Storia di sopravvivenza urbana

Articolo della newsletter n. 52 - Luglio/agosto 2025

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Il cambiamento climatico, l’aumento delle temperature, la criminalità, la mancanza di infrastrutture adeguate e di mezzi di trasporto: sono solo alcuni dei problemi con i quali la popolazione mondiale nelle città sta facendo i conti negli ultimi anni. Da sempre l’uomo è costretto a fare i conti con le difficili condizioni di vita nelle città, fin dai tempi antichi. Dalle epidemie di Atene alla fuliggine della Londra industriale, fino alle zone fantasma come Pripyat, esploreremo il lato oscuro della vita urbana: le città invivibili nella storia. Analizzeremo come fattori quali malattie, inquinamento, sovraffollamento, povertà e conflitti abbiano trasformato le metropoli in trappole mortali. Un viaggio attraverso la democratica Atene e la Roma imperiale, passando per le città della Peste Nera, fino al XIX secoli, ci rivelerà come la resilienza umana sia stata messa a dura prova.

Atene e l’altro volto dell’età aurea

Quando pensiamo ad Atene la prima immagine che associamo è quella nel suo massimo splendore nell’Età dell’Oro nel V secolo a.C. Infatti è proprio durante l’Età di Pericle che gli studiosi ritengono che la cultura, l’architettura e la scultura abbiano raggiunto il loro apice, contribuendo a rendere questa città la culla dell’arte e del pensiero occidentale. Questa epoca fu piuttosto breve, racchiusa tra la fine delle Guerre persiane (nel 480 a.C.) e le Guerre del Peloponneso (404 a.C.).

In realtà, dietro la patina dorata, anche Atene dovette fare i conti con diversi problemi. A partire dall’igiene urbana, poiché la città aveva un sistema fognario per far defluire le acque, ma era a cielo aperto e non così sviluppato come sarebbe stato poi in età romana. Un altro fattore fu il sovraffollamento, il quale diventò insostenibile durante le guerre del Peloponneso. La città di Atene infatti comprendeva anche le zone del contado circostanti e, in caso di pericolo, la popolazione cercava rifugio all’interno delle mura difensive. Proprio a causa di questo sovraffollamento, la Grande Peste del 430 a.C. falcidiò la popolazione.

Per quanto riguarda la vita pubblica, spesso facciamo coincidere la nostra idea di democrazia con quella greca. In realtà, dobbiamo ricordare che sono due concetti non sovrapponibili e le disuguaglianze sociali erano molto marcate all’epoca. Queste erano profonde e strutturali, riguardando non solo la sfera politica, ma anche quella economica. Colpivano non solo le donne e gli schiavi, ma anche i meteci, ovvero gli stranieri residenti nella città. Questa categoria, che aveva obblighi economici e militari, tuttavia era esclusa diritti fondamentali e della protezione riservata ai cittadini della poleis.

Città invivibili storia
Vista dell’Acropoli di Atene

Invivibile di giorno, pericolosa di notte: Roma

Un’altra città antica che dovette fare i conti con numerose problematiche per la vita dei propri abitanti fu Roma. La città, considerata cuore pulsante del mondo classico, era paragonabile con l’odierna New York: un crocevia di persone e culture, densamente popolata e vasta. Anche una città caotica che non riposava mai. È in questo modo che la descrive il poeta latino Marziale; in uno dei suoi epigrammi racconta di come sia impossibile riposare la notte per i suoi rumori incessanti, gli schiamazzi e la vita che non si ferma, ma quanto questo sia stancante per la sua attività di intellettuale. Anche un altro autore, Giovenale, in una sua satira denunciava i pericoli di Roma: il traffico incessante durante il giorno, la massa di persone; di notte i rischi aumentavano, perché la criminalità aveva la possibilità di muoversi più indisturbata e il rischio di essere coinvolti in risse era molto alto.

In particolare Roma risultava invivibile sopratutto nelle insulae, le grandi strutture abitative destinate alla popolazione comune e meno abbiente. In questi edifici su più piani, abitavano numerose persone e spesso erano edifici fatiscenti con stanze spesso piccole e poco confortevoli. Inoltre dentro le Insulae mancavano i servizi essenziali, come quelli igienici e l’impianto idraulico. Bisognava utilizzare le strutture pubbliche all’esterno, sia per espletare i propri bisogni che per rifornirsi d’acqua. Un altro pericolo in queste strutture era il rischio di incendi: le stanze poco illuminate e anguste necessitavano di luce artificiale. Non erano rari sia gli incendi che si propagavano velocemente, grazie anche al uso del legno nelle intelaiature delle costruzioni, ma anche i crolli, dovuti alla speculazione sulla qualità dei materiali di costruzione.

