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Storia del dramma curdo: in pace come in guerra

L’impossibilità di una tutela internazionale fa sì che l'intera etnia possa difendersi ma non vincere contro l’offensiva di un Paese intero. Ad oggi qual è il dramma curdo più grande?

9 minuti di lettura

Era il 1988 quando in un’operazione conosciuta sotto il nome al-Anfal migliaia e migliaia di curdi (un numero ancora oggi imprecisato) persero la vita sotto gli attacchi chimici perpetrati dall’Iraq nel suo territorio. Villaggi distrutti, prigionieri torturati, donne e bambini fatti sparire senza lasciare traccia.

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L’area geografica del Kurdistan. Wikipedia.

I Curdi e l’operazione al-Anfal

Il genocidio dei curdi iracheni nell’operazione al-Anfal, avvenuta sotto il governo di Saddam Hussein, resta ad oggi uno degli atti più cruenti e spietati compiuti verso il popolo curdo, ma si tratta solo di una delle numerose violenze subite. L’operazione fu un evento di portata storica che svelò al mondo intero un lato inedito della politica di Saddam Hussein, il quale, nella guerra Iraq-Iran, era stato appoggiato dall’Occidente. Non fu però un atto di repressione isolato verso il popolo curdo, il quale, dal 1920 ad oggi, vive nella disillusione di uno Stato promesso e mai conquistato a causa del ridefinirsi della geopolitica mediorientale. Fu il primo caso in cui, tuttavia, il dramma dei Curdi divenne universalmente conosciuto.

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I Curdi oggi

Oggi i Curdi costituiscono una popolazione stimata tra i 30 e i 40 milioni e rappresentano una minoranza etnica in vari Paesi dell’area mediorientale (Turchia, Iraq, Iran, Siria), andando a costituire talvolta regioni autonome dove si crea l’illusione di una tutela, che si dimostra spesso assai fragile, vista la violazione di diritti cui i Curdi sono normalmente sottoposti. Basta leggere alcuni dati per interrogarsi circa l’effettiva validità di un sistema di informazione che ci dà conto del mondo.

Quando si parla di Turchia (e negli ultimi decenni se ne è parlato tanto in riferimento al suo interesse nell’ingresso nell’Unione Europea), l’attenzione ricade spesso sul riconoscimento dei diritti civili delle donne, dei membri della comunità LGBT, di tutti coloro che, insomma, appartengono a una minoranza. Al contrario, il «problema curdo» passa spesso in secondo piano, generando nell’opinione pubblica occidentale l’indifferenza tipica del disinteresse.

Eppure le violazioni da parte dei Turchi dei diritti umani dei curdi presenti nel loro Stato sono ben note, nonostante la documentazione ufficiale sia stata spesso ostacolata dal governo turco che ha anche definito falsi i rapporti delle Nazioni Unite. Un’ostilità, quella tra Curdi e Turchi, cominciata con la prima insurrezione curda nel 1984 e che da allora non ha cessato di esistere, tra guerriglie e negoziati di pace, con enormi paure del potere centralizzato turco nei confronti nella minoranza curda (circa il 18% della popolazione totale) che gioca (o meglio giocherebbe in una democrazia effettiva) un ruolo cruciale nella definizione politica del Paese.

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La vignetta di Zerocalcare su l’espresso.it

Le divisioni politiche dei Curdi

Va però certamente sottolineato come la comunità curda non rappresenti uno spazio unitario di intenti e linee politiche nella sua estensione «a macchia» in un territorio diviso tra Stati. Così i Curdi della Turchia sono stati spesso assimilati a quelli degli altri Stati nonostante la comunione etnica non sia sempre espressione di un’analoga comunione politico-ideologica. Ed è questo forse a generare un fraintendimento atroce perché legittima erroneamente la Turchia, che è in lotta da decenni con i curdi insorti al suo interno, ad estendere la lotta anche ai curdi siriani.

Uno dei rischi politicamente e militarmente più rilevanti è che il governo turco non faccia molta differenza tra le forze politiche d’opposizione in campo. Se così fosse il PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan – sostenuto delle masse popolari del sud-est della Turchia, da anni impegnato in prima linea per la promozione dell’indipendenza curda, ma considerato da diversi attori internazionali un’organizzazione terroristica – e l’YPG (Unità di protezione popolare, grande protagonista dei fatti di Kobane e Raqqa) potrebbero diventare per il governo di Ankara un unico grande nemico. Ma la situazione e gli equilibri sono molto complessi. E se c’è chi parla di «organizzazioni gemelle» con storie differenti ma simile ideologia, c’è chi ne sottolinea le distanze, Stati Uniti in primis.

Donald Trump – Formiche.net

I Curdi siriani

Meno Curdi, ma uguale instabilità nella vicina Siria, dove dall’inizio della guerra civile, nel 2011, le dinamiche interne hanno generato una frammentazione forse più complessa della dicotomia ISIS – Forze Governative (che i più tendevano ad assumere come binomio semplificato del conflitto). In Siria i Curdi, presenti soprattutto nei territori settentrionali, hanno contribuito in modo decisivo alla lotta allo Stato Islamico andando a costituire l’esercito di terra di cui gli Stati Uniti necessitavano nel momento del loro intervento armato (2014). Era il 2016 quando, tuttavia, spaventati dalla presenza autonoma di Curdi nel nord della Siria, i Turchi intervennero andando ad assumere il controllo nella zona settentrionale più vicina ai loro confini. Una presenza necessaria, e probabilmente minutamente studiata per mantenere una zona cuscinetto e controllare un territorio dove poter successivamente ricollocare i numerosissimi profughi siriani fuggiti in Turchia dopo lo scoppio della guerra. Un fine che, seppur poco nobile, appare certamente più limpido dell’altro che gli si affianca e che la Turchia mette in atto con l’attuale invasione del Rojava: indebolire i Curdi, per timore che possano rafforzare anche la componente curda in Turchia, e destabilizzare nuovamente la Siria, indebolendo il governo di Assad (di stampo sciita).
Il rischio che molti temono? L’ indifferenza, turca e globale, verso l’effetto collaterale: una possibile ricongiunzione delle cellule dello Stato Islamico.

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(Photo credit should read AHMAD AL-RUBAYE/AFP/Getty Images). Da Wired.it

L’assenza di una linea di definizione unitaria del popolo curdo, di un’associazione principale di riferimento, di una rappresentanza nelle principali organizzazioni internazionali, fa sì che l’intera etnia sia appigliata a organizzazioni territoriali implicate nelle dinamiche politiche e istituzionali dei diversi Paesi.

È un dramma derivante dall’assenza di una sovranità territoriale dei Curdi su un territorio, ma che si innesta su regioni autonome dove la cultura curda viene sistematicamente denigrata, in modo che i Curdi (turchi, siriani, iracheni, iraniani) debbano assumere una linea difensiva locale e non organizzativa comune. Non c’è una sovranazionalità dei Curdi e la principale conseguenza è l’impossibilità di una tutela internazionale: unica tutela è che l’informazione arrivi altrove e mobiliti altre masse, una tutela sussidiaria, mai effettivamente propria. I Curdi non possono difendersi da soli, o, meglio, possono difendersi ma non vincere contro l’offensiva di un Paese intero.

È il dramma più grande: non avere voce né in pace né in guerra.

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Gianluca Grimaldi

Napoletano di nascita, milanese d'adozione, mi occupo prevalentemente di cinema e letteratura.
Laureato in giurisprudenza, amo viaggiare e annotare, ovunque sia, i dettagli che mi restano impressi.