Il fascismo, come è noto, ha incarnato un’ideologia riuscitissima, poiché è riuscita ad insinuarsi in ogni aspetto della vita sociale e privata, compresa la sfera dell’eros e della sessualità, con gravi ripercussioni soprattutto per l’universo femminile.
La donna, durante il regime, veniva relegata a un ruolo chiaramente subalterno rispetto a quello maschile e ovviamente proiettata, secondo i dettami dell’ideologia fascista e la linea demografica mussoliniana, a una funzione meramente connessa alla maternità e alla riproduzione.
Sul desiderio femminile, dunque, si operava una doppia censura: quella ideologica e politica e, al contempo, quella morale e religiosa.
Il corpo della donna sotto il controllo del regime
Alla luce di questi presupposti, l’eros femminile, durante il fascismo, era lontanissimo dall’essere considerato come una “dimensione autonoma”, riducendosi a strumento di propaganda e controllo.
Il corpo della donna era percepito come un vero e proprio “bene pubblico”, da preservare e destinare esclusivamente alla soddisfazione del piacere maschile o alla procreazione.
L’immaginario femminile dominante era quello della bona mater familiae, una donna angelica e votata esclusivamente alla famiglia e alla cura della prole. Questo modello era destinato a imporre una sessualità che, si badi bene, solo dal lato femminile, doveva essere relegata alla dimensione famigliare.
Parallelamente, era viva una forte ipocrisia di fondo: se da un lato si reprimeva la libertà sessuale femminile, dall’altro il regime fomentava un’idea di virilità predatoria maschile. L’uomo fascista esemplare era incoraggiato a esercitare il proprio dominio anche per mezzo della sessualità.
Chiaramente, sebbene la prostituzione fosse illegale all’epoca, l’adulterio dell’uomo non era considerato un reato, a patto che non fosse “esercitato” alla luce del sole e non creasse confusione nella dimensione pubblica. In tal caso, comunque, le pene erano inferiori rispetto a quelle previste per la scoperta di un eventuale adulterio femminile.
Sulla sessualità: il pensiero degli intellettuali dell’epoca
In questo contesto storico e ideologico, il pensiero di Julius Evola, filosofo vicino agli ambienti fascisti, contribuì a rafforzare un’ideologia aristocratica e guerriera, promuovendo una gerarchizzazione della sessualità. Nel suo saggio Metafisica del sesso (pubblicato nel 1958, ma ispirato all’ideologia fascista), Evola contrapponeva le sessualità maschile a quella femminile, ovviamente in base a una distinzione biologica tra uomo e donna.
Il maschile, per Julius Evola, incarnava una forza attiva e dominatrice, mentre il femminile era passivo e ricettivo.
La donna, nella sua visione, era funzionale alla realizzazione spirituale dell’uomo e il piacere femminile non esisteva assolutamente come espressione autonoma di desiderio.
Durante il Ventennio, in tutta Europa si andava affermando anche la psicoanalisi Freudiana, che restituiva un quadro più complesso della sessualità, anche in riferimento alle donne. Come si può immaginare, però, il fascismo guardò sempre con sospetto la psicoanalisi, ritenendola una disciplina decadente e pericolosa per l’ordine morale stabilito.
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L’eros negato e la serie «M – Il figlio del secolo»
Recentemente su Sky è andata in onda la serie-evento M- Il figlio del secolo, tratta dal romanzo di Antonio Scurati. L’opera, diretta dal regista Joe Wright e interpretata da Luca Marinelli, nei panni di Benito Mussolini, offre un potete sguardo sulla figura del duce e sul clima sociale dell’epoca, compreso l’aspetto della sessualità.
Di fatti, oltre all’ascesa del fascismo fino alla marcia su Roma e all’alba della promulgazione delle leggi fascistissime, nelle puntate ci si sofferma anche sulla sfera privata e sessuale della vita di Mussolini.
Le donne che si avvicendano nella narrazione sono principalmente quattro e tutte incarnano delle dimensioni diverse, ma in egual modo coerenti con l’epoca e con l’ideologia fascista.
La prima a comparire è Margherita Sarfatti. Oltre a essere la storica amante del duce, ovviamente tradita a sua volta e ripetutamente, è una donna dal profilo controverso, misterioso e affascinante.
Auto-determinata, libera, indipendente, nonostante fosse sposata, Sarfatti godeva di alcuni privilegi che le donne dell’epoca non potevano neanche immaginare: scriveva, esprimeva le proprie opinioni, ma soprattutto aveva un rapporto intimo e diretto con lo stesso Mussolini che, in tutta la prima parte, preparatoria alla sua definitiva ascesa, le prestava ascolto e nutriva per lei ammirazione e stima.
