E se il sesso come lo conosciamo e viviamo quotidianamente fosse solo una piccola parte di ciò che è in potenza? Un decimo, forse meno, di un mondo che si estende al di là del corpo fisico e diventa un insieme di energie, intimità e consapevolezze. Questo è ciò che il Neotantra ci invita ad esplorare, non sesso come un atto fine a se stesso, ma come percorso verso una connessione profonda con il nostro io e con l’altro.
L’origine del Tantra e la sua essenza
Facciamo un passo indietro: storicamente il Tantra nasce in India tra il IV e il IX secolo d.C., all’interno delle tradizioni induiste e buddhiste, ed è, in primis, una filosofia spirituale che include anche pratiche yogiche e rituali corporei. La sua dimensione sessuale è solo una delle tante sfumature ed assume un valore simbolico in cui il piacere non è il fine, ma un mezzo che ci guida verso stati di maggiore consapevolezza.
Ad esempio, se pensiamo all’orgasmo, in questo contesto non è visto come esplosione o picco da raggiungere, bensì come una possibile trasmutazione dell’energia che si espande nel corpo invece di concentrarsi in un punto solo.
Il Tantra, infatti, non parla di sesso sfrenato, come a volte viene reinterpretato in chiave New Age, dove alcune pratiche enfatizzano il piacere e la sensualità senza il contesto spirituale e filosofico originale. Il corpo diventa un veicolo di consapevolezza, non un oggetto di piacere o prestazione, e lo sguardo si sposta dall’esterno verso l’interno. L’obiettivo non è più il piacere immediato, ma la connessione con la propria psiche, con la propria energia e con quella che scorre tra i partner.
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L’occidentalizzazione del Tantra: riempire il vuoto
Quando, tra gli anni Sessanta e Settanta, correnti spirituali nate in contesti non occidentali cominciano a diffondersi nella nostra realtà culturale, il Tantra trova terreno fertile grazie alla rivoluzione sessuale, che aveva introdotto maggiore emancipazione, libertà e desiderio di sperimentare. In questo contesto, come accaduto a molte filosofie e tradizioni orientali, il Tantra viene reinterpretato assumendo una forma più orientata alla sfera sessuale. I concetti di supermaschio performer e donna sempre bella e impeccabile, che dominano da secoli la cultura occidentale, con il pensiero neotantrico perdono di valore, e l’atto sessuale diventa un ponte tra corpo e cuore, tra energia e coscienza. Il Neotantra mantiene alcuni elementi tradizionali, quali la meditazione e la respirazione, e li applica alla dimensione erotica, diventando così una pratica finalizzata al raggiungimento di una maggiore connessione, un atto meditativo guidato da lentezza e intimità.
È qui che il rapporto sessuale smette di essere un’esperienza performativa o estetica e diventa un’esperienza interiore, un viaggio di connessione con il proprio corpo e con quello dell’altro, con l’obiettivo di dare più sostanza alla sessualità. Purtroppo, però, la profondità spirituale, la trasformazione della coscienza e il lavoro interiore vengono spesso messi in secondo piano dal mondo del consumo, che surclassa la spiritualità in favore del profitto. Tecniche orgasmiche, prolungamento del piacere, tappetini colorati, luci soffuse e scenografiche fanno parte di quelle seducenti promesse che spesso ignorano il contesto filosofico e spirituale da cui il Tantra nasce. L’atto erotico diventa così un allenamento avanzato, ma perde ciò che è centrale nella filosofia tantrica: l’abbandono dell’ego, il viaggio interiore, la connessione con la propria energia e quella altrui. Il rischio è che il Tantra venga ridotto a un manuale di posture ed esercizi estetici, ricadendo nelle stesse dinamiche performative che il Tantra originario ha l’obiettivo di superare.
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La pratica tantrica: tra consapevolezza e intimità
In un mondo moderno che si proclama aperto al dibattito culturale, è importante ricordare la differenza tra integrazione e trappola del consumo. Il Neotantra oggi può diventare sia un ponte verso una sessualità più consapevole e una relazione più intima con il proprio corpo sia l’ennesima filosofia estetica figlia dei nostri tempi. Il concetto di Tantra rischia di diventare un contenitore vuoto, una versione commercializzata e distante dalla profondità spirituale da cui proviene. È per questo che il dialogo tra culture è prezioso, ma va fatto con rispetto: reinterpretare non significa svuotare e adattare, non significa distorcere. La ricchezza acquisita sta nel trovare un equilibrio tra ciò che ereditiamo e ciò che trasformiamo, senza perdere di vista l’essenza.
Qui il piacere non è più il traguardo, bensì uno strumento per conoscersi e incontrare davvero l’altro, un modo diverso di vivere l’atto erotico, non come corsa al risultato, ma come esperienza in cui ascolto, lentezza e presenza trasformano ogni gesto in un’occasione di connessione e scoperta.
Attraverso le pratiche tantriche, il corpo e la mente rallentano insieme, liberandosi da aspettative, giudizi e automatismi culturali, compresi quelli della cultura della performance e del porno. Il sesso tantrico ci ricorda che la sessualità può essere un viaggio fatto di sensazioni, messaggi sottili ed energie, in cui il respiro diventa un ritorno continuo a se stessi e l’intimità diventa dialogo.
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