A oggi, se si interroga un giovane o una giovane con un’età compresa tra i venti ai trentacinque/quaranta anni, dirà sicuramente di aver vissuto, come agente o subente, un’esperienza di ghosting o orbiting.
Facendo chiarezza, per ghosting si intende l’atteggiamento tipico di chi scompare dalla vita dell’altra persona dopo una breve o lunga frequentazione senza lasciare nessuna traccia, così dalla sera alla mattina. Diventa irraggiungibile su ogni e qualsiasi canale di comunicazione a seguito di un blocco o negandosi alla risposta a chiamate o messaggi. Ovviamente senza una precisa ragione, almeno da un punto di vista razionale di cui l’altra persona non viene messa al corrente.
Stessa cosa vale per l’orbiting, atteggiamento per cui, invece, la persona non solo scompare, ma perpetra un comportamento alquanto subdolo, ovvero continuare a seguire l’altro/a sui social, interagendo con post o storie, pur non rispondendo alle richieste di contatto e non adducendo nessuna giustificazione al suo improvviso eclissarsi.
Ovviamente la persona, in gergo, “ghostata” o “orbitata”, inizia a vivere un periodo di totale incertezza, si attribuisce colpe che chiaramente non ha, inizia a dubitare di tutto ed eventualmente anche dei partner che successivamente si avvicenderanno nella sua esistenza.
Il disagio, quindi, non è solo virtuale, ma reale e questo dovrebbe facilmente far comprendere la misura del rapporto e della profonda connessione, oggi, tra reale e virtuale. Il confine è davvero labile.
La stessa cosa, ma in modo opposto, avviene quando si conosce una persona sui social media: ci si innamora o si fa semplicemente del sexting, ovvero si messaggia con contenuti a sfondo sessuale per procurarsi del piacere che viene esperito direttamente nel reale fisico, al di là del dispositivo digitale utilizzato.
Questi sono solo degli esempi di come la vita degli esseri umani sia cambiata dopo l’avvento di internet e dei social media. Carnale e virtuale si mescolano, si perde il confine tra persone reali e schermi, capaci di dare le stesse emozioni, anche e soprattutto dal punto di vista fisico, un tempo possibile da soddisfare solo con il contatto de visu e in presenza.
Ma cosa succederebbe se oltre gli alter-ego digitali degli esseri umani, ci fossero anche dei robot pronti a dare loro piacere?
Altrove e sessualità: quando i robot entrano nella quotidianità
Grazie alla costante presenza in rete, gli algoritmi che gestiscono i social e la navigazione web riescono a captare preferenze, disgusti, tendenze, geolocalizzazioni, per ognuno degli esseri umani connessi da tutto il Pianeta.
Questi immensi archivi fungono da recettori che immagazzinano ogni giorno milioni o miliardi di informazioni e dati attraverso cui indirizzare le preferenze in tema non solo di acquisti, ma anche di ascolti musicali, di film, finanche di “standard” di persone che potrebbero catturare l’attenzione. La vicenda sembra allucinante e allucinata, eppure è totalmente reale: gli algoritmi interpretano e gestiscono le vite degli umani, sebbene nessuno di essi ne sia pienamente cosciente.
A tal proposito, nel 2013, anno che per via degli enormi cambiamenti in tema di vita digitale può apparire lontanissimo, vide la luce uno dei più interessanti – e al contempo inquietanti – episodi della serie avveniristica Black Mirror; l’episodio si intitolava Be Right Back – in italiano tradotto con Torna da me.
In sintesi, una giovane donna perde il suo compagno in un incidente stradale e dopo aver scoperto di essere incinta, sopraffatta dal dolore per la perdita, decide di cedere alla proposta di un’amica che le fa arrivare a casa un clone “in carne e ossa” del compianto compagno.
Il clone era stato creato grazie all’enorme, seppur inconsapevole, quantità di informazioni che il ragazzo aveva lascito di sé in rete; questo aveva permesso di ri-creare una copia “identica” all’originale, non solo esteticamente, ma anche in tema di gusti e preferenze. Il clone, però, non mangia, non beve, non dorme e in un primo momento non dà nessun segnale “umano”, nonostante la sua netta uguaglianza con l’originale.
La ragazza, inizialmente sorpresa ed entusiasta di questo “nuovo” fidanzato, alla fine cerca di convincerlo a uccidersi, ma è proprio in quel momento che il clone inizia a manifestare sentimenti umanoidi e lei non riesce a mandarlo via.
Superfluo dire quanto quell’episodio di Black Mirror lasciasse inquieti e turbati: ritrovare una persona morta sotto forma di clone robotizzato sarebbe spiazzante per chiunque.
Ovviamente si sta facendo riferimento a una narrazione esasperata, poiché porta alle massime conseguenze ciò che, comunque, si sta prospettando e concretizzando sotto gli occhi di tutti: il mondo è pronto ad avere a che fare con i robot e con un’esistenza virtuale divenuta sempre più reale. Basti pensare al rapporto con il piacere e con la sessualità: quanti esseri umani hanno già spostato la propria sessualità sulle chat, i siti porno, sui social? Tantissimi.