Margherita Sarfatti emerge come la mente stratega dietro il fascismo della prima ora: è lei che costruisce il personaggio di Mussolini, ne forgia la personalità, ne affina il linguaggio e la prossemica e lo fomenta nei momenti di sconforto.
La donna ha un eros dirompente, sebbene nelle scene di sesso il duce sia sempre mostrato come dominante. D’altra parte, però, Margherita esercita su di lui un fascino che è palesemente irresistibile per l’uomo il quale, puntualmente, cede alle sue avances.
Donna Rachele, consorte ufficiale del duce, rappresenta invece la moglie modello del regime, ovvero dedita totalmente al marito e alla famiglia. Rachele non parla neanche mai in italiano, ma solo nel suo dialetto, durante tutte le otto puntate, aspetto che lascia immaginare l’assente scolarizzazione della donna, mettendola in netta contrapposizione con l’intelligente e arguta Sarfatti.
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Eppure, Donna Rachele è convinta di essere la vera forza del duce, ruolo che sembra gratificarla, perché nell’ideologia fascista la donna poteva comunque trovare solo gratificazione in questo.
Ovviamente non si assiste mai a scene di sesso tra Rachele e Mussolini, perché, coerentemente con l’ideologia, con la moglie i rapporti sessuali non sono realmente appaganti, ma solo finalizzati alla procreazione.
L’altra donna che compare nella serie è Bianca, la giovane segretaria del giornale Il Popolo d’Italia che, al suo primo giorno in redazione, viene stuprata dal duce. Parliamo di stupro proprio perché Mussolini chiama Bianca nel suo ufficio e la obbliga ad avere un rapporto sessuale con lui.
“Il battesimo”, come lo chiama Cesarino Rossi – amico del duce -, è proprio lo stupro, inteso come atto sessuale che sancisce il dominio dell’uomo sulla donna e che sottolinea chi è il soggetto e chi l’oggetto di un desiderio solo maschile.
Bianca non è un personaggio realmente esistito, ma ovviamente verosimile: vittima dell’ideologia, inizia anche a provare dei sentimenti nei confronti del proprio carnefice, in una sublimazione perversa di chi le ha sottratto l’innocenza.
Infine, c’è Ida Dalser. Pare che la donna fosse la prima vera moglie di Mussolini, da lui stesso misconosciuta dopo aver contratto altre nozze civili con Rachele Guidi (Donna Rachele).
Ida è la madre del primo figlio di Mussolini, Benito Albino, riconosciuto dal duce e per il quale egli stesso verserà mensilmente una sorta di “mantenimento”.
Ida Dalser, però, non si arrende all’abbandono e negli anni successivi, quando ormai il fascismo stava prendendo il potere, si recherà più volte in visita dal duce, che prontamente la farà allontanare con la forza. La disperazione di Ida culmina quando viene rinchiusa in manicomio, pratica molto frequente adottata contro le donne che, anche dopo il fascismo, non rispettavano i dettami ideologici del patriarcato e diventavano “pericolose” per l’ordine pubblico e privato gestito dagli uomini.
Streghe contemporanee in cerca solo del proprio spazio di riconoscimento e di giustizia.
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L’eros femminile nel fascismo, tra repressione e resistenza
Quattro donne, quattro modi differenti di intendere l’eros femminile, ma attenzione! Dal punto di vista dell’uomo, fascista, maschilista, egocentrico, patriarcale.
In realtà queste donne, oltre che dalla prospettiva di Benito Mussolini, ci raccontano anche la loro: un’eros, quello femminile, schiacciato e represso dal fascismo, ma che, al contempo, cerca forme di significazione indipendenti.
Le donne, anche in un periodo così tetro per l’evoluzione del pensiero, hanno comunque cercato un proprio margine di esistenza: da qui Sarfatti, che dopo un acceso litigio lascia Mussolini in totale balia di se stesso; Donna Rachele che, trasferitasi con i bambini nella casa in campagna, instaura una relazione con un contadino; Bianca che va via comunque a testa alta dopo il rifiuto del duce di darle un lavoro per mantenere il bambino nato dalla loro relazione; e infine Ida, che combatte fino alla fine per il riconoscimento di sé e del proprio ruolo.
Donne che raccontano storie, donne il cui eros, la cui passione sessuale e personale è più forte della violenza, del rifiuto, della subordinazione e dell’umiliazione. Donne che apparentemente sono messe al margine, ma che sono altresì capaci di un eros devastante e, nonostante le apparenze, personale.
Una repressione, quella del fascismo, che tiene insieme tutte le più subdole forme di maschilismo possibile, ma che non basta ad arginare l’eros femminile, che sopravvive, si fa strada e si fa filo rosso per arrivare fino a noi.
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