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Sesso

Sex Education, ossia come svelare il fantomatico mistero aleggiante attorno al sesso

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10 minuti di lettura

Otis non riesce a masturbarsi

Otis (Asa Butterfield), figlio di un’avvenente sessuologa divorziata, la Dr.ssa Jean F. Milburn (Gillian Anderson), non è capace di svolgere quell’azione che, sin dagli inizi della pubertà, i giovani uomini e le giovani donne elaborano per scoprire il piacere del sesso, prima ancora del piacere verso sé stessi. Perché la masturbazione è amore verso sé stessi. Cresciuto da una donna aperta, sessualmente parlando, disposta al dialogo, al confronto, formato dagli anni trascorsi nella stanza accanto allo studio della madre, tra sperimentazione sessuale e incontri psicologici, Otis reprime tutto ciò che ha a che vedere con il sesso. Per contrapposizione al potere genitoriale, nella sua ribellione è pudico, spaventato, ritroso.

Eric (Ncuti Gatwa), il suo migliore amico, apertamente omosessuale, attende con ansia l’iniziazione di Otis. E affronta, nel luogo privato di una famiglia cristiana, la sua sessualità con orgoglio, caparbietà, senza veli.

Meave (Emma Mackey), giovane orfana, figlia di tossici, vive in una roulotte, paga un affitto, ed è stranamente e perversamente intelligente. Nonché bellissima. E Otis se ne innamora. I due aprono un’attività irregolare all’interno del complesso scolastico: uniscono la propensione all’illegalità di Meave con le conoscenze teoriche sul sesso di Otis, e cominciano a svolgere una vera e propria attività di terapia agli studenti del Moordale High School.

Scopo di Sex Education è l’apertura mentale verso tutte le caratteristiche prime del sesso, che a sedici anni sono sperimentazione, curiosità e, soprattutto, errore.

Ed è qui che fallisce il grande progetto sull’educazione sessuale di Netflix.

Perché è così importante parlare di sesso?

Il sesso deve smettere di essere un tabù. Questo ci dice Sex Education. Il sesso è giusto, è naturale, può essere bello, può essere fatto in maniera diversa, con amore, occasionalmente, fra uomini, fra donne, anche in tre, dove tutte le parti sono nella loro piena facoltà mentale. Va bene. Il sesso è bello. Ma, a sedici anni, il sesso è un profondo baratro di incomprensioni, di scorrettezze, di errori, di ripensamenti, di voglia di fare senza saper davvero come fare. La fase della pubertà è contraddistinta da una potente libido. L’eccitazione è al primo angolo della strada e, ancor di più, lo è la curiosità di capire e sapere ciò che viene decantato e utilizzato come macchina motrice del mondo abitato. Il sesso come deus ex machina. La soluzione a tutte le domande universali sul Come e sul Perché.

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Sex Education ci dice che a sedici anni non hai tante altre cose a cui pensare, se non a fare sesso o, per lo meno, tentare di farlo. È essenziale. Oggi più che ieri. Perché, altrimenti, nel caso in cui non lo si faccia, ne consegue il bullismo, l’esclusione, l’assenza di un’autodeterminazione. Così Sex Education comincia a mormorare, in retroscena, che il sesso bisogna farlo, per forza. Per evitare di essere esclusi, strani, e se ne si fa troppo e malauguratamente si è donne, si è conseguentemente promiscue. Così è. Ieri come oggi.

Scardinare il velo di mistero attorno alla sessualità

La serie televisiva vorrebbe essere un trampolino di lancio contro l’abisso di ignoranza in cui scivolano tutti gli adolescenti, che entrano furiosamente nel mondo della sessualità senza conoscere tutte le conseguenze che ne derivano. Così subentra il concetto di consenso, di sesso aperto ma consapevole, di protezione, di malattie sessualmente trasmissibili e, ancora, di prevenzione e risoluzione delle problematiche.

Sex Education è una comedy, però, per giunta adolescenziale. Cioè strutturata in un mondo adolescenziale al fine di giungere ad uno spettatore in fase di pubertà, con tutti i problemi che ne derivano. La gerarchia all’interno di un complesso scolastico, lo sportivo contro il lettore, la cheerleader contro l’amante dei fumetti o di Virginia Woolf che sia. Insomma, Sex Education è un insieme di stereotipi. Il format è imprescindibilmente targato Netflix. E così cade in errore.

