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Il teatro cancellato: LITURA volume II

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11 minuti di lettura

Dopo la prima non-rappresentazione del progetto LITURA in cui veniva messo in scena il palcoscenico vuoto, spogliato di tutta la sua essenza vitale, il 1 novembre 2020 andrà in scena il secondo capitolo di questa riflessione senza (come sottolineano gli ideatori del progetto) numerosi artisti del teatro contemporaneo.

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Abbiamo incontrato su Zoom i due studenti di regia alla Civica Scuola Paolo Grassi Giulia Sangiorgio e Alessandro Paschitto. Subito si è entrati nel vivo della questione con un dialogo profondo e molto interessante; eccolo qui riportato fedelmente a presentazione del progetto.

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Come state vivendo a scuola, in Paolo Grassi, questa situazione di apprendimento a distanza?

GIULIA: Per me è come camminare sull’orlo di un precipizio: c’è ancora un terreno sotto i piedi, ma è costante l’ansia di ritrovarsi senza. La scuola ha preso tutte le misure di sicurezza possibili: autocertificazioni, controllo della temperatura, mascherine e gel igienizzanti, contingentamento. La risposta all’emergenza è stata pronta: già da giugno alcuni corsi in presenza sono ripartiti e la scuola è tuttora aperta. Inevitabilmente abbiamo dovuto sperimentare la didattica a distanza ed è stato frustrante, perché una scuola di teatro fatta online è una sofferenza.

ALESSANDRO: Questo progetto prende le mosse anche da questi temi. Che cosa è possibile fare in presenza e che cosa ha senso fare online? Abbiamo assistito, durante la quarantena, a numerosi progetti pensati appositamente per piattaforme digitali, che hanno fatto di esse la propria nuova casa, esperimenti interessantissimi. Senza contare i tanti materiali d’archivio resi disponibili come mai in precedenza. Ci sono stati addirittura spettacoli che hanno debuttato online, con risultati più o meno felici. Dopo l’entusiasmo del principio, è arrivato il senso di nausea.

Il primo studio di LITURA è nato così: non da un’idea, ma da una repulsione. Un dirsi: «basta, l’unico streaming che vorrei vedere ora è quello di un teatro vuoto». E un contatore a segnalare la durata di quest’assenza in giorni, ore, minuti e secondi. Letteralmente rimossa la cosa da vedere. Colpo di spugna, spina staccata. Questo secondo capitolo riparte dall’epilogo del primo, operando una moltiplicazione. Tante figure, artisti della scena italiana contemporanea, danno le spalle alla camera, in spazi scenici deserti di tutta la penisola.

GIULIA: In opposizione al bombardamento di contenuti multimediali, alla negazione di un tempo sospeso e all’aspettativa di una performatività a tutti i costi e a qualunque condizione, i performer stavolta si rifiutano di performare. Il settore dello spettacolo dal vivo è ormai in uno stato di crisi permanente. Il Coronavirus ha dato il colpo di grazia.

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Cosa rende il teatro ancora più diverso da tutti gli altri settori come il cinema, lo streaming e la televisione?

ALESSANDRO: La sostanziale differenza sta nella fruizione tra uno spettacolo dal vivo e un’immagine virtuale. Io non ho speranza né desiderio di battere Netflix o una produzione cinematografica con i suoi stessi mezzi.

GIULIA: La condivisione di un qui e ora viene ovviamente meno in una fruizione online. Se da spettatrice, a teatro, sono obbligata a staccare dal resto del mondo per tutta la durata di uno spettacolo, da spettatrice virtuale posso essere in contemporanea anche altrove. È il paradosso per cui in quarantena tutti ci siamo illusi di avere un sacco di tempo libero a disposizione per poi scoprire l’obbligo di essere costantemente connessi e disponibili.

ALESSANDRO: È interessante che molti psicoanalisti si siano rifiutati di proseguire telefonicamente, salvo emergenze, il lavoro con i pazienti. Persino la cura psicoanalitica, che per eccellenza è cura attraverso la parola, non può svolgersi in assenza del corpo. Il teatro, invece, da sempre vanitoso spacciatore di catarsi, si è avvalso dell’ospitalità dello schermo a prezzo di un equivoco: dimenticare cosa ne facesse davvero teatro.

Una domanda un po’ retorica: pensate che il teatro uscirà diverso da questa situazione?

GIULIA: Diverso senz’altro. Il teatro è qualcosa che si fa in relazione alla comunità che poi si ritrova a guardarlo, no? Di cosa avranno bisogno le persone quando questo delirio sarà finito? Se davvero riusciremo ad uscirne, ci sarà una riscoperta di quello stare qui ed ora, l’entusiasmo di condividere uno spazio fisico reale. Quando recupereremo questo aspetto, forse non lo daremo per scontato.

