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Taglio dei Parlamentari e rappresentatività. Un articolo dissenziente

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6 minuti di lettura

L’8 ottobre 2019 il Senato ha approvato con una maggioranza bulgara la riforma costituzionale che prevede il taglio dei Parlamentari. Dalla prossima legislatura i Deputati passeranno da 630 a 400 e i Senatori da 315 a 200. Un breve articolo dissenziente.

Il taglio dei Parlamentari e la malattia proporzionale

Da destra a sinistra, passando per il proteico Movimento 5 Stelle, tromboni e trombette intonano una vittoria che è solo elettorale, mentre la costituzione democratico-liberale ne risente e troppo poche voci di dissenso – fra i quali gli ormai scissi +europeisti – protestano. Il principio fondativo di ogni repubblica rappresentativa, il principio di rappresentanza appunto, è stato leso. Una democrazia sana necessita di un rispecchiamento fra rappresentati e rappresentanti, di una trasfigurazione delle forze e degli interessi particolari e collettivi dalla società civile alle aule parlamentari, dove divengono prassi politica istituzionalizzata.

Taglio dei parlamentari
Foto: Repubblica.it

La trasfigurazione dalla società civile al Parlamento è limitata oggettivamente: una rappresentatività perfetta, che tenga conto di ogni “circonvoluzione cerebrale”, implica un rapporto fra eletti ed elettori di uno a uno, tradotto una democrazia diretta. Eppure noi demandiamo volentieri alla classe politica l’esercizio del potere, per poter curare, come scrive Benjamin Constant, le nostre «libertà moderne». Tenendo conto, dunque, dei limiti intrinseci alla rappresentatività, constatiamo nondimeno che il venir meno del rispecchiamento coincide col venir meno della possibilità di un’attuazione concreta del diritto positivo di cui gode ogni cittadino. Il diritto di partecipazione alla vita politica, che svolgiamo perlopiù indirettamente, quando eleggiamo gli organi legislativi, è legato al principio di rappresentanza ed è la massima tutela al godimento delle nostre libertà individuali.

Meno deputati, ossia meno democrazia

Non giriamoci intorno: la diminuzione dei rappresentanti diminuisce la rappresentatività, rende meno chiara la voce elettorale. Il taglio appena approvato porta in complesso il numero di Parlamentari da 945 a 600: se la popolazione italiana è di 60,4 milioni di abitanti, ciò significa che il rapporto, contando 945 Parlamentari, è di 1 eletto ogni 64 mila persone. Con il taglio a 600 parlamentari eletti, il rapporto sarebbe di 1 eletto ogni 101 mila persone. Una rappresentanza meno nitida implica una rappresentanza più lontana, meno democratica.

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Taglio dei parlamentari
Foto: Open.online

L’imbecillità argomentativa

Un taglio dei Parlamentari non è in sé malvagio, piuttosto è opinabile. Ciò che risulta quest’oggi assurdo è l’argomentazione con la quale si adduce alla riforma, un’argomentazione economica, peraltro debole, giacché le cifre raccolte col taglio risultano “bruscolini” se confrontati all’esosa spesa pubblica nostrana. Insomma: l’argomentazione sfugge il nocciolo della riforma. Valorialmente parlando, per chi scrive, il principio economico è (e dev’essere) subordinato all’ordinamento democratico e alla sua salute; che una parte consistente dell’elettorato fanfari insieme ai fanfaroni è quantomeno allarmante. Ciò pare indicare uno scarso interesse dei cittadini nei confronti della salute pubblica: la sostituzione del paradigma democratico col paradigma pecuniario rischia di far scivolare sempre più in basso un dibattito pubblico già di scarso livello.

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PD e LEU, che fate?

Il consenso in seno al taglio deriva dall’oramai consolidato disgusto verso la classe dirigente, alimentato da una certa politica e da alcuni media che della lotta fra santo popolino e sorosiana casta hanno fatto il proprio lietmotiv. Gli appartenenti al risicato fronte anti-populista – Partito Democratico e Liberi e Uguali, gruppi a forte vocazione governativa e istituzionale – sembrano aver compiuto un balzo nell’oscurità antipolitica, come regalo all’alleato di governo.

Taglio dei parlamentari
Foto: Adnkronos.com

Da occhi esterni quest’improvvisa sbandata per i pentastellati, fino a ieri “felpastellati”, allontana PD e LEU da quei capisaldi ideali che apparivano non solo in-contrattabili, ma addirittura fondativi dei due partiti.
Il rischio più grande, prima solo additato e ora sempre più evidente, è che la necessità di un lungo governo che prosegua almeno fino all’elezione del Presidente della Repubblica, implichi una certa compromissione coi 5 Stelle, compromissione che potrebbe snaturare i contenuti e, soprattutto, i metodi elettorali dei due partiti (di Italia Viva non parliamo, ché il leader è sempre stato “populist chic”).
Se questa compromissione radicale avrà luogo, sarà bello vedere Zingaretti chiamare in un video su Facebook «Partito di Mosca» la Lega e Grasso con una story su Instagram inneggiare ai tortellini vegani.

Che bell’inizio per il governo giallo-rosso!

Mattia Brambilla

Sono laureato in filosofia presso l'Università degli Studi di Milano; amo il pensiero e le lettere, scrivo e mi diletto con gli scacchi.