ROMA – Dopo vent’anni, riaprono alcune delle stanze nell’edificio con duemila anni di vita: Castel sant’Angelo, maestoso gioiello della capitale, torna ad accogliere il pubblico nelle sue sale. Luogo di estremo fascino, trasforma i suoi millenni di storia in una lunga favola dalle tinte forti: mausoleo dell’imperatore Adriano e della sua famiglia, ambientazione dell’ultimo atto della Tosca, prigione medievale e poi roccaforte dei papi – a Castel d’Angelo riparò Clemente VII durante il sacco dei lanzichenecchi, nel 1527.
Con questo castello si incrociarono anche i fili del destino del nobile palermitano Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro. Lo storico dell’arte e coordinatore del monumento, Aldo Mastroianni, ricorda: «Cagliostro sicuramente è stato circa un anno qui a Castel Sant’Angelo, quindi dal 1789 viene catturato per eresia, perché iscritto alla loggia massonica». Prima condannato a morte, fu poi punito con l’ergastolo, morendo nel 1795 nelle Marche. Durante il processo dovette scontare gli anni in una lussuosa prigione del Castello, affrescata in pieno stile rinascimentale: corpi grotteschi dalle sembianze divine, scene mitologiche e greco-romane, alleviarono la permanenza del fraudolento erbalista palermitano.
A.P.