ALESSANDRO: Questa sospensione può essere un’occasione. Siamo sempre vessati da un’iperproduttività indotta. Penso ai bandi under 35, sempre affamati di progetti inediti, molti dei quali muoiono non troppo tempo dopo essere nati, lasciando spazio a una successiva schiera di premiati usa e getta. Quanti lavoratori dello spettacolo dal vivo, in un anno, totalizzano più di 250 giornate lavorative? Basti pensare che in tempo di pandemia il famoso contributo agli artisti ha dovuto rendersi accessibile a chi avesse anche solo 7 giorni di contributi versati.

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GIULIA: L’ideale sarebbe un tempo sospeso e retribuito in cui gli artisti possano lavorare, creare e lasciar sedimentare le idee, producendo meno, ma al massimo delle loro potenzialità creative.

ALESSANDRO: Noi come generazione siamo in un certo senso fortunati: non avendo mai avuto niente, non abbiamo niente da perdere. E di questo niente stiamo facendo il nostro principale strumento

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La protesta dei lavoratori dello spettacolo con i “bauli in piazza”
Foto Ig/Saturnino

Quindi è meglio evitare la sovrapproduzione di lavori di qualsiasi tipo che magari sono significativi, ma meno precisi nel “colpo”?

ALESSANDRO: Il nostro non vuole essere un gesto nichilistico, poniamo semplicemente davanti agli occhi un fatto, uno stato di cose inaccessibile, barrato. In questo senso è più l’opera a leggere noi che noi a leggere l’opera.

GIULIA: Né stiamo puntando il dito verso chi ha scelto altre strade durante il lockdown. LITURA non è una risposta. Noi siamo ancora nel naufragio. LITURA mica è l’arca della salvezza, al massimo è la mano di un Ismaele.

ALESSANDRO: Anche nel definire questo lavoro c’è da stare attenti. Una riflessione? Forse più un riflesso. Un riflesso parasimpatico.

Secondo voi cosa ha spinto questi artisti a collaborare al progetto oppure cosa vorreste che li avesse spinti?

GIULIA: Credo ci fosse una necessità condivisa. Abbiamo contattato artisti che per i motivi più diversi sentiamo vicini. In più di quaranta hanno accettato l’invito, inviandoci i loro video, spesso girati con mezzi di fortuna in teatri in quel momento fermi, aperti appositamente per loro.

ALESSANDRO: Abbiamo scelto personalità diversissime, nel tentativo di rappresentare il più possibile la scena italiana contemporanea.

GIULIA: Sembrano dei giganteschi punti di domanda che chiedono “E adesso? Che succederà?”

ALESSANDRO: Invitare qualcuno a mostrarsi come identità negata, apparire sulla scena come afanisi è un gesto complicato da chiedere e da compiere. Ciononostante, il carattere di ciascuno emerge in modo chiaro. Ciascun contributo video spicca per qualcosa. Spazi al chiuso, all’aperto, teatrali, non teatrali. Silenzio assoluto oppure vita circostante che riprende a scorrere. Mentre in scena l’interruzione prosegue.

Hic et nunc, qui e ora.

È evidente come questo binomio descriva l’essenza stessa del teatro e la nostra condizione naturale in quanto esseri umani che vivono in un tempo e luogo precisi.

LITURA debutterà con il secondo capitolo il giorno 1 novembre 2020 ed è una sempre più attuale e urgente richiesta di aiuto per un settore che è stato messo in ginocchio dalla pandemia dopo essere stato in crisi per molto tempo. Si vuole invitare a vivere il teatro come processo, usandolo come strumento per la riflessione sull’umanità, non solo come sua rappresentazione.

Il nuovo capitolo del progetto prevede una maratona online in cui artisti simbolo della scena teatrale nazionale, al centro di spazi scenici deserti, si neghino allo sguardo, volgendo le spalle alla camera

Gli artisti coinvolti sono Daniele Abbado, Abbondanza/Bertoni, Berardi/Casolari, Elena Bucci, Marco Cacciola, Biagio Caravano, Paolo Coletta, Compagnia del Sole, Andrea Cosentino, Michelangelo Dalisi, Alessandra D’Elia, Oscar De Summa, Federica Fracassi, Giovanni Franzoni, Frosini/Timpano, Davide Giglio, Licia Lanera, Roberto Latini, Teresa Ludovico, Marco Manchisi, Paolo Mazzarelli, Lino Musella, Valentina Picello, Marta Pizzigallo, Armando Punzo, Rezzamastrella, Federica Rosellini, Giuseppe Sartori, Vito Signorile, Leonarda Saffi, Marco Sgrosso. Sotterraneo, Massimo Verdastro, Vico Quarto Mazzini, Matilde Vigna, Giuliana Vigogna

Sarà possibile seguire il debutto sui canali Facebook:
Theatron 2.0: https://www.facebook.com/theatron2.0
L’Ultimo nastro di Krapp: https://www.facebook.com/ultimonastro

 


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Marialuce Giardini

Diplomata al liceo classico, decide che la sua strada sarà fare teatro, in qualsiasi forma e modo le sarà possibile.
Segue corsi di regia e laboratori di recitazione tra Milano e Monza.
Si è laureata in Scienze dei Beni Culturali nel 2021