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Sex work is work. Libertà di scelta e prostituzione

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13 minuti di lettura

Diverse scuole di pensiero attraversano l’Europa a proposito della regolamentazione o, per contrario, della proibizione del mestiere più antico del mondo, la prostituzione.

La legislazione

In alcuni Paesi dell’Est Europa, come la Russia o il Montenegro, la prostituzione ha come conseguenze pene pecuniarie o detentive (modello proibizionista). In altri, come l’Italia, (modello abolizionista), la legge prevede l’accettazione e al tempo stesso la non regolamentazione, mentre condanna tutto ciò che vi è attorno, ossia favoreggiamento, induzione, reclutamento, sfruttamento, compravendita di esseri umani e via dicendo.

Di altra idea sono i Paesi del centro Europa, come Germania, Svizzera e Paesi Bassi, dove la prostituzione è regolamentata, chi offre il servizio è tassato e chi acquista un bene sul libero mercato è obbligato a versare un’imposta (modello regolamentarista). 

Non solo un centro multiculturale come l’Europa è frastagliato e discontinuo su questo argomento. Lo è anche il mondo femminista, che da una parte inneggia alla libertà della donna in tutte le sue forme, e dall’altra vede nella prostituzione l’ennesimo tentativo di soverchiare la figura femminea da parte dell’uomo. 

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La Legge Merlin

In Italia vige la Legge Merlin, che prende il nome dalla sua ideatrice, Lina Merlin, politica, partigiana, componente dell’Assemblea Costituente e prima donna a essere eletta al Senato della Repubblica.

Dalle schiere del PSI (con cui vi fu una connaturale tensione interna) la sua voce si alzava contro la prostituzione legalizzata e a favore della chiusura delle case di tolleranza. La legge venne approvata nel 1958, dopo ben dieci anni di discussione. Non veniva penalizzata la prostituzione, ma vennero abolite le case chiuse; furono penalizzati sfruttamento e favoreggiamento, permettendo all’individuo, uomo o donna che fosse, di esercitare liberamente il diritto di poter sfruttare la propria sessualità e l’uso che ne sarebbe conseguito, nella totale libertà dell’individuo consenziente e pensante.

Tuttora la legge è in vigore. Ma è una legge piena di increspature, soprattutto perché figlia della sua generazione

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La Legge Merlin tendeva ad eliminare lo sfruttamento dietro al mercato della prostituzione, ma dopotutto era schiava di un modello ultracattolico che non poteva prevedere l’esistenza di un mondo in cui l’individuo pensante decideva di sua spontanea volontà di vendere il proprio corpo. E tutto ciò che ne conseguiva: salario minimo, contratto nazionale, cure mediche, regolamentazione, tassazione. 

In Italia, come nel resto del mondo, continua ad esserci un dibattito aperto. Da una parte il totale diniego, dall’altra l’idea fugace di una regolamentazione necessaria al fine di eliminare in larga parte il commercio di esseri umani. 

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La prostituzione in Germania

Lo scopo di regolamentare un bacino economico sommerso come può essere quello del mondo della prostituzione, è fermare il giro di criminalità organizzata che vi gravita attorno.

Come cerca di fare la Germania dal 2002. La legge ha come firmatari nuovamente i socialisti. Lo Stato, attraverso il controllo e la regolamentazione della prostituzione, può in larga parte combattere la criminalità organizzata che, nell’ombra, tira i fili delle donne e degli uomini, spesso di strati sociali più bassi e altrettanto spesso provenienti da paesi poveri, che si prostituiscono sotto costrizione. La corrente libertaria pretende la piena autonomia di chi decide consapevolmente di sfruttare il proprio corpo, attraverso il sesso, al fine di offrire un servizio per ottenere un guadagno. 

La spaccatura che separa i pro e i contro alla legalizzazione della prostituzione non attraversa solo le ideologie tradizionali, ma anche quelle femministe. 

La terza ondata del femminismo

Attraverso la terza ondata del femminismo si riconosce l’internazionalizzazione e l’accettazione della diversità. Se il femminismo della prima e seconda ondata era contraddistinto dalla donna bianca, occidentale, eterosessuale, con la terza ondata si apre una lotta intestina che pretende un’eguaglianza trasversale tra le donne di ogni etnia e sessualità.

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La terza ondata è quella che apre le porte alla libertà sessuale, alla pornografia, al cosiddetto sex worker, neologismo coniato per espellere le criticità che ingloba un termine rarefatto come quello di prostituzione, per aprirsi a un vocabolario che in sé racchiude il diritto primo, il lavoro, e il diritto consequenziale, la libertà di lavorare nel mondo del sesso.

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SWERFs

Contrarie alla terza ondata del femminismo sono le TERF (Trans-Exlusionary Radical Feminism), sottogruppo del femminismo radicale, fortemente transofobico. Credono che le uniche donne siano quelle nate biologicamente donne, e di conseguenza escludono tutta la teoria gender nata, cresciuta e sviluppata dall’ultimo femminismo. Dalle TERF si diramano le SWERF (Sex-Workers Exclusionary Radical Feminism), contraria allo sfruttamento del mercato sessuale, sia illegale che legale, incastrandosi in una contraddizione che da una parte pretende la totale autonomia e la totale libertà della donna, e dall’altra le vieta di usufruire del proprio corpo come più desidera. 

