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Sognare è Vivere: speranze e disillusioni nel nuovo film di Natalie Portman

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Al suo primo esordio da regista e scenografa, la talentuosa e pluripremiata attrice israeliana Natalie Portman traspone sul grande schermo il capolavoro autobiografico dello scrittore Amos Oz, Una Storia di Amore e di Tenebra (Feltrinelli, 2002), romanzo dal forte valore storico – sociale che in molti sostengono varrà il Nobel all’autore.

La scelta della Portman è tutt’altro che commerciale, non dettata dalla volontà di sbancare il botteghino ma bensì dal desiderio di raccontare una storia che fosse al contempo intima e sociale, incentrata su un’individualità travolta e immersa in eventi storici. Ciò che viene raccontato in Sognare è Vivere (A Tale of Love and Darkness) è infatti la storia dello scrittore ancora bambino, che vive in una Gerusalemme dilaniata dagli orrori dell’olocausto, che fronteggia la sfida per il riconoscimento dello Stato di Israele. La storia di Amos e della sua famiglia sembra infatti fondersi indissolubilmente con quella di Gerusalemme e del popolo ebraico, in un susseguirsi di sogni, speranze, e inevitabili delusioni.

Figura chiave del film è sicuramente Fania, madre di Amos interpretata meravigliosamente dalla stessa Portman, la quale racchiude dentro di sé il malinconico e romantico spirito di Israele. Uno spirito che si nutre di speranze di gloria, di passioni travolgenti, nonché perennemente insoddisfatto. Questa donna, questa madre, è prima di tutto una sognatrice, innamorata della sua Gerusalemme, del suo popolo, per il quale reclama giustizia, e per il quale pretende quella mistica Terra Promessa dove scorrono latte e miele. Al contempo, i desideri di una patriota si fondono con le passioni insoddisfatte di una moglie, imprigionata in un matrimonio piatto e privo di intesa, in cui si trovano, per citare le parole della regista, «due persone con buone intenzioni, ma che non vanno bene l’una per l’altra e finiscono per vivere in un inferno». Fania esorcizza il suo dolore con storie di grandi avventure con le quali allieta le notti del figlio, nelle quali aleggia sempre la figura di un Pioniere, giovane bellissimo e prestante, forte e terrigno come Israele, rassicurante e sensuale come il perfetto amante.

La bellezza del film che la Portman ha magistralmente articolato sta nel creare un’intricata rete di corrispondenze fra tutti gli elementi del film, i quali sono strettamente connessi l’uno all’altro e permettono sia una visione d’insieme del periodo storico sia una profonda e dettagliata introspezione della vita familiare. Nelle scene si alternano non solo attimi quotidiani, in cui Amos lotta per comprendere e guarire il dolore della madre, ed eventi storici, quali la dominazione britannica in Palestina e gli scontri fra arabi e ebrei, ma si trovano anche degli elementi di grande valore culturale legati alla lingua ebraica, dall’etimologia complessa e altamente simbolica, in cui ogni parola si dischiude sulla bocca dell’oratore per far sorgere un meraviglioso fiore denso di significato.

Natalie Portman ha più volte dichiarato di sentirsi molto vicina ai personaggi di Amos Oz, di sentirsi in qualche modo partecipe delle loro esistenze e di aver sempre desiderato di realizzare un film tratto da una delle sue opere. Naturalmente, come spesso e purtroppo accade con film di spessore e dal grande valore poetico, i finanziatori si sono fatti desiderare, e la realizzazione è stata resa possibile solo dopo l’assegnazione delle parte di Fania alla Portman, la quale rimane sempre e comunque una garanzia per i produttori. Per lo spettatore che è anche lettore e ammiratore dell’opera di Amos Oz, il film può apparire poco fedele all’opera originale, da definirsi quasi monumentale con le sue 600 pagine. Ma il lavoro fatto dalla Portman nello scrivere il copione è da ammirarsi e ogni battuta fa comprendere il lungo e intenso lavoro che la stesura ha richiesto. Nulla è lasciato al caso e le battute si ricoprono della stessa densità emotiva e poetica che si può trovare nel romanzo.

Intenso, travolgente e a tratti illuminante, Sognare è Vivere è un film ricco e potente, in cui viene descritto il sogno come motore primo e assoluto dell’esistenza umana. Sono i sogni e le speranze di un popolo che spesso cambiano il corso della storia, così come i desideri più intimi sono quelli che spingono l’individuo a cambiare, a scegliere. Storia di un immenso amore per una terra, per un popolo e soprattutto per una madre, Sognare è Vivere segna il primo passo verso una carriera da regista per la Portman, che realizza in gran trionfo questo suo lavoro e offre agli spettatori un vero esempio di grande cinema.

 

Anna Maria Giano

Mi chiamo Giano Anna Maria, nata a Milano il 4 marzo 1993. Laureata Lingue e Letterature Straniere presso l'Università degli Studi di Milano, mi sto specializzando in Letterature Comparate presso il Trinity College di Dublino.Fin da bambina ho sempre amato la musica, il colore, la forza profonda di ciò che è bello. Crescendo, ho voluto trasformare dei semplici sentimenti infantili in qualcosa di concreto, e ho cercato di far evolvere il semplice piacere in pura passione. Grazie ai libri, ho potuto conoscere mondi sempre nuovi e modi sempre più travolgenti di apprezzare l'arte in tutte le sue forme. E più conoscevo, più amavo questo mondo meraviglioso e potente. Finchè un giorno, la mia vita si trasformò grazie ad un incontro speciale, un incontro che ha reso l'arte il vero scopo della mia esistenza... quello con John Keats. Le sue parole hanno trasformato il mio modo di pensare e mi hanno aiutata a superare molti momenti difficili. Quindi, posso dire che l'arte in tutte le sue espressioni è la ragione per cui mi sveglio ogni mattina, è ciò che guida i miei passi e che motiva le mie scelte. E' il fine a cui ho scelto di dedicare tutti i miei sforzi, ed è il vero amore della mia vita.

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