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L’audience di ascolti di Netflix (raramente resi pubblici dal colosso dello streaming) fa pensare ad una totale assenza di concorrenza. Il che la rende la prima piattaforma su cui un adolescente annoiato guarda le sue serie televisive preferite. E una serie incentrata su quell’abominio spaventoso che è il sesso, per forza di cose, cattura immediatamente l’attenzione. Aggiungici un liceo, un gruppo multiforme di sedicenni che rende facile e comprensibile l’identificazione immediata dello spettatore, una serie di divertenti momenti fra adolescenti butterati, genitori invadenti, imbarazzi mattutini dove a sorgere non è mai solo il sole, qualche scoperta improvvisa, e il pacchetto è servito.

Così, davanti allo schermo, centinaia di Otis che non riescono a masturbarsi per colpe altrui. Decine di Meave che intrattengono rapporti occasionali con fortuiti giovani. Migliaia di Eric che non sono in grado di immaginarsi il sesso eterosessuale, figurarsi quello omosessuale, comprensibile solo attraverso la pornografia, che è eccitante, vero, spesso utile, altre volte solo oggettivazione dell’individuo. Perché nel sesso si è equi, mai prevaricanti, si deve imparare ad essere liberi ed è perciò necessario insegnare il dialogo, la libertà, la comunicazione.

Il messaggio propagandistico, da sessuologo in erba, di Otis, è: comunicate fra di voi. A dirlo è colui che non è nemmeno in grado di comunicare con la parte più istintuale e animalesca che lo designa come uomo colmo di raziocinio, certo, ma fortunatamente, anche di inconscio e subconscio. Quella parte che Freud proiettava sui disturbi psichici. Quella libido che ci identifica e ci rende umani. Il paradosso vivente che è Otis elargisce consigli ai suoi coetanei sul modo più consono, soggettivamente parlando, di approcciarsi al sesso.

Un’occasione mancata

L’intento di Sex Education è chiaro, ma il messaggio lo è molto meno. Manca di sostanza. Affronta problematiche odierne con leggerezza e ironia, a volte va bene, altre volte funziona in minor misura. Questo perché Sex Education deve aspettarsi anche un pubblico completamente inesperto, che forse raramente ha sentito parlare di prevenzione, di contraccettivi, o di forme di sesso non tradizionali ma non per questo sbagliate. Si può interfacciare con un pubblico che, potenzialmente, ha la necessità di un’educazione sessuale che spieghi approfonditamente certe dinamiche come, per esempio, la scelta da compiere, a soli sedici anni, di fronte ad una gravidanza inaspettata. Oppure, che cosa possa implicare l’accettazione della propria sessualità. O ancora, come affrontare un disturbo poco chiacchierato ed estremamente di nicchia, come può esserlo quello del vaginismo. 

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Poteva essere un modo per affrontare il sesso tout court. Un’enciclopedia didascalica, in ordine sparso, di fatti e situazioni quotidiane, di cui nessuno vuole parlare, di cui tutti soffrono. Invece il mastodontico colosso di serie televisive ha optato per il romanticismo e la trama (traballante), di sottofondo, anziché puntare su un’educazione sessuale ad oggi mancante. Poteva essere insegnamento di casistiche, di dati certi, di situazioni concrete, ma è scivolato nel Comedy drama e si è dimenticato lo scopo primo del messaggio: la comunicazione diretta, eterogenea, libera, giovane, senza peli sulla lingua. 

Ma lascia uno spiraglio aperto. La seconda stagione ci lascia in trepida attesa. Cosa accadrà ai protagonisti? Ma, soprattutto, verranno approfondite davvero tutte le tematiche riguardanti la sessualità in quella fase di pubertà e di confusione che sono i meravigliosi, terribili, indimenticabili, fragili sedici anni?

Giulia Lamponi

Giulia, Bologna, studentessa di Lettere Moderne, amante della letteratura, aspirante giornalista. Ogni tanto scrivo, ma più che altro penso.

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