Fuggire dal desiderio

Per chi teme l’intimità, il desiderio è una minaccia e una promessa. E l’eros si trasforma in un campo di battaglia: tra fuga, controllo e bisogno di essere visti.
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Come vivono l’eros le persone che temono l’intimità? Cosa genera in loro questa misteriosa carica vitale? Chi ha uno stile di attaccamento evitante, costruisce muri e fugge per paura dell’abbandono, come allo stesso modo dal contatto troppo ravvicinato. Ciò nonostante, l’eros si insinua, con ostinata determinazione, anche nel mondo emotivo di chi cerca in ogni modo di evitare l’intimità, cercando un equilibrio tra desiderio e paura.

Sebbene, come ricordava saggiamente Alejandro Jodorowsky, la paura è desiderio.

Evitare l’eros: chi e perché

Fin dall’infanzia, i soggetti con uno stile di attaccamento evitante hanno imparato bene che ogni tipo di vicinanza emotiva può essere fonte sia di vulnerabilità che di dolore. Queste persone hanno vissuto i loro primi rapporti, con i genitori ad esempio, in modo assolutamente freddo e distaccato, oppure con una totale imprevedibilità che magari rendeva le figure di riferimento assenti proprio nei momenti di più forte bisogno.

Questo ha generato in loro l’assoluta e difficilmente estirpabile convinzione che non si può contare sugli altri, che l’intimità è fonte di pericolo e che quindi va allontanata a tutti i costi, imparando a contare solo e soltanto su di sé. Gli “evitanti”, pertanto, sono soggetti particolarmente autonomi, ma anche freddi e apparentemente privi di empatia. Allo stesso modo negano o minimizzano le emozioni profonde, coltivando sempre rapporti estremamente superficiali e, ovviamente, hanno una chiara difficoltà a vivere il contatto fisico.

Tale aspetto ha delle potenti ripercussioni sull’eros.

Quando il desiderio erotico spaventa

L’eros, per sua natura, cerca la fusione e la perdita di confini. Ma per chi ha un atteggiamento evitante, la fusione è intesa come perdita del sé e quindi come pericolo estremo. Il desiderio, cioè, è biologico e naturale — pulsa nelle vene — ma diventa una zona di conflitto: da un lato la tensione erotica lo richiama, dall’altro la paura lo respinge. È per questo che l’eros diventa una sorta di danza a braccio teso, avvicinarsi sì, ma non troppo.

Inoltre l’evitante, terrorizzato dall’intimità psicologica, forse ancora di più rispetto a quella corporea, vive il sesso come un’esperienza prevalentemente fisica, svincolata dal senso di unione e comunione emotiva. Il sesso, meramente fisico, può diventare uno spazio sicuro: sì, il corpo “parla”, ma le emozioni più profonde rimangono confinati dietro un vetro — inaccessibili all’altro. È un piacere parziale e schermato, misurato e controllato, che lascia poco spazio alla liberazione totale dei sensi e dei sentimenti.

Per tale ragione, gli evitanti preferiscono spesso anche il mondo erotico digitale, proprio perché è controllabile e chiuso e il desiderio può dispiegarsi senza minaccia. Nelle fantasie erotiche l’intimità non può ferire, proprio perché l’altro esiste ma non così vicino da poter “far male”.

L’eros come prigione

Il soggetto evitante percepisce l’eros come una prigione, da cui non vede vie di fuga se non lo spezzare definitivamente ogni legame, senza dare neanche spiegazioni. Difatti, il desiderio e il suo stesso respingimento causano un senso di dissonanza interna, che può generare anche una profonda solitudine affettiva.

E poi non mancano, per l’appunto, i sabotaggi emotivi: nel momento in cui l’evitante si trova di fronte la possibilità di vivere una relazione profonda e appagante, sabota la relazione in diversi modi, ma spesso partendo proprio dal lato erotico. Distruggere l’intimità, snaturala, svuotarla del suo senso ultimo di scambio è condivisione, permette all’evitante di ritornare alla sua posizione di sicura solitudine e allontanare il desiderio, voluto sì, ma anche negato perché avvertito come troppo doloroso.

Un dialogo erotico possibile

Imparare dall’eros per ritornare all’eros: è questo che dovrebbe fare una persona evitante. L’intimità, infatti, può essere vissuta anche per gradi.

Nella visione romantica dell’eros, esso è una passione che accende e brucia tutto ciò che c’è intorno e, a prescindere dall’essere o meno evitanti, tale concezione ha comunque permeato e continua a farlo, la cultura occidentale e l’inconscio collettivo.

Spesso, però, un approccio erotico più graduale, che passa dai piccoli gesti, come guardarsi negli occhi, parlare dei propri desideri, sfiorarsi senza per forza arrivare presto a un rapporto sessuale, può essere di grande aiuto e può diventare anche la porta di accesso a una nuova scoperta e consapevolezza di sé.

Nel lavoro interiore — nell’arte di esporsi e proteggersi insieme — può nascere una forma più matura di eros: un eros che avvicina senza dissolvere, che unisce senza soffocare.

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Antonia D'Eri Viesti

A proud millennial. Dopo il dottorato in semiotica e gender studies decide di dedicarsi solo alle sue passioni, la comunicazione e la scrittura.
Copywriter e formatrice.
La verità sta negli interstizi, sui margini e nei lati oscuri.

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