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Santa Estasi, “Crisotemi”: la fine del mito?

6 minuti di lettura

Per l’ultima tappa del suo potente progetto, Latella esce dal territorio della tragedia antica e affida la composizione del testo a Linda Dalisi. Si tratta di un monologo lirico che rinvia a molti nomi importanti del Novecento, dal drammaturgo Samuel Beckett al cineasta greco Angelopoulos. Il focus è sulla quarta figlia di Agamennone, Crisotemi praticamente ignorata anche nelle fonti antiche (in Grecia il grande poeta Ghiannis Ritsos le ha però dedicato uno straordinario poemetto, nella raccolta Quarta Dimensione).

Ascoltiamo il frinire dei grilli, una luce verde illumina la scena, occupata dal lungo tavolo pronto per il banchetto (protagonista dal primo episodio). Due le sedie: a capotavola siede uno stanco Agamennone (Leonardo Lidi), lo sguardo fisso nel vuoto. Timidamente si apre l’anta di un armadio e ne esce Crisotemi, in abitino verde (l’intensa Giuliana Vigogna). Dopo le passioni forti, i truci scenari di sangue, vendetta, follia ed eroismo, il finale di questa saga ha la voce dimessa e intimista di una dolce femminilità ferita, che non cede per nulla all’autocommiserazione. Questa figurina sottile è assediata dal vuoto, dominata da una frenesia nervosa: sistema le altre tredici sedie intorno al tavolo e controlla l’ordine delle stoviglie, perché tutto stasera deve essere perfetto.

Il peso della solitudine e del vuoto

In un flusso ininterrotto di pensieri, che alternano la terza alla prima persona, in una mescolanza di sentimenti per cui riso e pianto sono dimensioni contigue, la fanciulla descrive una situazione che dovrebbe essere ordinaria, ma è immaginaria: si rivolge alle sedie vuote, lancia rimproveri, inviti, accoglie gli ospiti, dà ordini alle serve in cucina. Il meccanismo però continua a incepparsi, come se la normalità non potesse scorrere in questa grande «stanza circondata da altre stanze», qui dove da un banchetto empio si è originata la maledizione della casata. L’aureo ordine presente nell’etimologia del suo nome (chrysòs significa “oro” e themis rinvia alla legge che regola) è impossibile.

© Brunella Giolivo

«Oggi è il giorno. Ora bisogna darci un taglio», dice Crisotemi: a lei il compito di tirare le fila e porre fine, non sa bene nemmeno lei a che cosa. Forse alla sua vita in ombra o alla catena di sangue. Forse Oreste arriverà dalla Tauride a salvarla, forse si sprigionerà la scintilla per poter ricominciare… Tutto però tace.

L’attrice riesce bene a rendere questi sentimenti e l’imbarazzo: nella vita Crisotemi è sempre stata spettatrice, “tutta occhi” per le imponenti figure intorno a lei. Ora è protagonista, un grumo di nulla che pure reclama il proprio spazio di esistenza. Felice è l’immagine del registratore: a differenza della sanguigna sorella Elettra, che ha covato a lungo il sentimento di vendetta, lei è ancella della memoria, capace solo dei ricordi più semplici, cioè le vibrazioni sonore della natura o del quotidiano. Ha registrato un mondo pieno di presenze altre, che si apre oltre le mura, fuori dall’aria mefitica del palazzo. Eppure non riesce a evadere e resta intrappolata in questa stanza, davanti al tavolo apparecchiato e vuoto.

I toni però si accendono quando si lancia in un proclama che sfonda i secoli ed è diretto a noi. Contro il presunto ordine che dovrebbe regolare i rapporti in famiglia (una comunità utopica), il suo ultimo brindisi è «Che si fotta la gioia famigliare!». Questa sua famiglia devastata dal vuoto (la sorella sacrificata, il padre assassinato, i fratelli matricidi), vissuta all’ombra della menzogna, le ha negato il futuro, regalandole solo angoscia.

© Brunella Giolivo

L’ultimo banchetto

Alla fine più delle parole possono le immagini, solenni e rituali. Crisotemi ritorna bambina, in grembo ad Agamennone. I due grandi specchi sono fatti roteare, come se l’immagine capovolta della realtà possa davvero cambiare l’ordine degli eventi. O forse al contrario, rappresentano il vento tragico della storia che spazza senza posa le vicende, al di là della volontà dei singoli. Arrivano gli ospiti e si siedono ai posti stabiliti, l’ordine di pieni e vuoti è ristabilito. Ecco schierati tutti gli Atridi che ci hanno accompagnato nelle tappe di Santa Estasi. Dall’abisso dei secoli ci hanno parlato, ci hanno mosso alle risa e al pianto. I loro sguardi però ora sono fissi e vacui: sono morti, spettri o larve che attendono di riprendere vita? Si tratta di un preludio a un nuovo inizio, oppure una conclusione circolare, dominata da un’ipnotica coazione a ripetere?

Santa Estasi. Crisotemi
di Linda Dalisi
regia di Antonio Latella
produzione ERT 2016
visto il 25 maggio 2018; replica: 27 maggio 2018 h 21.30, Piccolo Teatro Studio Melato, Milano

Gilda Tentorio

Grecia e teatro riempiono la mia vita e i miei studi.
Sono spazi fisici e dell'anima dove amo sempre tornare.

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