Le FEMEN (gruppo femminista di protesta ucraino) sono categoricamente contrarie alla prostituzione. Hanno protestato di recente ad Amburgo contro la legge in vigore in Germania, spalleggiando in questo modo l’onda abolizionista che sta attraversando il Paese, che vorrebbe ancora più regolamentazione e controllo (schedando, per esempio, chi nella legalità svolge il mestiere di sex worker) allo scopo di eliminare quella sottile, seppur pesante, infiltrazione criminosa che vede, nonostante la legge, un numero ancora considerevole di schiave e schiavi sessuali.

Sex workers, tra ipocrisia e criticità

In Germania, nel 2016, viene approvata una legge nel Bundestag, la Prostituiertenschutzgesetz, (legge sulla protezione delle prostitute), che legalizza il controllo a tappeto di tutti i sex workers, pretende la registrazione obbligatoria, attraverso una consulenza, anch’essa obbligatoria, che implica la valutazione dello stato mentale di chi decide di lavorare nel mondo del sesso di propria volontà. La legge istituisce una Patente di Prostituta, che identifica i sex workers riconosciuti dallo Stato. Naturalmente nessun altro lavoro richiede un censimento, ciò nonostante esistono albi per alcuni mestieri per cui sono necessarie comprovate conoscenze, non l’appartenenza e l’identificazione. 

Ciò che sta accadendo in Germania lo spiega Matthias Lehmann

La nuova legge probabilmente spingerà molti di noi a lavorare in condizioni non sicure e ad offrire servizi non protetti. I clienti che sono alla ricerca di servizi non protetti o disumanizzanti a buon mercato andranno probabilmente a cercarli dai lavoratori del sesso precari e illegali, non certo nei grandi bordelli in regola e controllati. Come lavoratori del sesso e come esperti delle condizioni del nostro lavoro, fin dall’inizio abbiamo assunto una posizione precisa: la nuova legge è più pericolosa per quelli di noi che si suppone debbano essere “protetti” da questa stessa legge e dai suoi creatori. Se avessero ascoltato noi, questa legge non sarebbe mai passata.

Per contrario, il modello abolizionista (vigente in Svezia, per esempio) vede nel mondo della prostituzione un fallimento della società. Non prende nemmeno in considerazione l’idea che, alle spalle, vi possa essere una volontà ed un libero arbitrio. Ossia la scelta consapevole di intraprendere una strada lavorativa, come affermano molte sex workers, non dissimile ad altre. Tu sei un impiegato e io una prostituta. Che è un termine ricolmo di stigma e negatività a causa della falsa accondiscendenza e della predominante ipocrisia dilagante, che sia di natura religiosa o di indole umana poco importa. 

Scrive Pia Covre, riferendosi alla legge ultrabolizionista in vigore in Francia, sulle orme di quella svedese:

Rifletto sul fatto che dietro a questa concezione della storia ci vedo tanta misoginia, un odio per certe donne la cui presunta impronta negativa si rifletterebbe sulla reputazione degli uomini. Le abolizioniste vogliono uomini ripuliti a partire dai testicoli. Che li usassero diversamente invece che portarseli dietro alla ricerca di soddisfazione in saldo. Ma è così che sarà, invece. I servizi sessuali saranno in saldo. E quando è stagione di sconti, con la paura che la polizia possa braccarti, perché proteggi il tuo cliente, perché celi la sua identità, finisce che a guadagnarci è solo chi lucra su quelle sanzioni. Piena solidarietà alle sex workers che lavorano in quella nazione, dunque, con la speranza che la Francia non si accontenti di una legge che di fatto è voluta da una minima rappresentanza dell’Assemblea Generale

La libertà di scegliere

Il punto focale della criticità attorno cui si muove la questione è che è concesso e non è concesso, allo stesso tempo, impartire una legge su un corpo. Le leggi sulla prostituzione rientrano nella gamma di quelle sull’aborto, sul cambiamento di sesso, sul diritto omogenitoriale. Le correnti liberiste cercano da una parte di aprirsi ai cambiamenti della società e dall’altra di non mettersi contro schiere di conservatori che ancora credono di avere il diritto di scegliere sulle vite altrui. O di femministe radicali che credono che imporre un comportamento, seppur secondo logiche di eguaglianza e non predominanza, ad altre donne, dia loro il diritto di decidere cosa sia consono e cosa non sia consono, rimarcando una gerarchia che, per sua definizione, il femminismo dovrebbe scardinare.

La lotta per ogni emancipazione è impervia. Lo è anche per tutti coloro che lavorano nella grande industria del sesso, quelli che lo fanno consapevolmente e volontariamente, che necessitano di regolamentazioni e tutele, e pari diritti che non ledano le libertà umane e civili. In questo specifico caso, la strada è ancora lunga, le opinioni politiche troppo contrapposte, e il peso del buon costume è una spada di Damocle che gravita sulla testa della rivoluzione sessuale.

Giulia Lamponi

Giulia, Bologna, studentessa di Lettere Moderne, amante della letteratura, aspirante giornalista. Ogni tanto scrivo, ma più che altro penso.