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Resti di insula di epoca romana, vicino all’Ara Coeli

Il Medievo: tra caos ed epidemie

Nel Medioevo le condizioni della popolazione peggiorarono, in particolare durante la prima fase di questa epoca. La vita nelle città era spesso difficile a causa di una serie di problemi legati all’igiene, alla sicurezza e all’organizzazione urbana. Le città vennero progressivamente abbandonate dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente perché non erano sicure e facilmente preda degli assalti delle popolazioni barbariche. Per chi rimaneva le strade erano strette, tortuose e prive di pavimentazione, spesso ricoperte di fango e rifiuti. Mancando un sistema fognario efficace, gli scarichi delle abitazioni finivano direttamente in strada o nei corsi d’acqua, contribuendo alla diffusione di malattie.

Le abitazioni generalmente erano costruite in legno e molto ravvicinate, il che rendeva frequenti e devastanti gli incendi. Inoltre, l’alto tasso di popolazione concentrata in spazi ristretti, unito alla scarsa conoscenza medica, favoriva la rapida propagazione di epidemie come la peste, la quale ridusse la popolazione europea di un terzo, in particolare proprio nelle città. Nonostante la fase finale del Medioevo sia considerabile come una grande epoca di costruzione e fermento architettonico, l’assenza di pianificazione urbanistica e la mancanza di servizi pubblici adeguati rendevano le città medievali ambienti disordinati e insalubri, in cui vivere era una sfida quotidiana per la maggior parte della popolazione.

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Ambrogio Lorenzetti, effetti del cattivo governo, Siena 1337-1340

Fabbriche, smog e sovrappopolazione: le città industriali

Con il progresso tecnologico e industriale, tra il XVIII e il XIX secolo le difficoltà legate alla vita in città non diminuirono, ma cambiarono forma. In particolare nel corso dell’Ottocento, con la Rivoluzione industriale, molte città europee conobbero una rapida crescita demografica e urbanistica, che portò però a gravi problemi sociali e ambientali. Le masse di operai che si trasferivano dalle campagne per lavorare nelle fabbriche venivano spesso ammassate in quartieri periferici sovraffollati, dove le abitazioni erano piccole, malsane e prive di servizi igienici adeguati.

Un altro fattore, per certi versi nuovo, ma che contribuì a peggiorare la vita fu l’inquinamento atmosferico causato dalle ciminiere che si aggiunse a quello delle acque dovuto agli scarichi industriali, rendendo l’aria e i fiumi pericolosi per la salute. L’aria era praticamente irrespirabile a causa dell’inquinamento delle fabbriche. Un altro fattore di rischio riguardava invece le condizioni di lavoro in questi luoghi: estremamente dure, con turni lunghissimi e scarsa sicurezza, anche per donne e bambini. In queste città, come Londra, Liverpool, ma anche Torino, la qualità della vita per la classe operaia era molto bassa, e le disuguaglianze sociali erano evidenti e profonde. Questi problemi alimentarono tensioni sociali e spinsero, nel tempo, alla nascita di movimenti sindacali e di riforme urbane.

Il sogno infranto nella città fantasma: il caso di Pripyat

Per la cittadina di Pripyat, al confine tra Ucraina e Bielorussia, l’orologio si è fermato il 26 aprile del 1986. Creata negli anni Settanta per ospitare i dipendenti della vicina centrale nucleare di Černobyl, questa città era un luogo moderno e denso di attività, con strutture all’avanguardia per i cittadini e una popolazione giovane e piena di sogni per il futuro. Era soprannominata “La città dei fiori” per i suoi ambienti verdi e l’attenzione al giardinaggio.

Veduda dall’alto della città di Pripyat

Quando si verificò il disastro nella centrale nucleare, in seguito all’esplosione del reattore 4, fu ordinata l’evacuazione dei centri abitati nel raggio di trenta chilometri. In breve tempo la città divenne un luogo fantasma, pericoloso per la vita a causa delle radiazioni, non solo quella umana, ma anche quella animale e vegetale. Ancora oggi il luogo rimane disabitato e del sogno di prosperità per cui era stata costruita rimangono solo i fantasmi degli edifici disabitati e di una grande ruota panoramica abbandonata.

Ruota panoramica abbandonata nella citta di Pripyiat, Ucraina

Illustrazione di Giada Collauto

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Eleonora Fioletti

Nata tra le nebbie della pianura bresciana, ma con la testa tra le cime delle montagne. Laureata in Filologia moderna, si è appassionata ai manoscritti polverosi e alle fonti storiche. Nel tempo libero colleziona auricolari annodati, segnalibri improbabili, eterni esprit de l’escalier, citazioni nerd e disneyane da usare in caso di necessità.

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