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Com’è finito il secondo impeachment a Donald Trump?

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7 minuti di lettura

Si è concluso sabato 13 febbraio il secondo impeachment a cui è stato sottoposto l’ex presidente statunitense Donald Trump, assolto dalle accuse dei rappresentanti della Camera di aver incitato e causato l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio scorso. Sono stati 57 i senatori che hanno votato contro Trump – dieci in meno dei due terzi necessari per condannare l’ex presidente – di questi, sette sono repubblicani. Da sottolineare come sia il numero più alto di senatori che votano per la condanna del presidente appartenente al proprio partito nella storia degli USA.

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Il procedimento di messa in stato d’accusa è iniziato con il via libera della Commissione di Giustizia che autorizzava il voto alla Camera dei rappresentanti, tenutosi il 13 gennaio, il quale decideva per la prosecuzione dell’impeachment. Il processo al Senato ha avuto inizio martedì 9 febbraio con la votazione che sanciva la costituzionalità dell’impeachment e quindi la possibilità di proseguire, con i voti a favore di tutti i democratici e di sei repubblicani.

Il dibattito sulla costituzionalità dell’impeachment a Trump

La controversia riguardo la costituzionalità è ciò su cui la strategia difensiva adottata dagli avvocati trumpiani faceva leva. La tesi della difesa era che essendo l’impeachment un procedimento con la funzione di destituire esponenti ricoprenti cariche politiche e macchiatisi di illeciti nell’esercizio delle loro funzioni, ed essendo Trump ormai un privato cittadino, in quanto il suo mandato presidenziale è terminato il 20 gennaio 2021, egli non potesse essere sottoposto ad esso.

I democratici hanno invece motivato la necessità di applicare al caso di Trump la procedura sostenendo che vicende gravi, quali quella di Capitol Hill, non potessero rimanere prive di conseguenze, oltre al fatto che la condanna avrebbe aperto la strada per ulteriori sanzioni quali la messa al bando di Trump da ogni incarico pubblico, escludendolo definitivamente dalle presidenziali del 2024. Una volta ammessa la costituzionalità dell’impeachment la strategia d’accusa era quella di provare l’inequivocabile nesso causale tra le dichiarazioni false sui finti brogli elettorali e le incitazioni alla violenza espresse da Trump, sia il 6 gennaio che durante i mesi precedenti, e l’attacco violento al Campidoglio da parte dei complottisti armati fino ai denti.

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La consapevolezza che la prova delle responsabilità di Trump non si sarebbe necessariamente evoluta nella sua effettiva condanna si è tradotta nella decisione dei democratici di non presentare testimoni (pur avendo ottenuto sabato mattina il via libera alle audizioni da parte del Senato). La ragione è che l’unico risultato sarebbe stato probabilmente quello di allungare significativamente i tempi del processo – ostacolando inevitabilmente i lavori dell’amministrazione Biden – senza riuscire a convincere i senatori repubblicani.

Jamie Raskin, l’avvocato costituzionalista e rappresentante democratico alla guida dell’accusa, ha sottolineato come la responsabilità di Trump fosse già provata e riconosciuta. Paradossalmente d’accordo con Raskin, da questo punto di vista, si è espresso anche il capogruppo dei repubblicani al Senato, Mitch McConnell, il quale dopo aver votato l’assoluzione di Trump lo ha dichiarato «praticamente e moralmente responsabile» delle vicende di Capitol Hill eppure non perseguibile, proprio per via della tesi dell’incostituzionalità dell’impeachment nei confronti di un presidente non più in carica.

La reazione

La reazione di Trump all’esito della votazione che lo assolveva è stata una dichiarazione in cui si diceva grato nei confronti del suo team legale e dei senatori repubblicani che hanno votato contro la sua condanna, impedendo che il Partito Democratico piegasse la legge ai suoi interessi politici, incostituzionalmente, perseguitandolo per dare una battuta d’arresto al movimento “patriottico” trumpiano.

Se l’assoluzione di Trump non è una sorpresa – era prevedibile che la maggior parte dei repubblicani evitasse la condanna al suo ex presidente – gli accenni ad un futuro in cui egli si vede ancora come protagonista sulla scena politica statunitense non erano scontati. Anche se è bene rimanere cauti e non darsi a pronostici precoci riguardo ad una sua candidatura per le elezioni del 2024, queste sono le sue parole:

Il nostro storico, patriottico e bellissimo movimento Make America Great Again è appena cominciato. Nei mesi a venire ho molto da condividere con voi, e guardo avanti per continuare il nostro incredibile viaggio per raggiungere la grandezza americana per tutto il nostro popolo. Non è mai esistito niente di simile! Abbiamo così tanto lavoro davanti a noi, e presto emergeremo con una prospettiva per un brillante, raggiante e illimitato futuro americano.

Donald J. Trump, 13 febbraio 2021

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Nonostante le ambizioni di Trump, è improbabile che politici e senatori repubblicani lo supporteranno ancora come loro leader; tra questi anche coloro che hanno votato l’assoluzione sono consapevoli che il futuro del Partito Repubblicano non può rimanere nelle sue mani. Uno dei motivi è che, pur senza condanna, con il procedimento di impeachment i democratici sono riusciti a fissare nella storia e nella memoria dei cittadini americani una consapevolezza fondamentale: la democrazia è un edificio sorretto da un equilibrio fragile e precario e il trumpismo non fa che scuoterlo dalle fondamenta; Trump ha dato prova di ciò incitando l’attacco ad un’istituzione, il Congresso, che ne è la colonna portante.

 


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Francesca Campanini

Classe 1999. Bresciana di nascita e padovana d'adozione. Tra la passione per la filosofia da un lato e quella per la politica internazionale dall'altro, ci infilo in mezzo, quando si può, l'aspirazione a viaggiare e a non stare ferma mai.

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