OnlyFans, per dire uno, ne è l’esempio provato; si preferisce avere un rapporto con “un altrove” che non è in carne e ossa seppur faccia tremare, dia brividi ed emozioni alla carne pulsante di chi ricerca questi contenuti o questo approccio.
La percezione del piacere a contatto con i sex robot
Nel 2018, nel Regno Unito, fu aperto il primo bordello con bambole elettroniche; la stessa cosa è accaduta in Germania e in Italia, nell’avanguardista Torino.
Le sex doll di ultima generazione sono, ovviamente, a grandezza naturale e dispongono di una cute riscaldata, per imitare in modo del tutto realistico la pelle umana; inoltre, sono dotate di sensori che consentono loro di ricevere impulsi da inviare al “cervello” computerizzato che, a sua volta, risponde innescando reazioni anche mimico-facciali di diverso tipo, per consentire un’esperienza sessuale quasi più reale del reale.
Chiaro è che la diffusione di questi sex robot potrebbe essere un utile antidoto per arginare il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione, ad esempio; da un punto di vista medico potrebbe aiutare persone che soffrono di disturbi fisiologici legati alla sfera sessuale di trattarli e curarli senza l’ansia del confronto diretto con un proprio simile.
D’altro canto, però, si potrebbe rischiare proprio di perderlo quel confronto con il simile, abituandosi a un “individuo” meccanico e privo di sentimenti. L’effetto ultimo potrebbe essere quello di una parziale o totale desensibilizzazione nei confronti degli esseri umani, la perdita di interesse e di empatia nei loro confronti, verso un ancora più acuito egoismo e individualismo.
Questo si esprimerebbe nella ricerca di modelli che mentalmente e teoricamente sono conformi ai desideri di ciascuno e che non restano più nell’immaginazione, ma diventano reali, abbandonando così l’idea che nei confronti dell’altro si possano provare sentimenti, si possano accogliere i suoi difetti, accettando l’alterità nell’ottica dell’espansione, schiacciata da quella della repressione robotica.
La perfezione non esiste, ma soprattutto se esistesse, gli esseri umani sarebbero condannati a essere delle monadi solitarie che vivono solo con se stesse, circondati solo da cose e persone conformi solo ai propri gusti. Eppure, nel panorama dei robot, dei siti porno ormai accessibili veramente a tutti, il profilo umano che si va delineando è proprio questo: un essere chiuso nella propria bolla, incapace di eccitarsi se di fronte ha qualcosa di nuovo, sorprendente, inaspettato.
Arginati nelle proprie comfort zone, gli esseri umani faranno sesso con i sex robot, scelti a immagine e somiglianza dei propri personalissimi gusti, chiacchiereranno con le persone care ormai defunte ma diventate dei chatbot, grazie all’enorme quantità di informazioni che ogni giorno si danno in pasto al web e si creeranno un piccolo mondo totalmente inaccessibile agli altri.
Non ci si soffermerà ora sulle complicanze etiche di tali atteggiamenti, ma è necessario fare luce su una deriva che non è più tanto “altrove” oppure “oltre” l’umanità, ma che è già in parte quell’umanità.
Anche chi si ritiene fuori da questi schemi, ne è ormai dentro “con tutte le scarpe”.
L’ “altrove” di cui si parla è, infatti, già nell’emozione che suscita una notifica, gradita o no, oppure i sentimenti positivi o negativi che emergono dopo aver visualizzato un contenuto sui social media. La presenza di robot che entrano a far parte della quotidianità, anche da un punto di vista sessuale, non è altro che il volto di un mondo in cui l’ “oltre-umano” è già presente nell’umanità stessa.
Quale futuro per la sessualità?
In questo scenario non più futuristico, come ai tempi di Blade Runner, quale domani si può immaginare anche e soprattutto per la sessualità?
Indicata nella sfera del tabù, del proibito, seppur atteggiamento naturale e comune per la stragrande maggioranza degli esseri umani, la sessualità nel mondo dei robot conosce il più grande dei cambiamenti e delle evoluzioni.
Di fatti l’elemento costitutivo della sessualità è l’alterità; anche nell’atto della masturbazione dove l’altro sembra non esserci, di fatto è presente anche sotto forma di immaginazione o fantasia. Con l’avvento della tecnologia e con la sua sempre più intensa presenza anche nella sfera sessuale, l’altro non è più protagonista e co-attore/autore del piacere, ma diviene un mero oggetto di cui disporre per la soddisfazione personale.
E non si tratta più neanche di evidenziare un processo di oggettificazione di un altro essere umano, ma di avere a che fare con un vero e proprio oggetto come un robot, ad esempio.
Questo potrebbe spingere gli esseri umani a credere che l’altro- l’altrove- l’alterità siano “cose” da usare a proprio piacimento, dimenticando così, amaramente e definitivamente, la fallibilità e la complessità non solo degli altri, ma anche di se stessi.
Questo articolo fa parte della newsletter n. 43 – ottobre 2024 di Frammenti Rivista, riservata agli abbonati al FR Club. Leggi gli altri articoli di questo numero:
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