre
quel sapore di terra e di vento
quando le riprenderai.

Frontiera

a cura di Ester Franzin

Elio Pagliarani (1927-2012)

Elio Pagliarani è stato uno dei poeti italiani molto importanti per il secondo Novecento. Annoverato tra i poeti dell’antologia I Novissimi a cura di Alfredo Giuliani, entrerà a fare parte due anni più tardi nel gruppo avanguardistico da questa scaturito, il Gruppo 63. Nonostante ne sia stato uno dei fondatori, Pagliarani si distaccherà dal gruppo per via della forte comunicabilità della sua poesia, in contrasto con l’eversione linguistica e stilistica dell’avanguardia.

Elio Pagliarani. Da: teatrodiroma.net

La sua opera più famosa è La ragazza Carla, del 1965, che parla dell’educazione sentimentale di una giovane milanese nell’epoca del boom economico.

Leggi anche:
Il gruppo 63 e la rottura con la tradizione letteraria italiana

Altre raccolte da ricordare sono Inventario Privato, struggente diario di una relazione amorosa conclusasi in malo modo, e La Ballata di Rudí, opera che attraverserà tutta la vita dell’autore e che verrà pubblicata negli anni Novanta.

Come sia insufficiente il mio amore
per la tua capacità di comprenderlo
per la tua capacità di comprenderlo
come sia immane il mio bisogno d’amore.

Inventario Privato

a cura di Vladislav Karaneuski

Edoardo Sanguineti (1930-2010)

Edoardo Sanguineti è stato uno dei poeti italiani del Novecento più importanti. Comincia la sua carriera poetica nel 1956 – poco più che venticinquenne –, con l’iconico Laborintus. Laureatosi in Lettere all’Università di Torino, Sanguineti è uno dei rari autori che concilia in modo eccellente le creazioni in versi con il percorso accademico. Fin da giovanissimo conquistato dalle avanguardie del secondo dopoguerra, diviene parte inscindibile di diversi movimenti artistici fino ad approdare al famigerato Gruppo 63, di cui rimane lo scrittore più rappresentativo.

Edoardo Sanguineti. Da: centropens.eu

Autore sensibile – tanto alle novità quanto allo studio dei classici – e prolifico, la sua poesia è unica nel panorama italiano: documentata e ironica, dimostra una cultura capace di cogliere dettagli in ogni cosa ed evento, che riesce poi a rielaborare nella sua ottica personalissima. Un giullare delle parole e della punteggiatura – nel senso più alto e puro del termine – che riscopre continuamente il senso della frase dissezionandola, facendone così emergere ogni incomprensione e assurdità. Una poetica costellata di libere associazioni, debitrice sì alla psicanalisi – di cui Sanguineti era attento appassionato –, ma anche delle esperienze e conoscenze pressoché illimitate di questo Maestro del Novecento. E per riprendere le parole del Componimento 49 della raccolta Postkarten:

Concludo che la poesia consiste, insomma, in questa specie di lavoro: mettere parole come
in corsivo, e tra virgolette: e sforzarsi di farle memorabili, come tante battute argute
e brevi: […] (che vengono a significare, poi, nell’insieme:
attento, o tu che leggi, manda a mente)

Postkarten

a cura di Lorenzo Gafforini

Patrizia Cavalli (1949)

Originaria di Todi, Patrizia Cavalli è tra i massimi poeti italiani contemporanei. Tra le raccolte di questa immensa poetessa ricordiamo Le mie poesie non cambieranno il mondo (1974), Il cielo (1981), Sempre aperto teatro (1999) e il più recente Vita meravigliosa (2020). Lo stile poetico di Cavalli è contraddistinto da una metrica tradizionale, e un linguaggio diretto e colloquiale che svela un certo crepuscolarismo del ruolo della poesia e dell’io lirico nei confronti della società contemporanea.

poeti italiani del Novecento
Patrizia Cavalli. Da: itacanotizie.it

La poesia di Cavalli, infatti, non si prefigge di svelare verità profetiche e rinuncia, quindi, a ogni tipo di slancio rivoluzionario nei confronti della realtà. La bellezza della poesia di Patrizia Cavalli sta nel rappresentare l’esistenza quotidiana dell’io in una confessione poetica sentimentale che nonostante il tono dimesso e ordinario sa affascinare con intensa drammaticità qualsiasi lettore. L’unica verità che esiste secondo Cavalli è quella che la quotidianità ordinaria è capace di regalarci una «vita meravigliosa».

Anche quando sembra che la giornata
sia passata come un’ala di rondine,
come una manciata di polvere
gettata e che non è possibile
raccogliere e la descrizione
il racconto non trovano necessità
né ascolto, c’è sempre una parola
una paroletta da dire
magari per dire
che non c’è niente da dire

Le mie poesie non cambieranno il mondo

a cura di Alberto Paolo Palumbo

 


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