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Una panoramica dell'Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia - fonte: www.holidaycheck.de

San Giorgio Maggiore,
la perla di Venezia

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11 minuti di lettura

L’Isola di San Giorgio Maggiore, suggestivo connubio di arte, spiritualità e natura, è un diamante incastonato tra il canale della Grazia e quello della Giudecca, nella bellissima tiara che noi chiamiamo Venezia.

In pochi minuti di vaporetto da Piazza San Marco è possibile immergersi nell’affascinante atmosfera di questa piccola isola che, nonostante oggi risulti perfettamente conservata, ha alle spalle una storia travagliata. L’antico monastero fu fondato nel X secolo per volontà del monaco benedettino e primo abate Giovanni Morosini, a cui venne donata l’isola nel 982 dall’allora Doge Tribuno Memmo. Tra il 1797 e il 1807, durante il periodo napoleonico, l’abbazia venne chiusa e i monaci furono costretti ad abbandonare l’isola e il prestigioso patrimonio storico e artistico che questa conservava gelosamente, dato che il Trattato di Campoformio, stipulato nel 1797 tra la Repubblica francese e l’Imperatore Francesco II aveva consegnato la città di Venezia e il Veneto agli austriaci. In più di 150 anni di degrado e noncuranza San Giorgio subì numerose trasformazioni che cancellarono ogni traccia dell’antica tradizione benedettina: da prigione divenne deposito di armi, fabbrica e distretto militare, mentre la Chiesa venne perfino utilizzata come sede di costruzione delle prime mongolfiere.

Basilica di San Giorgio Maggiore, Venezia - fonte: www.flickr.com
Basilica di San Giorgio Maggiore, Venezia – fonte: www.flickr.com

Anche se già nel 1917 lo Stato Italiano aveva restituito l’isola ai monaci, la svolta avvenne solo nel 1951, quando il conte Vittorio Cini acquisì gli spazi dell’isola e istituì la Fondazione Giorgio Cini, in ricordo del figlio morto nel 1949, a soli trent’anni, a causa di un incidente di volo.

L’intervento di Cini rappresentò uno dei primissimi casi in Italia in cui un’associazione privata si impegnò a restituire alla città e ai suoi abitanti una parte importante della loro storia e del loro patrimonio. In soli cinque anni Cini realizzò un ambizioso progetto di restauro, riqualificazione e valorizzazione che riportò l’intero complesso monumentale al suo originario splendore. Venne, inoltre, creato un vero e proprio ente culturale e centro studi che ancora oggi è attivo nella ricerca nei campi della storia dell’arte, della musica e del teatro con un succedersi di concerti, esposizioni e convegni a cui partecipano alcuni tra i più noti intellettuali del mondo accademico contemporaneo. Uno degli ultimi esempi è stato il Convegno Internazionale di studi Giovanni Bellini: “…il migliore nella pittura”, che si è tenuto lo scorso ottobre in occasione dei 500 anni dalla scomparsa dell’artista veneziano, oppure la mostra attualmente in corso Mindful Hands. I capolavori miniati della Fondazione Giorgio Cini, che chiuderà il prossimo 8 gennaio. Oggi, protagonista della vita culturale dell’isola è soprattutto il Centro Internazionale di Studi della Civiltà Italiana Vittore Branca, intitolato al principale sostenitore della nuova fondazione veneziana, nonché uno dei maggiori accademici e italianisti.

Il conte Vittorio Cini assieme al regista Roberto Rossellini, presso l'Isola di San Giorgio Maggiore, a Venezia - fonte: www.imprese.san.beniculturali.it
Il conte Vittorio Cini assieme al regista Roberto Rossellini, presso l’Isola di San Giorgio Maggiore, a Venezia – fonte: www.imprese.san.beniculturali.it

Grazie a un notevole lavoro di restauro filologico, oggi è possibile ammirare importanti interventi architettonici risalenti al XV secolo. I primi a lavorare a questa complessa struttura furono probabilmente i luganesi Giovanni e Andrea Buora, padre e figlio, rispettivamente realizzatori dello spazio della Manica Lunga, l’antico dormitorio dell’abbazia, e del chiostro centrale, denominato Chiostro dei Cipressi. Il carattere tipicamente neoclassico di questo spazio è conferito dalle arcate a tutto sesto, dal motivo delle bifore e dalla presenza di un pozzo centrale, mentre una discreta gradinata di pochi scalini ci suggerisce che la pavimentazione venne letteralmente sopraelevata per convogliare l’acqua piovana verso la cisterna del pozzo e proteggere il monastero dalle ondate di acqua alta, sistema efficace che risulta ancora oggi funzionante.

Il Chiostro dei Cipressi di Andrea Buora - fonte: www.cini.it
Il Chiostro dei Cipressi di Andrea Buora – fonte: www.cini.it

Su uno dei lati della vera del pozzo, che testimonia la ricchezza e le ingenti disponibilità economiche di questo monastero, ritroviamo un motivo decorativo raffigurante Santa Lucia, le quali spoglie vennero conservate qui fino alla seconda metà del 1200 e che vennero poi spostate per volontà dogale nella nuova chiesa dedicata alla santa, nel sestiere di Cannaregio.

Tra il 1571 e il 1575, proprio mentre Venezia stava vivendo un momento di profonda crisi economica insieme a una delle più violente pesti mai viste (venne a mancare più di un terzo degli abitanti), i potenti monaci di San Giorgio ingaggiarono Andrea Palladio, il più importante architetto sulla piazza in quel momento, per ampliare il loro monastero e progettare la nuova Chiesa. Palladio lavorò anche alla realizzazione del secondo chiostro, che verrà terminato dopo la sua morte da Vincenzo Scamozzi. File di doppie colonne e finestroni a timpani alternati corrono lungo i lati, mentre la particolare successione di due timpani uguali e triangolari nel punto centrale di ogni parete rompe la scansione ritmica curvilineo-triangolare per dare all’osservatore l’impressione che il chiostro sia più lungo e omogeneo.

Il Chiostro Palladiano - fonte: www.cini.it
Il Chiostro Palladiano – fonte: www.cini.it

Frutto della geniale progettualità del Palladio è anche il refettorio che, sulla base di una costruzione preesistente, guida il visitatore in un vero e proprio incontro con Cristo in un crescendo emozionale dove i 12 scalini d’ingresso rappresentano i 12 apostoli, mentre i 3 successivi la trinità. Proprio in questo splendido spazio era conservata la tela delle Nozze di Cana (1563) di Paolo Veronese, di cui oggi possiamo ammirare soltanto una copia. Con l’arrivo di Napoleone nel 1797, l’originale venne tagliata in sei parti, arrotolata e portata come risarcimento delle spese di guerra al Museo del Louvre di Parigi, dove è tutt’ora custodita.

Nozze di Cana, Paolo Veronese, 1563, Museo del Louvre, Parigi
Nozze di Cana, Paolo Veronese, 1563, Museo del Louvre, Parigi

Fu il veneziano Baldassarre Longhena a completare gli spazi della struttura con un’inconfondibile matrice barocca: lo Scalone, monumentale accesso all’appartamento dell’abate, e la Biblioteca posta fra i due chiostri, arredata con magnifiche librerie in legno di noce eseguite dall’intagliatore Franz Pauc e i cicli di tele dei lucchesi Giovanni Coli e Filippo Gherardi.

La Biblioteca progettata da Baldassare Longhena - fonte: www.ilgiornaledellarte.it
La Biblioteca progettata da Baldassare Longhena – fonte: www.ilgiornaledellarte.it

L’attuale organizzazione dello spazio è molto diversa dalla situazione che si presentò a Vittorio Cini all’inizio degli anni ’50. Nel refettorio era stata infatti allestita una falegnameria, lo scalone d’ingresso era stato completamente smontato e distrutto, mentre all’altezza del marcapiano era stato costruito un piccolo sottotetto allestito per ospitare uno scadente teatrino per i soldati. Solo i due bacilli in marmo rosso all’entrata, portatori di un profondo significato di depurazione, rimasero integri.

Oltre al complesso monumentale e all’Istituto di studio e ricerca, punta di diamante dell’Isola è il cosiddetto Teatro Verde o teatro di verzura, 1484 posti, progettato dagli architetti Luigi Vietti ed Angelo Scattolin e costruito dal 1952 al 1954 con gli avanzi dei detriti dei restauri. Su modello dei teatri antichi greci e romani, venne realizzata una collina bonificata da cui poi sono stati ricavati la cavea e la controcavea dell’orchestra. Dopo i primi anni di intensa attività culturale (lì si esibirono il Teatro di Atene con l’Ecuba di Euripide e l’Edipo Re di Sofocle, l’Oxford Playhouse con Il sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare, e molti altri), ora la dispendiosa e impegnativa gestione di questo teatro all’aperto permette solo l’organizzazione di sporadici eventi, alcuni dei quali ultimamente in collaborazione con la Biennale di Venezia.

Il Teatro Verde - fonte: www.cini.it
Il Teatro Verde – fonte: www.cini.it

All’interno dello stesso giardino, è possibile perdersi nell’affascinante Labirinto Borges, realizzato dall’architetto inglese Randoll Coate in occasione dei 25 anni dalla morte del celebre scrittore argentino Jorge Luis Borges (Buenos Aires, 1899 – Ginevra, 1986).

Il Labirinto Borges - fonte: www.cini.it
Il Labirinto Borges – fonte: www.cini.it

 

 

Valentina Cognini

Nata a Verona 24 anni fa, nostalgica e ancorata alle sue radici marchigiane, si è laureata in Conservazione dei beni culturali a Venezia. Tornata a Parigi per studiare Museologia all'Ecole du Louvre, si specializza in storia e conservazione del costume a New York. Fa la pace con il mondo quando va a cavallo e quando disquisisce con il suo cane.

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